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Antonio Tejedor Cabrera

La ricerca di un modello di insegnamento

Il laboratorio della progettazione architettonica

Lezione finale di Aurelio Galfetti nella sua casa nell'isola di Paros. 1° agosto 2009. Athens beyond history, International Workshop. - ZOOM

Lezione finale di Aurelio Galfetti nella sua casa nell'isola di Paros. 1° agosto 2009. Athens beyond history, International Workshop.

Abstract

L’autore riflette sull’insegnamento del Progetto Architettonico come materia principale nelle Scuole di Architettura e l’importanza del laboratorio come modello di insegnamento. Questo si è diventato pratica abituale per una formazione maggiormente qualificata, associata a corsi estivi e a programmi complementari di apprendimento, per la preparazione dei futuri architetti. Tuttavia, nell’organizzazione dei corsi di Progettazione, il laboratorio si configura prevalentemente come spazio di lavoro, in cui l’alunno accresce le sue conoscenze, scopre la maniera per risolvere i problemi, trae conclusioni, esercita le sue abilità, trova un suo particolare metodo di progettare e, in conclusione, identifica l’esperienza con la libertà creativa.


Sì, niente è trasmissibile eccetto il pensiero,
nobilitato dal frutto del lavoro.
Le Corbusier. Mise au point (1965)

In linea principio, coloro che si dedicano a una disciplina antica come l’architettura dovrebbero avere chiaro quali sono i procedimenti per la formazione dell’architetto. Tuttavia, è condivisa un’idea generale, secondo la quale l’insegnamento è una questione complessa e opinabile, piena di incertezze che sono paradossalmente la miglior dimostrazione della sua forza e della sua contemporaneità.

A differenza di altri insegnamenti tecnici di gran peso oggi, l’architettura è una disciplina fondamentale della società in ogni tempo e luogo, da qui la sfaccettatura poliedrica delle sue conoscenze e l’interrelazione con tutti i rami del sapere umano che la caratterizzano. Dalla sua nascita ufficiale come formazione universitaria, che in Spagna sorge a Madrid nel 1844, il processo storico di qualificazione dell’insegnamento ha cercato di combinare la formazione complessiva dello studente con l’informazione sui vari aspetti tecnici della costruzione.

Se la fondazione delle Accademie nella maggioranza degli stati europei determinò il trionfo dei loro ideatori, che avevano puntato sull’abbandono degli aspetti artigianali del loro lavoro anteponendo l’attività intellettuale a quella puramente manuale, lo sviluppo dell’ingegneria all’inizio del XIX secolo accrebbe la scissione enciclopedica dei saperi derivati dall’Illuminismo in soggetti indipendenti, annunciando la comparsa del modello delle università politecniche. È allora che l’insegnamento dei “progetti architettonici” si consolida come disciplina e quindi si assoggetta a norme predefinite.

Rispetto al sistema di tutoraggio e di lezioni ex cathedra, strutturato dall’Accademia, il politecnico propone un insegnamento integrato, sotto la responsabilità pratica e teorica di un docente, con una struttura di piano di studi in cui la disciplina condivide proposte e obiettivi simili a quelli di altri livelli di apprendimento. Di modo che i due principali contributi di questo sistema siano l’integrazione dei saperi e dei progressi tecnici con la formazione artistica dell’architettura e l’approccio didattico dove teoria e pratica si fondono sotto la guida di un insegnante.

Ciò non accadde fino alla fondazione del Bauhaus negli anni Venti dello scorso secolo, quando nuove proposte iniziarono a essere elaborate per l’organizzazione di tale sistema. La ricerca di nuove basi per adeguare l’insegnamento della disciplina ai tempi moderni prevedeva l’unione di tutte le operazioni in un solo sforzo concertato, per restituire a ogni studente allo stesso tempo le competenze dell’artigiano e dell’artista. Per porre rimedio alle carenze che dominavano nell’ambito artigianale, la formazione degli studenti fu impostata a partire da “laboratori” successivi che iniziavano con il “corso preliminare”. Con questa proposta di ricongiungimento dell’artista e dell’artigiano, il Bauhaus formulò una delle più importanti riforme disciplinari che si estese praticamente a livello mondiale. Da essa e dai suoi insegnati nacquero i centri di maggior influenza. Gli approcci basati sul rapporto diretto tra studente e professore e la formulazione del metodo prima che dei contenuti, rafforzarono l’interesse per l’insegnamento come per un processo in cui prevaleva l’esperienza personale.

Il Black Mountain College, dove insegnò Albers, e dove furono decisamente perseguiti i suddetti princìpi, ne consolidò i temi dominanti da allora in poi. Materiali, metodo, linguaggio e senso artistico dell’insegnamento entrarono in vigore nelle proposte didattiche delle principali scuole di architettura. Solo di recente, con forme d’insegnamento come quelle condotte da Louis Kahn o Aldo Rossi, si è cercato di modificare questa linea, tornando a esperienze che si relazionano più facilmente con lo stile accademico.

In questa evoluzione storica, l’insegnamento dell’architettura manifesta due dimensioni distinte e complementari: da un lato, la valorizzazione dell’esperienza di vita dello studente; dall’altro, la razionalizzazione di modelli codificati di architettura colta, ovvero l’acquisizione di una cultura architettonica qualificata. Ancora oggi, questa permane una delle questioni centrali nei modelli di insegnamento della nostra scuola.

Pertanto, diciamo che qualunque insegnamento di Progettazione Architettonica deve perseguire l’equilibrio tra queste due dimensioni –quella empirica e quella razionale- e deve basarsi nella scelta di alcuni contenuti a discapito di altri meno pertinenti, perché tutti non sono possibili: “L’uomo non può agire se non perché può ignorare e contentarsi di una conoscenza parziale, che che è la sua particolare bizzaria […]” (VALÉRY, 1997, 37). Ma a questa condizione negativa se ne contrappone una positiva: l’insegnamento dell’architettura “passo dopo passo deve chiarire - diceva Mies van der Rohe - quello che è possibile, quello che è necessario e quello che ha senso” (MIES, 1965. Principi di insegnamento di architettura. In NEUMEYER, 1995, 507).

L’apprendimento in un laboratorio didattico sembra essere esposto soprattutto a una tendenza attuale di formazione universitaria basata sullo “sviluppo delle capacità” e non tanto sulla vocazione o sulla costruzione di una “carriera” di lungo periodo. Pertanto il laboratorio si basa sull’apprendimento lento e sull’acquisizione per di più di abilità, di buone abitudini come la disciplina del lavoro manuale, la focalizzazione su problemi specifici e la valorizzazione del lavoro “ben fatto”. Allo stesso modo del “buon artigiano” di Richard Sennett, nel laboratorio lo studente “capisce l’importanza della bozza, ovvero la mancanza di una conoscenza completa dei dettagli di un’opera nel momento in cui in essa si imbarca”, “assegna un valore positivo alla contingenza e al limite grazie alle personali considerazioni dei problemi rilevati in situ come opportunità”, “evita il perfezionismo” e “comprende quand’è il momento di fermarsi” (SENNETT, 2009, 321-323). È significativo che l’autore scelga un esempio nell’ambito dell’Architettura per mostrare le qualità del buon artigiano. Nel contrapporre il lavoro di Adolf Loos per la casa Moller a quello di Ludwig Wittgenstein per la casa di sua sorella alla Kundmanngasse di Vienna, Sennet nota che il desiderio compulsivo di perfezione portò Wittgenstein a non costruire nessun’altra casa. “Il lato positivo di questa compulsività verso la risoluzione è di concedere all’oggetto una certa imperfezione, decidendo di lasciarlo irrisolto”, così come fece Loos.

Attualmente, tutti i piani di studio adottati dalle scuole di architettura spagnole sono abbastanza simili a quelli del politecnico. I “Progetti” fanno parte di un quadro didattico in cui le materie tecniche applicano metodologie basate sul sistema del lavoro pratico, che eventualmente si converte in disegni e progetti parziali. Questo, combinato con l’eccessiva autonomia dei Dipartimenti, ha indebolito l’aspirazione di vecchia data di universalità dell’insegnamento dell’architettura. Il Nuovo Piano di Studi 2010-12 della Scuola di Siviglia, che conferisce un ruolo centrale ai “Laboratori di Architettura” come insegnamento regolamentare, permette di recuperare, secondo le aspirazioni bauhausiane, questo ambito didattico di convergenza e di sintesi di tutte le discipline attraverso un sistema di esercizi con temi e obiettivi comuni agli insegnamenti di ciascun corso. Tuttavia, la sua applicazione concreta priva di spazi di lavoro permanenti e con un numero eccessivo di docenti non consente allo studente di sviluppare i propri esercizi con la continuità e la concentrazione necessarie a un laboratorio funzionale. A mio parere, nonostante questi nuovi Laboratori di Architettura, è compito dei corsi di Progettazione, differenti per i loro metodi dalle altre materie più tecniche e aperto a prospettive disciplinari artistiche e innovatrici, continuare a svolgere il ruolo integrativo e centrale dell’insegnamento dell’architettura. Sono convinto che nell’organizzazione didattica della Progettazione continuerà a prevalere il modello del laboratorio che lo studente sceglie a partire dalla conoscenza acquisita di impostazione del lavoro e di un modo di fare reiterato del docente. Perché in un laboratorio lo studente, attraverso il proprio lavoro, aumenta le sue conoscenze, scopre il modo per risolvere i problemi, trae conclusioni, esercita le sue abilità, trova un suo particolare metodo di progettare e, infine, identifica l’esperienza con la libertà creativa. Il laboratorio di architettura dovrebbe configurare, pertanto, un territorio concettuale e materiale in cui si moltiplichino le possibilità di manifestare, rendere visibili e presenti quelle condizioni che rendono sensato, possibile e necessario il lavoro dell’architetto.


Traduzione dallo spagnolo all'italiano di Celeste Da Boit


Antonio Tejedor Cabrera è Dottore di Ricerca in Architetto e Professore associato presso la Ecuela Técnica Superior de Arquitectura de la Universidad de Sevilla.


Bibliografía

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Manifesto di Italica: Time & Landscape. International Workshop. Universidad Internacional de Andalucía and Universidad de Sevilla. Siviglia, settembre-ottobre 2010

Manifesto di Italica: Time & Landscape. International Workshop. Universidad Internacional de Andalucía and Universidad de Sevilla. Siviglia, settembre-ottobre 2010