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Manuela Schirra

Charles Correa e il Mandala

Un altro "mindset"

1. 'Tanka' composizione di mandala (Nepal, XIX sec. d.C.), configurazioni sempre diverse, progressive e compresenti.Da: Rawson, P. (1978). 'The Art of Tantra'. London: Ed. Thames & Hudson, 75. - ZOOM

1. "Tanka" composizione di mandala (Nepal, XIX sec. d.C.), configurazioni sempre diverse, progressive e compresenti.Da: Rawson, P. (1978). "The Art of Tantra". London: Ed. Thames & Hudson, 75.

Abstract
A partire dall’hyper-local Correa intercetta l’innovazione e lascia la sua lectio.
“Usando con disinvoltura l’antico mandala come base per un edificio contemporaneo, è possibile arrivare ad un concetto completamente nuovo di organizzazione di sequenze spaziali”.*
Un dispositivo reiterato e da reiterare secondo un sistema di ‘mondi di mondi’, sviluppato secondo la tecnica del ‘incastro’ e fondato sul presupposto del ‘vuoto’ come organizzatore e generatore spaziale.
 
Una formazione di architetto all’Università del Michigan e al MIT una tesi di master dal titolo “You and your Neighbourhood” nel 1955. Sono gli anni di Stirling, degli Smithson e del Team 10. Poi la decisione di ritornare in India e di aprire lo studio a Mumbai nel 1958. Le prime realizzazioni e la consapevolezza che era tutto ancora da fare. L’India e in generale l’Oriente dovevano essere traghettati nel mondo moderno che l’Occidente aveva imposto e l’architettura era uno dei mezzi. Si trattava di intendere i valori della propria cultura e trasporli in quell’ondata di uniformato modernismo che aveva invaso il mondo.
Nel 1985 Correa è nominato Presidente della Commissione Nazionale di Urbanismo da Rajiv Gandhi. Nel 1986 a Bombay cura un’esibizione manifesto della cultura indiana atta a consapevolizzare opinione pubblica, politica e committenza. Il titolo della mostra è “Vistara – the architecture of India”.
Chiave di lettura dell’esposizione è il mandala.
I mandala sono psicocosmogrammi indo-tibetani, proiezioni geometriche piane della complessità del cosmo (Fig. 1). Un disegno bidimensionale che progressivamente si scompone e si articola, reiterando figure nelle figure, come in un gioco di scatole cinesi ­(Fig. 2).
Estrema razionalità, rappresentata dalla figura prima del quadrato o del cerchio, integrata a libero flusso del pensiero o caos. È intelletto e psiche, yin e yang, due cose inscindibili nella concezione indiana. Perchè “in India l’intelletto non ha mai così prevalso da sovrapporsi alle facoltà dell’anima e distaccarsene in modo da provocare la pericolosa scissione tra sè medesimo e la psiche, che è la malattia di cui soffre l’Occidente”, mentre l’Occidente “ha coniato una parola nuova, insolita nella storia del pensiero umano: la parola ‘intellettuale’, quasi che sia possibile un tipo d’uomo ridotto a puro intelletto.” (1) Una evidente conseguenza dell’Illuminismo.
Attento al panorama contemporaneo dell’architettura, nell’hyper-local Correa intercetta l’innovazione. “Usando con disinvoltura l’antico mandala come base per un edificio contemporaneo, è possibile arrivare ad un concetto completamente nuovo di organizzazione di sequenze spaziali”. (2)
Charles Correa è il primo progettista a sperimentare, con linguaggio e programma contemporanei, questo dispositivo. Astraendo le regole mandaliche dell’architettura della storia indiana (Figg. 3,4) e rileggendo quelle tramandate nelle varie forme d’arte, ha definito un’architettura unica nel suo genere (Fig. 5). Un operato che, bisogna darne atto, ha contribuito notevolmente a buona parte dell’architettura orientale contemporanea, fondata su ambiguità, complementarietà e compresenza, principi classici della cultura buddista e induista. (3)
Al mandala si sposano perfettamente anche le parole che Focillon esprime rispetto alle combinazioni geometriche nell’ornamento musulmano: ”sembran prodotte da un ragionamento matematico; stabilite col calcolo; riducibili a schemi di grande aridità. Eppure, tra quelle rigide guide, una specie di febbre preme e moltiplica le figure; uno strano genio della complicazione aggroviglia, rigira, decompone e ricompone il loro labirinto. La loro stessa immobilità balena di metamorfosi, giacché ognuna d’esse potendosi leggere in vari modi, secondo i pieni, secondo i vuoti, secondo gli assi verticali o diagonali, nasconde e rivela il segreto e la realtà di possibilità numerose.” (4)
Mandala dunque come dispositivo spaziale contemporaneamente applicabile in pianta e sezione, garanzia per il controllo di sequenze complesse. Dispositivo geometrico e approccio mentale, ordine e disposizione, che Correa applica secondo tre temi fondamentali: il tema del ‘vuoto’, il tema del ‘incastro’ e il tema dei ‘mondi di mondi’.
Il ‘vuoto’ è di per sé il tema fondamentale del mandala. Assume solitamente una posizione centrale nella composizione. È luogo comune di condivisione e scambio, vero e proprio aggregatore spaziale, fulcro attorno al quale si complementa il costruito e spazio principale dell’opera. The tree of life, parafrasando Correa, (5) del quale se ne intende l’importanza citando un detto indiano secondo cui ogni progettista deve completare solo il sessanta per cento del suo edificio e lasciarne il restante quaranta a dio. (6)
L’ ‘incastro’ è la tecnica con la quale assume definizione il mandala. È un metodo di complessità compulsiva, che ha vita grazie a quelle condizioni di compresenza e ambiguità, che nel mindset orientale fanno si che tutto esista e tutto abbia un proprio ruolo. “All co-existing in an easy and natural pluralism”. (7)
Così il percorso labirintico delle simbologie giainiste prende forma nello spazio e si struttura in tree of life governando l’incastro dei pieni e disegnando i luoghi in pianta e sezione.
I ‘mondi di mondi’ invece ci illuminano rispetto a quella forma mentis che concepisce quel sottile ma infinito equilibrio di compresenze. Scatole di scatole, pieghe di pieghe. Perchè nel mandala persino il ‘vuoto’ non è un volume unico, ma soggetto a diverse gradazioni: vuoto, supervuoto, grande vuoto e vuoto assoluto. I ‘mondi di mondi’ ci conducono in un continuo e tentacolare susseguirsi di salti di scala. Ogni cambio scala è un tuffo in un nuovo mondo, allora anche il singolo dettaglio rappresenta un mondo ed è, a sua volta, contenitore di altri mondi. Così l’opera architettonica è solo una tessera di un mondo di dimensioni maggiori. Opera a misura d’uomo e contemporaneamente a misura della collettività intera, dove si definiscono e si articolano i differenti e progressivi gradi di intimità, secondo un sistema nel quale i vari ambienti dialogano tra di loro per mezzo di una continuità regolata da un attento lavoro di aperture sulle superfici di confine, veri e propri diaframmi, regolatori di luce, aria e riservatezza.
Quattro i passi significativi nell’opera dell’autore per intendere la teoria del mandala e le sue possibili applicazioni.
Per mezzo di questo dispositivo e ispirandosi ai pols di Ahmedabad, così simili all’idea di casa chorizo, Correa disegna la sua proposta per il concorso di Previ Lima Housing (1968). Un sistema di low-rise, high density e compact housing nel quale il vuoto, the community way, è elemento principale della composizione e compositore spaziale attorno al quale si aggregano gli alloggi, a loro volta organizzati attorno al ‘vuoto’ spaziale della corte interna secondo gradi progressivi di intimità. Un ‘vuoto’ la cui forma trae spunto dalla sezione di Villa Shodan (1951-56, L.C., Ahmedabad) e che grazie alla sua conformazione spaziale che è data dal susseguirsi di differenti sezioni di aria, diventa anche protagonista nella sostenibilità climatica della forma, inducendo una ventilazione naturale continua contro l’umidità invernale o l’afa estiva. (Figg. 6-9)
E sempre per mezzo dello stesso dispositivo Correa realizza il progetto di Kanchanjunga Apartments (1970-83), una torre di ville sovrapposte, un’isola verticale nella maximum city (Figg. 10-13). Fino all’applicazione delle teorie del mandala anche a scala urbana nel progetto di Belapur Housing (1983-86) (Fig. 14). Per arrivare alle architetture monumentali e fortemente simboliche del Vidhan Bhavan (1980-96) e del JKK (1986-91), dove la composizione della singola cellula è di chiaro rimando alle Texas House (1954-63) di Hejduk, anche se il grado di variazione e complessità compositiva che Correa riesce a raggiungere rimane sorprendente e unico (Fig. 15).
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La lectio per una possibile applicazione nell'attualità dei processi di sviluppo urbano di tale teoria è suggerita da Correa stesso, a noi il compito di interpretarla. 
La questione è nella differenza concettuale di “trasfer e transformation” già indicata da Wright, e prima ancora da Sullivan. ”Così l’architettura non deve meramente trasferire immagini (indifferentemente se di origine locale o meno), ma deve trasformarle reinventandole”, (8) anche perché “un’attenzione esagerata al passato fa dell’architettura un’arte passiva. E il passivo si converte in parodia, un pasticcio, come la postmodernità.” (9) E poi “trasferire debilita la società, mentre la trasformazione la rinnova e la rinforza”, nonostante in realtà entrambe le maniere funzionino, e a dirla tutta la società accetta più facilmente e di gran lunga il trasferimento. (10)
Ad ogni modo Charles Correa ribadisce più volte che nell’architettura è fondamentale la riflessione.
Egli sostiene che la forma di un’opera architettonica invia un messaggio e dobbiamo riflettere sul messaggio che vogliamo inviare. Ad un pranzo, dopo aver convocato lo studio e me attorno al tavolo delle riunioni e dopo aver ordinato per tutti panini e Coca-Cola da Subway, Charles ha voluto raccontare della tradizione indiana, delle sue culture e dei suoi valori, facendo notare che in fondo non c’era nulla di grave a bere Coca-Cola, l’importante però era non desiderare o credere così di essere americani.

* Correa, C. (2009). A Place in the Shade. The New Landscape and other essays. New Dehli: Ed. Penguin, 79.

1. Tucci, G. (1969). Teoria e pratica del mandala. Roma: Astrolabio - Ubaldini Editore, 15.
2. Correa, C. (2009). A Place in the Shade. The New Landscape and other essays. New Dehli: Ed. Penguin, 79.
3. Si pensi ad esempio all’architettura giapponese contemporanea. Atelier Bow-How, CAt, SANAA o Sou Fujimoto, applicano il dispositivo mandala alla loro ricerca spaziale, anche se in modo più semplice e con un’estetica molto più asciutta, in linea con  quelle che sono le caratteristiche della cultura locale.
4. Focillon, H. (1987). Vita delle forme. Torino: Einaudi Editore, 11. [tit. or. (1943). Vie des Formes. Paris: Librairie ernest Leroux e presses Universitaires de France.]
5. Evidente l’assonanza con Candilis, e di fatto Correa sostiene che gli impianti residenziali ad albero di Candilis sono tra i più affascinanti e riusciti nella storia del collective housing.
6. Cfr. Zabalbeascoa, A. “La arquitectura de ‘lo que no está hecho’” in AAVV, (2009). Charles Correa – Volumen Cero. Barcelona: Fundaciòn Caja de Arquitectos, 18.
7. Correa, C. “Introduction”, in AAVV, (1986). Vistara –The architecture of India / Catalogue of exhibition. Bombay: Tata press Limited, 11.
8. Correa, C. (2009). A Place in the Shade. The New Landscape and other essays. New Dehli: Ed. Penguin, 69.
9. Cfr. Zabalbeascoa, A. “Entrevista a Charles Correa” in AAVV, (2009). Charles Correa – Volumen Cero. Barcelona: Fundaciòn Caja de Arquitectos, 46.
10. Op. cit., 42. 

Bibliografia
AAVV, (1970). Previ/Lima. Low-cost housing project. Architectural Design, aprile, 187-205.
AAVV, (1986). Vistara –The architecture of India / Catalogue of exhibition. Bombay: Tata press Limited.
AAVV, (2009). Charles Correa – Volumen Cero. Barcelona: Fundaciòn Caja de Arquitectos.
Correa, C. (2000). Housing and urbanization. London: Thames and Hudson.
Correa, C. (2009). A Place in the Shade. The New Landscape and other essays. New Dehli: Ed. Penguin.
Focillon, H. (1987). Vita delle forme. Torino: Einaudi Editore.
Khan, H. (1987). Charles Correa. Architect in India, Singapore: A Mimar Book.
Rawson, P. (1978). The Art of Tantra. London: Ed. Thames & Hudson.
Tucci, G. (1969). Teoria e pratica del mandala. Roma: Astrolabio - Ubaldini Editore.

Manuela Schirra, PhD architect allo IUAV di Venezia in Composizione Architettonica, ha conseguito il titolo di dottore di ricerca elaborando una tesi sul design dei luoghi d’abitare per la società contemporanea e conducendo le sue ricerche tra Tokyo e Mumbai. Oggi prosegue i suoi studi sui temi di fusion-, smart- e micro-housing e sui temi di urban settlement per le nuove forme di abitare. Nel 2013 cura per lo IUAV di Venezia il convegno internazionale “City Portrait: Mumbai” e la mostra “Kanchanjunga: imparare dal Made in India. A Mumbai un progetto di housing firmato Charles Correa”. Nel 2012 cura i reports per le città di Dehli e Mumbai per la mostra “L’architettura del mondo. Infrastrutture, mobilità, nuovi paesaggi” alla Triennale di Milano.
2. Schizzo interpretativo della complessità del mandala di Charles Correa. Charles Correa Archive

2. Schizzo interpretativo della complessità del mandala di Charles Correa. Charles Correa Archive