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Carlo Manzo

Modelli urbani innovativi

Progetti urbani per la Piana del Sarno

Insediamenti nella pianura del Sarno.
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Insediamenti nella pianura del Sarno.

Abstract
Come strategia per ridurre lo sprawl e la cementificazione della valle del Sarno concentriamo gli interventi in un sistema discontinuo di cluster di residenze attrezzate, sul criterio “low rise – high density”. L’obiettivo è una città verde in estensione, formata da parti di residenze, serre produttive e attrezzature, separate da aree coltivate e parchi. La discontinuità delle nuove parti che si alternano con le aree verdi è finalizzata a contrastare la saturazione edilizia e la saldatura tra centri urbani esistenti.

Il fiume Sarno diventa un importante elemento ordinatore del disegno territoriale, incrementando le molteplici relazioni tra gli insediamenti rurali e quelli moderni.

La piana del Sarno, luogo storico di coltivazioni specializzate e produzione manifatturiera, vive una doppia natura che ne spiega le diseguali concentrazioni edilizie. Da un lato subisce le forti pressioni dell’area metropolitana di Napoli, che hanno determinato le alte densità sulla costa e nelle aree di Scafati e di Angri, dall’altro partecipa dei caratteri agrari della conca sarnese, che spiega la rarefazione edilizia via via che si risale il fiume verso l’interno. Al di là delle densificazioni sulla costa e sulle fasce pedemontane, la piana del Sarno appare oggi come un insieme di nuclei urbani alternati ad aree agricole punteggiate di edilizia abitativa minuta, serre, capannoni, e attraversate da una fitta rete di canali. Questo sistema insediativo, seppure fortemente alterato nel tempo e di scarsa qualità architettonica, per ampi tratti contiene ancora un paesaggio rurale che è possibile ricomporre in una ipotesi di “città estesa”.
Se pensiamo di trasferire alla scala del territorio l’ipotesi rossiana della “città per parti”, la piana del Sarno può essere vista come la struttura-base di un insediamento multipolare innervato nella campagna, nel quale i nuclei urbani esistenti sono i quartieri, le aree agricole possono corrispondere ai parchi e i giardini, e il sistema degli edifici pubblici è formato dalle strutture di interesse storico e dalle nuove infrastrutture.
Il fiume, che un tempo è stato l’elemento principale intorno al quale si è definita la struttura della campagna, oggi appare come un elemento ininfluente rispetto al disegno del suolo, alle architetture, al paesaggio, se non addirittura un moltiplicatore dell’inquinamento e del disastro ecologico della zona. Tranne poche eccezioni, non sono state realizzate esperienze significative di costruzione architettonica sul fiume e sui canali. Il Sarno oggi, può invece ritornare ad essere un punto di vista privilegiato per i problemi insediativi di questo territorio e un incubatore di nuove relazioni tra il sistema fluviale e le aree circostanti. La sua riqualificazione può avere un ruolo trainante nel processo di ristrutturazione dei nuclei urbani, rurali e produttivi.
Nella ricerca sono stati messi a punto alcuni criteri per la trasformazione del territorio.
1. Come strategia anti-dispersione è stato adottato un sistema discontinuo di interventi addensati, a funzioni miste, basati sul criterio “low rise-high density”. L’idea di fondo è quella di costruire una città-verde formata da parti elementari finite alternate ad aree coltivate o a parchi, e da elementi infrastrutturali riconoscibili. Le “parti” sono unità residenziali (o manifatturiere) integrate a serre e laboratori, inserite nel paesaggio agrario e progettate cercando una forte integrazione tra caratteri urbani e rurali.
2. La discontinuità e l’alternanza tra le parti residenziali-produttive e le zone verdi servono ad assicurare la presenza di aree inedificate protette, ovvero fasce “distanziatrici” finalizzate ad impedire la saldatura tra centri urbani contigui.
3. Il fiume-canale Sarno viene assunto come spina portante dell’armatura territoriale, a cui affidare un ruolo ordinatore nel disegno della campagna urbanizzata, per ripristinare la continuità paesaggistica e i collegamenti tra i luoghi della tradizione agraria e gli insediamenti moderni.
4. Gli interventi previsti seguono due direttrici: quella longitudinale si svolge lungo il Sarno che viene risanato e potenziato con una serie di luoghi collettivi con attrezzature e servizi alla scala sovracomunale. La riqualificazione dell’alveo e delle fasce sui canali laterali propone nuovi margini e tracciati per le trasformazioni delle parti vicine al fiume. I nuovi servizi sul Sarno, a basso impatto volumetrico, sono concepiti come nuovi poli per attività di fruizione pubblica e collettiva delle aree verdi. L’obiettivo è ricostruire rapporti e gerarchie tra le zone urbane, tutelando e valorizzando le zone agricole esistenti. Le nuove infrastrutture invitano a percorrere “con lentezza” la pianura seguendo il tracciato del fiume, individuando lungo il percorso un sistema di luoghi collettivi per i nuclei urbani, in cui condensare una serie di attività collegate ai caratteri preesistenti (archeologia, natura, agricoltura, turismo).  
5. La logica per fasce trasversali viene adoperata nei tratti in cui il fiume e le infrastrutture autostradali e ferroviarie hanno creato una forte frattura sul territorio in direzione est-ovest, dove l’obiettivo degli interventi è quello di ripristinare le relazioni tra i due versanti, creando nuovi attraversamenti e migliori relazioni funzionali e visive. Vengono proposti quindi collegamenti tra il fiume, i nuclei urbani esistenti, le nuove unità residenziali-produttive e le attrezzature, potenziando i tracciati ortogonali ai corridoi infrastrutturali. Compatibilmente con le indicazioni dei piani urbanistici (a partire dalla rigenerazione dell’abusivismo normata dai PUC) si è seguito il criterio di trasferire le nuove edificazioni sul versante sud del Sarno per evitare incrementi volumetrici nella zona rossa alle pendici del Vesuvio, a forte rischio vulcanico.
La strategia degli interventi “trasversali” ha inoltre, suggerito la creazione di alcune infrastrutture innovative; tra cui, la funivia orizzontale tra Pompei sud e Pompei-Centro che scavalca il fiume-canale per collegare le aree meridionali con gli scavi archeologici e il Santuario. Le due grandi risorse dell’area vesuviana.
La concentrazione degli interventi residenziali, adottata in chiave anti-dispersione, è affidata ad unità orizzontali compatte con funzioni residenziali integrate ad attività agricole, che diventano i principali  elementi di un ridisegno controllato della campagna. Sono parti architettonicamente definite, piccoli settori recintati o cluster, a seconda dei rapporti di continuità o alternanza che si vogliono instaurare con gli elementi naturali e con i caratteri del contesto.
Le condizioni della crescita residenziale in queste zone sono fortemente limitate per ragioni urbanistiche e di sicurezza. Le nuove unità residenziali a funzioni miste intendono scoraggiare interventi frammentari, svolgendo una funzione “drenante” che dovrebbe limitare i fenomeni di dispersione edilizia. Da un lato inseguono l’idea della piccola comunità dotata di infrastrutture e servizi comuni, dall’altro salvaguardano l’autonomia delle abitazioni individuali, rispondendo alle aspettative della casa unifamiliare o parentale. Concepiti come piani di zona coordinati, questi interventi incentivano l’aggregazione e la cooperazione, promuovendo una razionalizzazione per la produzione e la distribuzione dei prodotti ortofrutticoli e floreali.
Ogni unità residenziale è formata dall’aggregazione di isolati aperti o recintati con “muri abitabili” adeguati alla natura rurale/urbana di queste zone ed alle diverse condizioni del suolo rispetto al regime delle acque. Dal punto di vista architettonico vengono reinterpretati i tipi della villa suburbana e della casa a corte, legati al disegno degli spazi liberi e coltivati. Dal punto di vista funzionale si propone un uso esteso della casa produttiva, ampliabile fino a quattro o cinque alloggi, con una stretta integrazione degli spazi domestici con gli spazi del lavoro (serra e/o laboratorio). Per ridurre l'occupazione di suolo la ricerca sulla “città estesa” ha studiato meccanismi perequativi di rigenerazione territoriale nelle aree a sud del Sarno, dove coesistono manufatti industriali, edifici di scarsa qualità architettonica e una consistente attività produttiva florovivaistica in serra.

Bibliografia
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Carlo Manzo è Professore Ordinario di Composizione Architettonica e Urbana, insegna dal 2000 nella Facoltà di Architettura della Seconda Università di Napoli. Dal 2009 e’ Direttore del Dipartimento di Cultura del Progetto.

 

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