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Festival dell'architettura

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È sulla corrispondenza tra città e cittadini che si fonda il valore civile dell'architettura.
Vale la pena ribadire...Lo fa molto bene Hans Georg Gadamer, che attribuisce ad Architettura un ruolo “reggente e fondante”. L'incontro con l'opera d'arte è un'esperienza di appartenenza ad un medesimo orizzonte -noi e l'opera- di coscienza comune.
È su questa “coscienza comune” che andiamo in difficoltà, sia in termini generali, di una mancanza di Civiltà- sia nello specifico di Architettura. Il deficit di coscienza è quello per cui “la gente” non riconosce le opere che vengono costruite e gli unici valori attuali sembrano essere la difformità e la spettacolarità. Non che si debba tornare al rigore “albertiano”, che nel “De Familia” indicava Ordine, Virtù morale e Bene, ma pensiamo almeno ad un recupero della capacità  e della volontà “di dire le motivazioni architettoniche”, di poterci tornare ad intendere sui termini, sul loro significato. Perché questa comunità, che a volte non sembra ritrovarsi in nessuna coscienza, è anche quella degli studiosi di architettura, i Ricercatori ed i Professori: a loro è “offerto” e predisposto uno spazio libero (e speriamo accogliente) in cui confrontare le posizioni, i diversi “punti di vista fondamentali”. Ed anche un “dispositivo mnemonico”, per ricordare i presupposti scientifici (o pseudoscientifici) di una tradizione di studi urbani e di un progetto – il Progetto Architettura, su cui tanti avevano profuso la loro fatica ed il loro impegno.

Non che i contenuti di questo Magazine abbiano la presunzione o la velleità di fungere da coscienza per chicchessia, buona o cattiva, ma potrebbero prendere la parte del “grillo parlante” o dello “specchio”, in cui possiamo conoscerci e riconoscerci (perché non vi è conoscenza senza memoria) o della “veglia”, che ci rende sensibili agli impedimenti che ostacolano il nostro lavoro di architetti e di professionisti e che trasformano il mercato della produzione edilizia nello spazio della delusione invece che della possibilità.

Non sappiamo bene per quali canali passino oggi il senso di appartenenza e il concetto di identità, certo noi avremmo il piacere che Architettura perseverasse nel suo ruolo rappresentativo, che corrisponde alla sua natura e alla sua vocazione. Se esiste un paradigma comune alla città europea esso va ricercato proprio nella figura dell'urbs, che è la forma simbolica nella quale si riconoscono i membri della civitas.
Questo Magazine raccoglie saggi e riflessioni di architetti e  studiosi italiani ed internazionali e si integra perfettamente con la “mission” del Festival dell'Architettura, che consiste in uno spazio di riflessione critica sui temi dell'architettura comunitaria, del paesaggio, della qualità degli spazi pubblici, all'interno di un dibattito attuale in Italia ed in Europa, perché la cittadinanza continui ad essere – come sosteneva il filosofo tedesco Johann Herder, uno dei padri dell'identità culturale europea – il linguaggio stesso della propria città.

Lamberto Amistadi, Enrico Prandi


Carlo Aymonino, Faenza – la città e l'architettura.
"Dedicato a quelli che ancora inseguono la tipologia urbana (?)”

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