Festival dell'architettura

Dice Ludwig Mies van der Rohe: “Lo scopo dell’insegnamento dell’architettura è la formazione di architetti mediante le nozioni necessarie; ma anche di formare l’uomo educandolo, e renderlo capace di fare il giusto uso del sapere acquisito. [...] L’educazione deve contrapporre alle opinioni personali, che non impegnano, l’obbligo di cognizioni esatte, deve condurre dalla sfera dell’arbitrario e del casuale all’equilibrio e alla chiarezza di un ordine spirituale”.

Coerentemente alla indicazione miesiana, la tradizione di studi a cui attinge il mio insegnamento del progetto è quella sviluppata in Italia del secondo dopoguerra sull’asse Milano - Venezia, intorno alle figure carismatiche di Ernesto Nathan Rogers e Giuseppe Samonà, tramandata alla mia generazione (quella dei nati attorno al 1955) per il tramite dell’insegnamento, la ricerca e l’opera di maestri quali sono Guido Canella e Aldo Rossi, Giorgio Grassi, Gianugo Polesello, Luciano Semerani.

Si tratta, dunque, di una tradizione che mette al suo centro il carattere civile dell’architettura e fa emergere il significato del progetto di architettura come strumento per il rinnovamento e la modernizzazione della società.

Inserendosi criticamente nella tradizione didattica della “scuola italiana”, consolidata appunto nel secondo dopoguerra, l’insegnamento del progetto nei Laboratori che ho diretto presso la II Facoltà di Architettura del Politecnico di Torino, da una parte rifiuta programmaticamente l’empirismo professionale (di tipo anglosassone), d’altra si interessa di due temi fondativi dell’attività progettuale: il luogo (contesto fisico e culturale) e la teoria (la storia, come corpus delle opere d’architettura realizzate o solamente progettate, e le idee).