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Gino Malacarne

Un progetto per Padova

Piazzale Stanga e Via Venezia

Prospettiva del crocevia dell’area Stanga - ZOOM

Prospettiva del crocevia dell’area Stanga

Abstract
Piazzale Stanga e via Venezia a Padova costituiscono lo scenario del progetto che ridefinisce un crocevia viabilistico a stella, caratterizzante un luogo che non presenta qualità architettoniche di rilievo. Il progetto ha cercato di dare forma a questo spazio attraverso l’architettura, cercando di costruire per frammenti il tema della porta urbana. Il progetto si presenta con una serie di edifici autonomi che danno vita ad un insieme urbano articolato in un arcipelago di punti singolari, tenuti assieme dai rapporti di tensione reciproca che si stabiliscono tra i diversi elementi nello spazio.


Piazzale Stanga e via Venezia identificano un importante ingresso nel centro di Padova, per chi arriva da Venezia e dalla autostrada a nord. Via Venezia si presenta come una sorta di autostrada urbana che si chiude sul piazzale Stanga, un incrocio automobilistico a stella, con sei strade di pari importanza. Questo crocevia viabilistico definisce un luogo che non presenta qualità architettoniche di rilievo, se si esclude l’hotel Biri, ma al contempo racchiude in sé tutte le potenzialità di una “porta urbana”. Da qui si entra in città: si può entrare in centro storico, si va verso la fiera e verso una importante zona universitaria, infine verso la stazione. La centralità di quest’area della città si oppone alla propria marginalità architettonica e rappresentativa. L’eterogeneità delle aree residenziali che vi insistono ne connota il loro carattere residuale.

Il progetto ha cercato di dare forma a questo luogo attraverso l’architettura cercando di costruire per frammenti, nelle aree disponibili alla trasformazione, luoghi e architetture che vorrebbero essere significativi, interpretando il tema della porta urbana nella sua possibile attualità. Tuttavia il progetto pur tentando di prefigurare uno scenario urbano possibile trova la sua forza nell’individuazione di un tema generale evidentemente suscettibile di declinarsi in una rispondenza al reale stato delle necessità. Inoltre, si assume la questione viabilistica come un dato di fatto, aprendosi a nuove possibili soluzioni indagate ad una scala più ampia.
Il progetto si presenta con una serie di edifici autonomi che danno vita ad un insieme urbano articolato in un arcipelago di punti singolari, tenuti assieme dai rapporti di tensione reciproca che si stabiliscono tra i diversi elementi nello spazio. Il centro commerciale si presenta come un edificio complesso, chiuso e compatto all’esterno, attraversato in senso longitudinale da una galleria che interpreta il tema del passage. Elementi verticali lo sormontano, ritmando l’edificio verso viale Venezia e costituendo un punto di riferimento nella definizione della porta urbana. Il centro commerciale, che sostituisce il preesistente, vuole essere un edificio collettivo pensato in forma di città, con strade e piazze interne; esso inoltre definisce, assieme all’hotel Biri, due nuove corti residenziali, che sostituiscono in parte il quartiere preesistente, arricchendolo di un nuovo spazio collettivo, una piazza giardino. Il progetto cancella così quella parte del quartiere residenziale di via Anelli e la sua ingloriosa storia recente, con la consapevolezza, comunque, che l’architettura può solo predisporre gli spazi per la vita dell’uomo e non certo determinarli.

Sul lato opposto un edificio in linea parallelo al centro commerciale e all’Hotel definisce la conclusione di via Venezia verso piazzale Stanga e delimita un insieme di architetture immerse nel verde; l’area è inoltre  caratterizzata da un edificio alto, con funzioni miste, che diventa il fuoco e il punto di riferimento per questa parte di città: una sorta di scena fissa delle principali strade che convergono su piazzale Stanga. Due edifici a blocco disposti simmetricamente chiudono infine la prospettiva di via Venezia verso la città storica; gli edifici, adibiti a residenza, si compongono di tre elementi in linea leggermente convessi verso l’esterno che delimitano una corte centrale coperta che costituisce lo spazio collettivo comune. Queste architetture riprendono un progetto del 1929 di Mies van der Rohe per un edificio ad uffici in Friedrichstrasse a Berlino, traslandone l’aspetto funzionale in case collettive o per studenti o in piccoli alloggi. Questi edifici stabiliscono rapporti a distanza con gli altri elementi di piazzale Stanga, costruendo un inedito paesaggio urbano il quale si confronta con la dimensione urbana della grande città, riproponendone la scala e la complessità, proponendosi come un caposaldo, un frammento di architettura civile.
Il progetto attraverso rimandi alle architetture amate rappresenta un tentativo di costruire una storia o una narrazione urbana efficace o quantomeno comprensibile, alternativa a quella esistente, attraverso assonanze, per costruire nuovi modi di compimento per il progetto urbano. Gli edifici proposti vorrebbero infatti avere una loro utilità non solo come apparati funzionali ma soprattutto in quanto moltiplicatori dell’immaginario urbano. Essi cercano di verificare se sia ancora possibile reimmaginare la città in cui viviamo e pensare ad un’architettura civile, capace di ricomporre la città anche per frammenti, assecondando un’idea di libertà, di adeguatezza rispetto al tema e ai luoghi e persino un’idea di bellezza; tutto questo a partire dalla ricchezza delle forme evocative riprese dalla storia trascritte nella attualità di nuove forme d’uso. Con questo progetto inoltre si aspira a proporre una differente idea di costruzione della città, intesa come un fatto costituito da una doppia anima: una materiale, espressione della struttura e dell’assetto stesso della città; l’altra invece mentale, visibile in quelle forme di rappresentazione teorica, artistica o letteraria forgiate nel corso del tempo e generative dell’universo multiforme che è la città. Un atteggiamento cioè che non si limiti ad un’interpretazione astratta e descrittivamente quantificabile della realtà urbana ma che riscopra la ricchezza della materialità fisica e figurativa della città e del territorio. Nel passato recente il territorio è stato inteso come risorsa inesauribile di sfruttamento produttivo, residenziale e agricolo; oggi invece, in corrispondenza con la fine del grande periodo di espansione delle città, i temi della riqualificazione e della trasformazione di intere aree urbane appaiono concrete occasioni per rispondere ai temi della qualità dello spazio urbano e alle aspettative fin qui celate o eluse. Si rende necessaria cioè una riflessione che valuti concretamente le questioni della forma, di una risignificazione dei luoghi della città,  inscritta nella centralità del progetto di architettura. In questo recupero di un pensiero urbano che diventi progetto, conoscenza e capacità di interpretare la realtà, risiede il nucleo umanistico del tentativo di relazionare la ragione e la fascinazione delle forme sensibili.


Un progetto per Padova. Piazzale Stanga e Via Venezia

Progetto: Gino Malacarne

Collaboratore: Francesco Primari, Claudia Bartoli, Alessandro Costanza, Antonio Nitti

 

Gino Malacarne è Professore Ordinario in Composizione architettonica e urbana al Dipartimento di Architettura dell'Alma Mater Studiorum, Università di Bologna.

 

 

 

 

 

 


 

Pianta e prospetto per una casa collettiva

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