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Marina Montuori

Eutopia urbana vs Smart City

© V. Damioli, M. Dò, Esercizi di rigenerazione urbana nel quartiere San Bartolomeo a Brescia, Project thesis, Combined Bachelor and Master degree courses in Architectural Engineering, University of Brescia – Department DICATAM, (2013) - ZOOM

© V. Damioli, M. Dò, Esercizi di rigenerazione urbana nel quartiere San Bartolomeo a Brescia, Project thesis, Combined Bachelor and Master degree courses in Architectural Engineering, University of Brescia – Department DICATAM, (2013)

Abstract
La rigenerazione urbana va affrontata attraverso un approccio metodologico, interdisciplinare e radicato nei territori. Si propongono pertanto azioni progettuali mirate, basate sull'uso di sistemi costruttivi reversibili, low tech, a basso impatto. Le procedure "integrate" mirano a una "manutenzione adattiva" (a carattere: "preventivo", e "correttivo") capace di "aggiornare" i manufatti architettonici per ripristinare uno standard tipologico e prestazionale elevato, qualitativamente superiore.

Testo
Il tema della rigenerazione urbana e territoriale è ormai divenuto centrale − dentro e fuori dalle università − non solo per le discipline architettoniche e urbanistiche, ma soprattutto per lo sviluppo economico del nostro Paese. Per quanto ci riguarda − come architetti e docenti − appare necessario, in prima istanza, elaborare un approccio metodologico interdisciplinare al problema. Occorre cioè favorire un dialogo tra più attori e un'interazione di più competenze, che sfocino in nuove forme virtuose di ibridazione rivolte collegialmente alla pratica della rigenerazione urbana.
Gli strumenti che le diverse istituzioni possiedono (convenzioni quadro, conto terzi, ecc.) permettono di intraprendere già ora percorsi di confronto tra centri deputati alla ricerca e organi di governo del territorio, senza che questo generi una sovrapposizione di ruoli. L’università, infatti, non interviene nel mondo della professione, ma opera in contesti complessi ove siano richieste prestazioni articolate non facilmente reperibili sul mercato, e/o quando siano necessarie sperimentazioni avanzate, tecniche e procedure innovative.
Il nostro Paese, in tempi di crisi, presenta forme differenti e drammatiche di discrasie, che si ripercuotono sull'ambiente urbano. L'assenza di lavoro, la dismissione e l'abbandono dei luoghi produttivi, il degrado delle periferie potrebbero essere esorcizzati riqualificando e ri-attivando gli edifici non più rispondenti alle aspettative di vita degli utenti e alle normative, adeguandoli dal punto di vista energetico, sismico e tipologico. La rigenerazione urbana costituirebbe così per la comunità insediata una forma di risarcimento (nella duplice accezione di ricucitura e di indennizzo) di spazi negati all'agibilità, alla fruizione, alla vita.
In altri scritti abbiamo più volte affermato che la rigenerazione urbana non è un’utopia, un "non-luogo" (ou-topos), ma un "luogo" reale (profondamente segnato da caratteristiche costruttive e deficit prestazionali ricorrenti) che non può essere eliminato poiché non conviene e non sapremmo dove metterne i resti. Si può tuttavia mutare l’utopia in "eutopia" (eu-topos), trasformandola in molti "buoni luoghi", formulando linee guida e tecniche organiche e sostenibili, anche economicamente, sulla scorta di quanto teorizzato e realizzato in altri contesti europei. L'architettura può e deve operare il riscatto estetico e realizzare qualità urbana, ma sarà in grado di farlo solo attraverso professionalità qualificate, sostenute da un'appropriata cultura del progetto e capaci di riportare all’interno della civitas una più matura visione del lavoro dell'architetto.
I processi capitalistici e speculativi hanno prodotto notevoli sprechi di suolo e di manufatti costruiti che, quando non servono più, vengono demoliti generando rifiuti e dissipando energia. Si dimentica troppo spesso che quasi tutto può essere invece utilmente riparato. La convinzione di una maggiore convenienza economica del cosiddetto "cantiere radicale", che demolisce per ricostruire, è in effetti miopemente utilitaristica. I vantaggi che un'operazione di rigenerazione basata sul recupero e la sostituzione di piccole parti comporta, stanno anche nella rivalutazione di competenze professionali capaci di gestire tecniche costruttive basate su finezze tecnologiche e sapienza artigiana1.
In Italia siamo ancora agli albori di studi sistematici sulla rigenerazione urbana, che si attua di norma attraverso interventi episodici, privi di coordinamento e restituisce un panorama eterogeneo di tecniche e tattiche disparate, in cui si intrecciano demolizioni, interventi sullo spazio pubblico, sulla morfologia degli edifici con esiti modesti sul piano dell'integrazione2. La molteplicità di competenze che oggi viene richiesta deve far capo necessariamente a metodologie tali da permettere un approccio multidirezionato e mai autoreferenziale. Convincere un’istituzione (e ancor di più un privato) che "rimodellare" un edificio, o un insieme di edifici, sia più conveniente che demolire tout-court è operazione articolata e complessa, che non si può attuare solo portando ad esempio virtuosi comportamenti altrui3 spesso non ripetibili, ma elencando possibilità reali, attuabili anche senza modifiche del quadro di riferimento normativo. Appare soprattutto improrogabile trasferire queste nuove competenze specializzando i corsi di laurea attraverso un processo formativo consapevole, in cui le discipline siano poste secondo sequenze funzionali. Non mi riferisco a corsi "professionalizzanti" ma a forme di conoscenza direzionate, a un approccio integrato che metta in grado gli studenti di elaborare progetti-pilota da cui desumere una classificazione di tipi e di materiali congruenti per i possibili interventi, siano essi relativi a edifici residenziali o ai luoghi di lavoro.
Esperimenti in questa direzione sono stati svolti dal gruppo di ricerca4 da me coordinato all'interno del Dipartimento di Ingegneria Civile Architettura, Territorio, Ambiente e di Matematica (DICATAM) dell'Università degli Studi di Brescia. È stata sperimentata una pratica operativa che abbiamo denominato "manutenzione adattiva", secondo la definizione di Robert Kroneburg (2007), basata sull'uso di sistemi costruttivi reversibili, low tech, a basso impatto, atti a esprimere un rinnovato rapporto tra tipologia e tecnologia. Si tratta di un sistema "integrato" di opere edilizie capace di aggiornare, da un punto di vista tecnologico e tipologico, i manufatti architettonici attraverso l'impiego di tecnologie e sistemi costruttivi standardizzati e intercambiabili. Il tutto con un duplice carattere: "preventivo", per evitare l’ammaloramento dei manufatti, e "correttivo" per ripristinare uno standard tipologico e prestazionale aggiornato e qualitativamente superiore.
Questa prassi è stata applicata a due ambiti di intervento:
• nuove pratiche di progettazione per la riqualificazione sostenibile dell’habitat residenziale rivolte alla rigenerazione integrata dei manufatti e dei contesti (architectural reshaping, energy efficiency and structural safety)5.
• formulazione di scenari sperimentali per il recupero di aree industriali dismesse e/o in dismissione.
Il gruppo di ricerca ha messo a punto un dispositivo tecnologico definito come “esoscheletro adattivo”, un sistema strutturale morfologicamente assimilabile a una sorta di impalcatura di irrigidimento esterna al manufatto esistente, collaborante con esso per ottimizzare la resistenza strutturale (sismica) e le prestazioni energetiche e per migliorare la qualità degli spazi interni. Una sorta di sovrastruttura tecnologica in cui sono incluse nuove dotazioni impiantistiche e sono inglobati elementi sismo-resistenti. L’esoscheletro adattivo privilegia soluzioni tecnologiche “a secco” e reversibili, anche in un’ottica di risparmio delle risorse e del riciclo dei materiali da costruzione, al fine di proporre una valida alternativa alla cosiddetta sostituzione edilizia, che produce un significativo carico ambientale. Può includere nuovi “oggetti” tra loro indipendenti (vani per l'ampliamento delle abitazioni, serre solari, giardini d’inverno, terrazze, ecc.) realizzati senza onerose modifiche degli alloggi, può accogliere nuovi elementi distributivi nel caso di una rivisitazione tipologica dell’intero manufatto o permettere la realizzazione di sopraelevazioni (ospitanti altre unità residenziali o strutture comuni) la cui vendita o locazione potrebbero in parte coprire i costi dell’operazione di riqualificazione, sulla scorta dell’esperienza delle Housing Associations olandesi. Questa prassi operativa, oltre a risultare adottabile per il recupero di edifici degradati, è anche facilmente modificabile nel corso del tempo in relazione a differenti contesti geografici, climatici e urbani. L’esoscheletro adattivo ha come obiettivo il prolungamento del ciclo di vita del manufatto grazie a un progressivo adattamento che porti a ridurre gli effetti del carico ambientale del manufatto stesso, distribuendolo su un arco temporale molto più lungo.
In un mercato immobiliare come quello italiano, nel quale «diventerà necessario (o sarà imposto dall'andamento del mercato stesso) ridefinire una nuova “teoria del valore” a partire dalla qualità dell’immobile e del contesto»6, che tende a privilegiare le strategie di sostituzione ignorando le possibilità di recupero, di manutenzione e di rigenerazione dell'esistente, si va facendo strada una nuova consapevolezza che, nel rispetto delle risorse energetiche e ambientali, propone una strategia di intervento più evoluta, in linea con le politiche ecologiste che la comunità internazionale va adottando.
Siamo infatti convinti che queste modalità operative possano consentire di ridurre sensibilmente gli sprechi, di mettere a punto strumenti atti a generare qualità urbana e a migliorare i contesti ambientali, lavorando, come ha sostenuto Nicolas Bourriaud (2002), nell’inaugurare il trasgressivo restauro del Palais de Tokyo a Parigi firmato da Anne Lacaton e Jean Philippe Vassal, solo con modalità di "post-produzione". In sintesi, la nostra è solo una modesta proposta per avvicinarsi alla smart city.

Note
1  Queste pratiche di recupero possono determinare, peraltro, il frazionamento delle opere da affidare a piccole e medie imprese con grandi benefici per la micro economia
2  Da alcuni recenti studi del Cresme risulta che il mercato della riqualificazione vale 133 miliardi di euro. La stessa assenza di visione strategica caratterizza, ad esempio, l'utilizzo dei fondi europei da parte delle Amministrazioni pubbliche.
3 In Europa operazioni massicce di recupero, riqualificazione, riattivazione del patrimonio immobiliare sono state condotte negli ultimi venticinque anni con grande impegno e mobilitazione di intelligenze collettive. Si confronti a tal proposito il volume Cappochin, G. et Al, a cura di, (2014). Ecoquartieri / EcoDistricts, strategie e tecniche di rigenerazione urbana in Europa / Strategies and Techniques for Urban Regeneration in Europe. Venezia: Marsilio, che documenta gli esiti della 6a Biennale internazionale di architettura Barbara Cappochin. 
4 Il gruppo di ricerca "Architettura" (che fa capo al macrosettore "Architettura e Costruzioni" del DICATAM-Unibs) è composto da: M. Montuori (professore ordinario), Arch. PhD. B. Angi, Arch. PhD. M. Botti, Arch. PhD. G. Celeghini, Arch. PhD. F. Orsini, Ing. A. Peroni, Ing. G. Scuderi (dottoranda).
5 Questi temi sono stati oggetto di ricerca nell'ambito del PRIN 2009 Nuove pratiche progettuali per la riqualificazione sostenibile di complessi di habitat sociale in Italia, da me coordinato con la partecipazione dell'Università di Bologna, della Seconda Università degli Studi di Napoli e dell'Università di Salerno.
6 M. Marcatili/Nomisma, Rigenerazione urbana: economics, inneschi e strategie finanziarie, in Cappochin, G. et Al, a cura di, (2014). cit.

Bibliografia
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Cappochin, G. et Al (edited by) (2014). Ecoquartieri / EcoDistricts, strategie e tecniche di rigenerazione urbana in Europa / Strategies and Techniques for Urban Regeneration in Europe. Venezia: Marsilio.
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Marina Montuori (1945), è Professore ordinario di Composizione Architettonica e Urbana presso l’Università degli Studi di Brescia (DICATAM). Svolge attività didattica e di ricerca sui temi della rigenerazione integrata dell’ambiente costruito (PRIN 2009). È responsabile scientifico (UniBS) del progetto “REA - Rete di Eccellenza per la Internazionalizzazione della formazione nel campo dell'Architettura”, patrocinato dalla Fondazione Cariplo (2011-2015). Si dedica da tempo a ricerche sulla pubblicistica di architettura e sui problemi legati alla trasmissione della conoscenza del progetto. Dirige la collana Occasioni di architettura per i tipi di Officina Edizioni. 
© A. PERONI, Strategie tecniche per la manutenzione ragionata del costruito. Il caso del quartiere San Bartolomeo a Brescia: un progetto integrato di riconfigurazione architettonica e strutturale, Project thesis, Combined Bachelor and Master degree courses in Architectural Engineering, University of Brescia – Department DICATAM, A.A. 2012-2013  - ZOOM

© A. PERONI, Strategie tecniche per la manutenzione ragionata del costruito. Il caso del quartiere San Bartolomeo a Brescia: un progetto integrato di riconfigurazione architettonica e strutturale, Project thesis, Combined Bachelor and Master degree courses in Architectural Engineering, University of Brescia – Department DICATAM, A.A. 2012-2013