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Olindo Caso

Inscenando il passato industriale

Attuali strategie esperienziali tra Amsterdam, Rotterdam e Copenhagen

Imm.1 Papirøen, esterno. 
Credits: website visitcopenhagen.com; sito web christianshavnslokaludvalg.kk.dk / 
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Imm.1 Papirøen, esterno. Credits: website visitcopenhagen.com; sito web christianshavnslokaludvalg.kk.dk /


Abstract

Nella rigenerazione di aree industriali dismesse si osserva oggi una tendenza consistente nel promuovere processi virtuosi di riqualificazione attraverso una ricercata “mixitè” caratteriale fatta di cultura, temporaneità, effimero, flessibilità. Questa fenomenologia, osservabile nella trasformazione di aree urbane di cittá quali Amsterdam, Rotterdam e Copenaghen, fa emergere il ruolo della comunità locale nell'innescare processi positivi di valorizzazione a cui i pianificatori urbani sembrano lasciare volentieri spazio. Ne derivano luoghi di/in transizione che ospitano funzioni a prevalente carattere culturale, promosse da un nuovo tipo di attori “2.0” come start-up, industrie creative, giovani imprenditori e operatori culturali. L’area dismessa industriale mira a trasformarsi, quindi, in una centralità urbana attraverso azioni graduali auto-innescanti, pianificate nel rispetto di cronoprogrammi a medio lungo termine. Questa politica, sostenuta da strumenti urbanistici adeguati, contribuisce alla riattivazione del potenziale latente della risorsa spaziale dismessa, in attesa di progettualità strutturali traguardanti interventi di rigenerazione permanenti.



A partire dagli anni '90 le strategie di sviluppo basate sulla cultura come fattore funzionale prevalente sono state ampiamente applicate soprattutto al fine della rigenerazione di aree urbane degradate o dismesse (Miles & Paddison, 2005). Queste strategie conferiscono alla cultura la capacitá di creare valore e spazi urbani significativi, fungendo da áncora per lo sviluppo della vita delle città. Edifici culturali come auditorium, teatri, musei, gallerie d'arte, centri creativi e più recentemente le biblioteche pubbliche (queste ultime in grado di suscitare un maggior coinvolgimento diretto delle persone) sono progettati di conseguenza come centralità urbane e punti di interesse collettivo. Allo stesso tempo questi edifici, spesso, supportano la riqualifica urbana imponendosi come interventi architettonici di grande impatto, esplicitamente destinati a diventare catalizzatori di investimenti e di flussi turistici – si pensi al Guggenheim di Bilbao (effetto "Bilbao") o alla Tate Modern a Londra (Plaza, 2008). In questo senso essi incarnano strategie di “branding” basate sul sensazionalismo, bellamente imponendo un nuovo significato esplicito al contesto urbano da rigenerare. Tuttavia questo tipo di strategie toccano solo alcune corde della potenzialità della (ri)costruzione culturale dell'identità urbana postmoderna e delle socio-economie correlate (Plaza, 2008; Evans, 2009), dimostrandosi spesso sterili: tentativi di replica di strategie alla “Bilbao” hanno prodotto nel tempo risultati sempre più scadenti (Abrahams, 2016).

Osservando il paesaggio della dismissione industriale i processi di riqualificazione centrati sulla cultura sembrano entrare in una nuova fase, in cui la cultura stessa emerge come valore autonomo ed esperienziale (Pine II e Gilmore, 1999), non più bisognoso del supporto di interventi fisici iconici. La cultura urbana viene creata “bottom-up”, come una nuova ondata di cultura popolare generata dall'incontro sociale, dal tempo libero e dalla programmazione creativa. In questi casi si rivela inutile il ricorso a raffinate narrative impersonificate da tipologie culturali d’alto livello. La strategia di “branding” che mira alla creazione di valore aggiunto attraverso l'iconicità architettonica è completata e spesso sostituita da strategie basate sulla creazione di valore esperienziale attraverso la messa in scena del patrimonio industriale così com'è, animato dalla creatività dal basso verso l'alto. Questo valore esperienziale si articola su molti livelli: la percezione di luoghi praticamente intatti che espongono brutalmente i segni delle loro funzioni industriali originali e la loro stratificazione; la spazialità generosa che offre ai visitatori e agli utenti numerose opportunità esperienziali in luoghi urbani eccezionali; l'idea di temporaneità che suggerisce l’unicitá dell’esperienza limitata nel tempo; la flessibilità “ad-hoc” degli strumenti di pianificazione locale garantita dalle amministrazioni per questo tipo di strategie. Questo processo di nuda esposizione esperienziale, basato sulla riconfigurazione dello spazio industriale svincolato da ambizioni architettoniche, rappresenta la nuova frontiera nella creazione di valore urbano attraverso piani di riqualificazione che fanno leva sulla cultura come fattore aggregante. Almeno questo è quanto abbiamo osservato visitando i recenti sviluppi nelle ex aree industriali di Copenaghen, Amsterdam e Rotterdam. Probabilmente la nostra osservazione non rappresenta più una novità nel panorama della ricerca accademica e/o professionale ed il fenomeno analizzato è più diffuso di quanto immaginiamo. Tuttavia, la casistica rappresentativa del fenomeno, qui di seguito esposta, può essere utile al fine di stimolare successivi approfondimenti.


Copenhagen
Papirøen island

A Copenaghen, l'ex cartiera nella vecchia area portuale è stata trasformata dal 2012 in un mercato coperto dello “street-food”. I grandi ambienti della ex industria sono popolati da una varietà di bancarelle che offrono cibo cucinato al momento e proveniente dalle tradizioni culinarie di tutto il mondo. Situata proprio di fronte all'edificio della Royal Danish Playhouse del 2008 progettato da Lundgaard & Tranberg, Papirøen Island è oggi uno dei luoghi più popolari della città che alle specifiche qualitá ambientali (come la privilegiata posizione al centro del vecchio porto e l’affaccio  sull’acqua) unisce la semplice accessibilitá dell’offerta di intrattenimento gastronomico e di piacevole incontro sociale. Gli ambienti sono stati mantenuti nello stato originale quali contenitori del mercato street-food che non richiedeva particolari cambiamenti. La semplicitá della trasformazione si riflette anche nella logica di opportunismo seguita nella realizzazione delle bancarelle da parte degli espositori, ad esempio riusando o riciclando vecchi materiali e componenti, in linea con l'essenzialismo industriale del padiglione-container oggetto di rivalorizzazione.

Insieme ad interventi più tradizionali di riqualificazione nelle vicinanze, alla accessibilità infrastrutturale e ad altri ambiziosi attrattori culturali presenti nella zona, il mercato del “cibo di strada” di Papirøen ha chiaramente creato un valore aggiunto nell'ex porto di Copenaghen, contribuendo ad riportare l’area nella ‘mappa mentale’ degli abitanti di Copenhagen.

Il processo alla base della rigenerazione di Papirøen Island è molto interessante in quanto mostra l'impegno esplicito della municipalità in questa strategia di creazione di valore aggiunto a vantaggio dell’attrattività di Copenaghen. In questo senso, il comune ha bloccato il piano di riqualificazione dell'isola da parte delle società immobiliariste, per favorire uno sviluppo di tipo “bottom-up” della libera imprenditoria “creativa” presente in loco, con l'obiettivo di sviluppare un'immagine nuova ed attraente dell’intera città. Questo per la durata di cinque anni, con scadenza 2017, ultimo anno del mercato street-food di Papirøen nella sua forma attuale. Sono attualmente in corso dibattiti sul futuro dell’isola (O'Sullivan, 2016) e sono stati giá presentati nuovi piani scaturiti da un concorso di progettazione (vedi ad esempio COBE: http://www.cobe.dk/project/ paper-island e UBLA: http://www.ubla.eu/paper-island-masterplan). Ad ogni modo é probabile che il valore aggiunto creato  dall’occupazione temporanea non si disperderá nelle prossime fasi del processo di riqualificazione. Le attività attuali insediatesi nell’area potranno forse essere integrate nel piano futuro o trasferite in altre aree bisognose come volani di rivalorizzazione.(Imm. 1-2-3-4)

Kødbyen

Un processo simile interessa il cosiddetto Meatpacking District nell'area di Vesterbro a Copenaghen, di fronte all'Halmtorvet, non lontano dalla stazione centrale lungo il fascio dei binari degli scali ferroviari. Questa è una posizione cruciale in Copenaghen, essendo un'estensione naturale del nucleo urbano – per molti anni reclusa nella sua specializzazione industriale/produttiva. Originariamente Kødbyen ospitava il mercato del bestiame, i macelli e le industrie connesse, ed é composta da due parti: la più antica (chiamata the “brown Kodby”) risalente alla fine del XIX secolo e una più recente (la “white Kodby”) risalente agli anni '30 del secolo scorso. Per la riqualificazione di questa vasta area è stata scelta una strategia pluriannuale basata sulla creazione di valore aggiunto mediante la loro graduale urbanizzazione attraverso investimenti minimi e la partecipazione/coinvolgimento dal basso di stakeholders e investitori creativi. Di conseguenza, all’interno degli edifici originari il complesso ospita bar, ristoranti, gallerie d’arte, studi di architettura e spazi per conferenze. Kødbyen costituisce oggi una delle principali aree di attrazione della città, destinazione di un crescente numero di visitatori. È probabile che questa mossa generi valore aggiunto nell'area, oggi comunque solo in parte riutilizzata. Probabilmente i prossimi passi nel processo di riqualificazione tenteranno di sfruttare il valore creato al fine di nuovi investimenti, al momento solo ipotizzabili in quanto non abbiamo trovato informazioni relative a programmi futuri.(Imm. 5-6-7-8-9)


Amsterdam

Anche la crisi del 2008 ha avuto un ruolo importante in questa evoluzione, favorendo una rinnovata consapevolezza su come rapportarsi alle risorse nello sviluppo urbano: non più spreco di risorse, operazioni ‘bottom-up’ ove possibile, diversa concezione temporale, operazioni a scarso budget. Concretamente: gli spazi industriali preesistenti, svuotati dalle loro funzioni originali, sono nonostante tutto essi stessi “oggetti” costruiti che spesso possiedono qualitá "uniche" - sebbene difficilmente rispondano agli standard attuali in materia di clima, energia, sicurezza ecc. L’unicità di tale patrimonio è spesso assunta come valore centrale rispetto alla strategia di sviluppo che si traduce in un piano temporaneo (alcuni anni) basato su una flessibilitá, adattabilitá, temporalitá strutturale e continuata, in cui i protagonisti principali sono start-up, industre creative, giovani imprenditori, operatori culturali che vengono coinvolti giá in una fase preliminare  e che contribuiscono pienamente nello sviluppo in cambio di vantaggi imprenditoriali. In queste pratiche, il tradizionale piano generale viene abbandonato a favore di una strategia reattiva composta di piccoli passi successivi; una road map in cui i risultati ottenuti dal passaggio precedente sono alla base delle azioni per il passaggio successivo. In questo senso, tali strategie lavorano sulla resilienza della struttura urbana. Ci siamo imbattuti in due casi di riqualificazione urbana in Amsterdam che concretizzano questa dinamica.

 

Stork area: De Overkant

La trasformazione delle rive dell’IJ, il waterfront di Amsterdam, da ex  aree portuali a nuovo tessuto urbano, ha seguito principalmente la tradizionale strategia di pianificazione generale, conservando o integrando particolari architetture industriali come memoria del ruolo urbano che l’area dismessa ha avuto in passato. Tuttavia, intorno al 2008 questa strategia è stata messa in discussione in particolare per le aree della riva a nord. Le operazioni di sviluppo avviate ad Amsterdam Nord per trasformare le vecchie aree industriali in ambiti urbani ospitanti abitazioni, uffici, attività commerciali e per il tempo libero, basate prevalentemente sulla prassi della sostituzione edilizia, non erano più fattibili. Lo sviluppo pensato per la ex area Stork, acquisita da una società di gestione dell’edilizia abitativa locale per la costruzione di nuovi edifici residenziali, non poteva essere più attuato visto il peggioramento delle condizioni del mercato e fu al tempo sospeso. La società ha dovuto passare ad una strategia di “attivazione della resilienza urbana” per poter salvare parte degli investimenti effettuati. Di conseguenza i grandi fabbricati dismessi sono stati adattati per accogliere l’insediamento di start-up, mercati, micro-incubatori di impresa, spazi per eventi a carattere culturale (si veda: http://www.deoverkant.com). Un ristorante ha occupato la parte più attraente dell’area, con vista sul IJ, e sono stati attrezzati spazi per riunioni ed avvenimenti. La Kromhout Hall offre uno spazio molto attraente e versatile per avvenimenti, grazie alle sue dimensioni generose. Molti di questi interventi sono stati effettuati pensando alla loro natura temporanea, con investimenti e mezzi limitati. Nel frattempo l’area Stork ha acquistato valore diventando parte del tessuto socio-spaziale dell’area e dei suoi abitanti. I risultati sono soddisfacenti, oggi la situazione sembra stabilizzarsi: un grande supermercato ha occupato una parte dell'area diventando un'áncora locale; uffici, spazi per attivitá commerciali, officine sono occupati. A breve, vista l’elevata domanda di abitazioni ad Amsterdam ed il rifiorire dell’economia locale, potrebbero seguire sviluppi ulteriori in attuazione al programma rigenerativo. Infatti il periodo temporaneo sembra essere arrivato alla sua conclusione. I piani di sviluppo originari di trasformazione in un mix di funzioni urbane dovrebbero ricominciare nei prossimi anni. Tuttavia, rimane il dubbio su quale forma prenderà effettivamente questo sviluppo urbano. Il successo dell'occupazione temporanea sin oggi attuata, ha cambiato la percezione dell'area di Stork ad Amsterdam da parte degli abitanti e per questo è probabile che l’esperienza avviata ed il valore aggiunto derivato possano trovare posto nel piano di sviluppo futuro.(Imm. 10-11-12-13-14).


Il “Triangolo di Parool”

Ulteriore esempio di strategia rigenerativa affine al fenomeno in discussione è la trasformazione dell'area denominata “Triangolo Parool”, ad Amsterdam Est (Caso e Cavallo, 2013, 2014). Questo luogo, derivato dalla dismissione di un’area a forma triangolare di smistamento tra diverse linee ferroviarie è occupato da edifici costruiti dopo la seconda guerra mondiale, a partire dagli anni '50, frutto del Piano AUP di Van Eesteren e in pieno stile "moderno" (funzionalismo, Nieuwe Bouwen) contrastante con i quartieri circostanti risalenti a un secolo prima (Sitte, Berlage, città dei blocchi). Per lungo tempo questo gruppo di edifici lungo la Wibautstraat - sedi di testate giornalistiche (Parool e Trouw, progettata da Bakema Van der Broek e Volkskrant di Kraaijvanger) che condividevano le stesse strutture per la stampa - è stato considerato dall’opinione pubblica come il più brutto di Amsterdam (Vermeulen Windsant, 2014). La scuola lecorbusieriana (di De Geurs & Ingwersen) che fa parte dell'area era un'eccezione, essendo stata nominata (appena in tempo) monumento della città. Non sorprende che, una volta dismessa, l’area sia stata acquisita da una società di alloggi, per sviluppare un nuovo quartiere per abitazioni ed uffici e ben connesso alla città ed alla regione grazie alle infrastrutture presenti. Il piano generale elaborato da Busquets prevedeva un'enorme densificazione dell'area. Tuttavia, la crisi del 2008 ha portato ad una nuova visione e ha lasciato alla società un problema finanziario. A questo punto, gli edifici preesistenti sull’area sono stati destinati ad ospitare incubatori per imprese culturali, attività per il tempo libero e start-up, a fronte di investimenti minimi. Questa nuova programmazione temporanea ha completamente cambiato la percezione di quest’area di Amsterdam: la parte una volta più brutta è diventata uno dei punti nodali della città, luogo ambito da imprese innovative, studenti, attivitá per il tempo libero e culturali. L'edificio del Trouw ospita un centro d'arte con musica dal vivo e ristorante; il Parool è adatto ad alloggi per studenti e imprese creative; la scuola è stata restaurata; il Volkskrant ospita un incubatore di impresa, un hotel, il club Canvas e una terrazza-sauna sul tetto. A causa di questo sviluppo, l'area si è stabilizzata e ha acquisito molto valore mantenendo gli edifici originali. Una parte delle attività temporanee può ora essere considerata permanente. Probabilmente, i nuovi investimenti sono ora possibili grazie alla strategia di creazione del valore seguita nei tempi di crisi.(Imm.15-16-17-18)


Rotterdam
Kop van Zuid, Wilhelminapier, Katendrecht, il magazzino Fenix

Questa strategia di riqualificazione attraverso la creazione di valore esperienziale era già stata testata negli anni '90 a Rotterdam per il Willheminapier. Questo molo fa parte dell'area di Kop van Zuid, sul lato opposto del fiume Maas rispetto al centro della città, ed ospitava servizi per il vecchio porto (dismesso) (Bakker et al., 1999), per il cui sviluppo urbano è stato predisposto un masterplan negli anni ‘80. Già prima dell'inaugurazione (1996) dell’Erasmusbrug di Ben van Berkel, l'Hotel New York (aperto nel 1993) situato all'estremità superiore del molo é stata un'operazione di branding esperienziale e  colonizzazione culturale di un contesto industriale obsoleto e altrimenti inospitale. Il New York era l'edificio di rappresentanza della compagnia navale Holland-America, operante collegamenti interoceanici per passeggeri e merci. La sua trasformazione in hotel, proprio nel vecchio paesaggio portuale di Rotterdam e ancora prima che i necessari collegamenti fossero approntati, fu il primo passo verso la trasformazione dell'area e divenne rapidamente un'esperienza "esotica" imperdibile nel circuito del tempo libero della città. Infatti, l'hotel era raggiungibile al tempo principalmente da water-taxi oppure attraverso una lunga deviazione tra le aree industriali per lo più abbandonate di Rotterdam Sud. Il "ristorante illegale di pesce" che venne aperto per breve tempo accanto all'hotel e lo stesso hotel con la sua offerta gastronomica e posizione particolare, divenne in poco tempo una destinazione molto popolare a Rotterdam creando valore aggiunto sul Willhelminapier e quindi facilitando il percorso per lo sviluppo successivo di questa parte di Rotterdam. Il Willhelminapier e l'hotel New York sono anche legati al programma di riqualificazione di Katendrecht oggi in corso.

L'area di Katendrecht a Rotterdam fa parte anch’essa delle vecchie strutture portuali lungo la Mosa. Katendrecht é una penisola che separa le acque della Maashaven da quelle della Rijnhaven. A partire dagli anni 70 Katendrecht era conosciuto a Rotterdam come un quartiere abbandonato e difficile, poco attraente. Questa parte del porto ospitava anche uno dei più grandi magazzini portuali del mondo alla fine del XIX secolo, il San Francisco (oggi Fenixloods), da cui partivano persone e merci per il Nord America e collegato dalla compagnia navale Holland-America. Il magazzino fu parzialmente bombardato durante la seconda guerra mondiale e restaurato una prima volta, e in seguito distrutto parzialmente da un incendio. Una volta ripristinato, il grande magazzino assunse la consistenza di due parti distinte che presero il nome di Fenixloods 1 e 2. Con la riqualifica del vecchio porto in area urbana e la conseguente riqualificazione del Wilhelminapier, l'area di Katendrecht è diventata più centrale e strategicamente interessante. Il nuovo ponte per il traffico lento tra Wilhelminapier (Hotel New York) e Fenixloods, ha aumentato l'accessibilità all'area che é supportata anche da due fermate della linea ferroviaria della metropolitana cittadina. Per la riqualifica dell'area è stata attuata una strategia simile a quella seguita per la Papirøen Island di Copenhagen: una strategia dal basso per costruire resilienza e favorire uno sviluppo flessibile nel tempo, guidata da una programmazione creativa e da una nuova imprenditoria culturale. Questa strategia si basa da un lato sulla creazione di valore urbano attraverso la trasformazione degli spazi industriali in spazi culturali, rivitalizzati mediante iniziative “bottom-up”, e al ripristino puntuale di edifici chiave situati in luoghi strategici – specialmente intorno alla piazza triangolare di Deliplein, che è delimitata sul waterfront dal Fenixloodsen, dall’altro. Questa strategia mirava a trattenere nell'area gli attori culturali ed economici locali (come áncore e continuità sociali), ad attrarre giovani imprese creative e a favorire operazioni di creazione di valore offrendo spazi economici nell'ambiente "romantico" del vecchio porto - la cui atmosfera sta scomparendo da Rotterdam. L'apertura di Katendrecht a Rotterdam e i valori culturali associati all'operazione hanno portato ad un mercato del cibo di strada in Fenixloods 2, con un concetto di spazio condiviso come attrattore principale per il grande pubblico. Gli imprenditori dello street food fanno parte della Fenix Food Factory che comprende un micro-birrificio molto popolare a Rotterdam. All'inizio dell'operazione, il Fenixloods 1 ospitava anche le attività legate alla Biennale di Rotterdam, parte della strategia di trasformazione dei luoghi industriali in luoghi culturali. Oltre al mercato alimentare, il Fenixloods 2 ospita anche il café Posse, il circo Arts van Codarts - strutture educative per giovani circensi di talento (adattamento progettato da Van Schagen Architecten) e spazi per imprenditori dell’innovazione. Ciò è stato possibile grazie ad un permesso comunale (2012) per funzioni esplicitamente temporanee che non aderiscono al Piano Generale. Di conseguenza, le attività temporanee nei Fenixloods saranno limitate nel tempo, ma allo stesso tempo fungono da creatori di valore nella zona. Il permesso temporaneo è stato prorogato per altri due anni, mentre il valore dell'area continua a crescere. Il Fenixloods 1 è attualmente oggetto di sviluppo. Dopo aver ospitato funzioni temporanee, ora è stato quasi completamente demolito ad eccezione dei piani terra originali che sono stati sopraelevati da nuove unità immobiliari a destinazione d’uso terziaria e residenziale (Van Dorsten, 2015). Tale scelta ha riscosso molta opposizione da parte degli abitanti dell'area, ed é criticabile sia sotto l’aspetto architettonico che per l’apparente contraddizione rispetto alla linea adottata nel processo sin qui svolto. Tuttavia, la strategia di sviluppo attraverso la trasformazione di luoghi industriali in luoghi culturali ha funzionato. Idealmente, le attività temporanee di Fenixloods 2 potrebbero ora essere trasferite nel Fenixloods 1 a lavori ultimati (parte della stretegia per mantenere gli operatori economici nell’area), liberando in Fenixloods 2 per un simile progetto di sviluppo. La domanda é se l’area dei Fenixloods dopo la ricostruzione continuerá a conservare la stessa attrattivitá odierna.(Imm. 19- 20-21-22-23-24-25-26-27)


Qualche osservazione 

La strategia di sviluppo esperienziale analizzata è particolarmente interessante per le zone urbane storiche, ma anche per molte aree dismesse dell'era industriale artefici di un paesaggio abbandonato fatto di ciminiere, grandi sale, spazi aperti imprevedibili e infrastrutture arrugginite. L'invenzione, qui, è l'improvvisa trasformazione degli spazi industriali in spazi culturali. Si tratta di un'invenzione sorprendente che fa riflettere sull’origine degli spazi stessi, un tempo luoghi di lavoro (pesante) in condizioni difficili, appartenenti a paesaggi di fatiche e routine tanto odiati quanto necessari a molte generazioni di lavoratori. Ora che non possono più nuocere vengono docilmente trasformati in romantici paesaggi di piacere, con un certa aura di rudezza ma rassicurante e non pericolosa.

Le strategie "tradizionali" di riqualificazione guidate dalla cultura, basate sul sensazionalismo e sulla creazione di valore attraverso icone architettoniche, di solito mettono in scena uno spettacolo che opera attraverso l'interpretazione e/o la trasposizione di significato, in ultima analisi imponendo una realtà suppostamente superiore – favorendo, così, esperienze di alienazione. Al contrario, gli sviluppi descritti sopra mostrano lo spettacolo degli spazi industriali come sono, senza ambizione di essere architettura. Quello che viene messo in scena sono la qualità reale del luogo e l'unicità/temporalità dell'esperienza. Questo spettacolo è costruito attorno a partecipanti, visitatori e stakeholder, ed è valido solo quando questi partecipanti sono i punti focali dell'esperienza messa in scena – rendendoli attori. Né la distrazione causata dall’ambizione architettonica é ammessa, né una più o meno pretenziosa serietà culturale. L'obiettivo spaziale dello spettacolo essenziale delle mura industriali non trattate é unicamente la centralità della massa performante di individui. Un vantaggio è tuttavia che la temporalità della strategia esperienziale permette anche di costruire una transizione nel tempo da un passato finito (in qualche modo romantico o poetico) ad una nuova realtà che emerge chiaramente nel tempo dando la possibilità agli attori (persone, parti interessate, abitanti) di congedarsi dal passato riconoscendone segni di continuitá col futuro.

Gli strumenti urbanistici tradizionali di pianificazione basati su visioni generali e sulla creazione di valore attraverso l'architettura e in generale attraverso la materialità, possono essere supportati, e in qualche modo meglio diretti, dalla dimensione immateriale esperienziale e narrativa. Nei casi sopra esposti, la narrativa era abbastanza potente e affascinante da compensare l'assenza di una qualità architettonica costruita – in cui prevalgono le qualità contestuali “qui ed ora”. La costruzione di valore é un obiettivo urbano che dovrebbe essere riconoscibile e significativo per tutti i partecipanti della scena urbana, come processi di inclusivitá ed equitá. Il valore creato non può più essere solo di carattere materiale/finanziario. Deve coinvolgere componenti emotive come minimo comune denominatore tra le persone che vivono i luoghi.

Questo tipo di operazione è possibile solo in un contesto di flessibilità e cooperazione tra i partecipanti, dal governo locale agli investitori e agli utenti. A sua volta, ciò è possibile solo quando tutte le parti coinvolte possono fidarsi l'una dell'altra, essere affidabili e rispettare gli accordi presi nello spirito del proprio ruolo. Temporalità significa che a un certo momento l'esperienza deve concludersi e le opzioni dei prossimi sviluppi rivalutate e ridiscusse. Per questo è necessaria una comunicazione chiara e una continuità di intenti in un tempo predeterminato. Le posizioni ideologiche dovrebbero essere evitate. Nei casi di studio citati, tutte le operazioni sono state definite e condotte in buon accordo tra tutte le parti coinvolte. A Copenhagen, Amsterdam e Rotterdam (e probabilmente altrove) questo è stato possibile. Sarebbe possibile anche a Napoli, a Roma o a Milano?



Bibliografia 

Abrahams T. (2016) "What culture is to a city". Architectural Review, January, 2016

Bakker R. (1999) Paul Achterberg, Frank de Josselin de Jong, Olof Koekebakker, Lodewijk Baljon, Joan Busquets.Kop van Zuid 2. Rotterdam.

Caso O.; Cavallo R. (2013) “Hybrid Buildings Celebrate the Collective Realm. Design Research at the TU Delft”. In Fidanoglu E. “Educating the Future: Architectural Education in International Perspective”. Proceedings of the EAAE Conference ‘Educating the Future’, Istanbul Kultuur University Publication 195. Istanbul: Golden Medya.

Cavallo R., Caso O.(2014) “Design Research in an Environment of Change. The ‘Green Approach’ in Urban Regeneration”. In Cavallo R., S. Komossa, N. Marzot, M. Berghauser Pont, J. Kuijper (eds.), “New Urban Configurations”. Proceedings of the EAAE-ISUF Conference ‘New Urban Configurations’. Faculty of A&BE, TU Delft, October 2012. IOS Press, Amsterdam.

Evans G. (2009) "Creative cities, creative spaces and urban policy". Urban Studies, 46, 1003-1040.

Miles S.; Paddison R. (2005) "Introduction: the rise and rise of culture-led urban regeneration". Urban Studies, 42, 833-839.

Pine II, Joseph B., James H. Gilmore (1999) The experience economy. Work is Theatre & Every Business a Stage. Harvard Business Press, Boston.

Plaza B. (2008) "On some challenges and conditions for the Guggenheim Museum Bilbao to be an effective economic re-activator". International Journal of Urban and Regional Research, 32, 506-517.


Sitografia

Dorsten, Tim van (2015) Tweede leven voor Rotterdamse Fenixloodsen. Accessed 8-12-2017. https://www.duurzaamgebouwd.nl/projecten/20150130-tweede-leven-voor-rotterdamse-fenixloodsen.

O’Sullivan F. (2016) How Copenhagen paused its waterfront redevelopment. Accessed 8-12-2017. https://www.citylab.com/solutions/2016/02/copenhagen-paper-island-waterfront-redevelopment-creative-business-copenhagenize/463137/.

Windsant V., De Parooldriehoek X. (2014) Accessed 8-12-2017. https://xvwarchitectuur.nl/blog-parooldriehoek/.



Olindo Caso (1962, Avellino), architetto, é Assistent Professor (Docente Universitario) presso la Facoltá di Architettura e Ambiente Costruito dell’Universitá Tecnologica di Delft, Olanda, dove nel 1999 ha conseguito il dottorato. Dal 1989 svolge la libera professione di architetto acquisendo esperienza nella progettazione e nella consulenza in campo di “spazi della mobilità”. È specialista nella ricerca multidisciplinare e nelle relazioni tra le diverse scale del progetto. L’interesse attuale della sua ricerca si rivolge allo studio dell’infrastruttura culturale nella cittá contemporanea, ed in particolare all’evoluzione delle biblioteche, e verso la crescente quotidianitá dell’esperienza ‘ibrida’ urbana. E’ autore di numerosi articoli e pubblicazioni internazionali, tra gli altri Architettura contemporanea: Olanda, Motta, 2009.


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Credits: website visitcopenhagen.com; sito web christianshavnslokaludvalg.kk.dk / 
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