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Teoria e prassi progettuale tra le due guerre

Vinicio Bonometto

I. Diottalevi, F. Marescotti, G. Pagano, progetto di città orizzontale, 1939, parte centrale del quartiere con il complesso dei servizi collettivi

I. Diottalevi, F. Marescotti, G. Pagano, progetto di città orizzontale, 1939, parte centrale del quartiere con il complesso dei servizi collettivi

Nell'epoca delle dimenticanze, dove ogni notizia, fatto, evento funge una pressione mediatica di qualche giorno se non di ore e di cui mai e poi mai se ne fa esperienza, racconto, approfondimento trovo giusto ricominciare, per parlare di città e architettura, da lontano. Molto lontano: dall'inizio.

I primi progetti urbani, in Italia, tra le due guerre, introducono “regole” che sono anche teorie progettuali. Gli esempi qui citati, elencati secondo un ordine cronologico nel numero di cinque, sono intrisi di teoria, tanto quanto un saggio che cerca d’esaurire l’argomento in oggetto.

Del primo, “Milano verde” (1938) - realizzato da Gardella, Minoletti e Pagano - risulta più interessante rilevare la diversità dai modelli urbani proposti per la prima volta al CIAM del 1929, piuttosto che le analogie con i progetti del nord Europa. Confermando un’autonomia italiana poco incline ad adottare principi provenienti dall’estero, senza premetterne una profonda critica. Nel caso specifico: accettazione del tessuto d’intorno; destinazione d’uso (operaia e non borghese); pianificazione per dimensioni oltre i limiti del movimento moderno; non autonomia.

Il secondo è la “città orizzontale” (1939) e la sua applicazione al centro storico di Milano (1). La proposta di Pagano, Diotallevi e Marescotti, non ha eguali in Italia e pochi all’estero. Si tratta della ripetizione seriale di case unifamiliari ad un solo piano con patio centrale, tanto “fitta” da determinare una densità pari alle moderne “case alte” a sviluppo lineare. Questa tipologia determina, una conflittualità a due livelli. Il primo: il progetto si fa strada per successive demolizioni dell’edilizia storica degradata. Il secondo: i fatti urbani rilevanti vengono ricuciti nella nuova griglia progettuale.

La “città orizzontale” inoltre può vantare una parentela con due illustri progetti, uno antecedente allo stesso ed un altro invece che nasce dagli assiomi del gruppo milanese. Il primo progetto in cui è possibile individuare reciprocità è lo schema insediativo residenziale di Ludwig Hilberseimer, sicuramente conosciuto da Pagano tanto più che sarà pubblicato da Diotallevi e Marescotti nelle pagine di Ordine e destino della casa popolare. Il secondo progetto “gemello” può senz’altro ritenersi il quartiere Tuscolano di Adalberto Libera, opera, quest’ultima, che in comune con la “città orizzontale” ha, oltre alla tipologia a patio delle unità abitative, anche il nome del progetto (2).

“Le quattro città satelliti di Milano” (1939-40) sono di Albini e Bottoni, attivissimi in quegli anni nella ricerca di soluzioni al problema della carenza di alloggi. Ancor prima dei progetti architettonici è lo studio a grande scala che colpisce: la tavola della collocazione dei quartieri satellitari è infatti uno strumento di modernità e di conquista di una visione urbanistica finora mai raggiunta in Italia. Soffermandoci invece sugli aspetti più propriamente architettonici, quello che colpisce è la ricchezza tipologica presente. Finora nella “Milano verde” così come nel progetto comasco di Rebbio sino alla “città orizzontale”, le tipologie residenziali incluse erano al massimo due: la casa alta; la bassa a schiera e nel caso specifico della “città orizzontale” l’uso dell’invenzione tipologica a patio. Le quattro città satelliti di Bottoni ed in particolare il caso del quartiere Costanzo Ciano sulla strada Gallaratese si pongono invece il problema della ruralità e del raggiungimento di una densità più bassa, in cui l’orto e le aree verdi diventano predominanti del progetto.

Il “piano AR” (1944/45), che è l'acronimo di Architetti Riuniti (3), è uno strumento di previsione di pianificazione infrastrutturale ed edilizia per Milano. Ai progettisti vanno riconosciuti i meriti di aver realizzato un’opera che non ha eguali in lungimiranza politica, sociale e tecnica. Il piano prevede un controllo all’espansione della città con decentramento della residenza nell’intorno provinciale. Si prescrive inoltre l’allontanamento delle attività industriali e si scelgono aree specifiche per progetti di settore, tutto in coerenza con un nuovo sistema stradale, metropolitano e ferroviario.

Il “QT8” di Bottoni (1945-70) è uno di quei progetti che possiedono quella particolare continuità, per il fatto d’esser stati iniziati prima della fine della guerra e terminati a pacificazione avvenuta.

Nel caso specifico di questo progetto, la “sforatura” nel ciclo storico successivo è pressoché totale (4) e tra le più lunghe: il 1957 è la data conclusiva della terza variante di progetto, il 1970 quella dell’ultimazione del monte Stella. Il QT8 è collegato anima e corpo alla Triennale in particolare con l’ottava, la prima dopo la guerra, in quanto è il tema principale: la costruzione di un quartiere sperimentale permanente per la ricerca di nuove tipologie residenziali.

Il bilancio di questi progetti risulta altissimo sotto il profilo teorico ma deludente su quello della realizzazione: solo il QT8 sarà attuato e per l’effettivo compimento si dovranno aspettare più di dieci anni, due ipotesi scartate e ridimensionamenti in fase di realizzazione.

(1) Il progetto per la “città orizzontale” viene presentato in due versioni, una senza una specifica collocazione e l’altra applicata al centro del capoluogo lombardo.

(2) Adalberto Libera, unità di abitazione orizzontale Ina Casa al quartiere Tuscolano III, Roma 1950/54.

(3) F. Albini, P. Bottoni, I. Gardella, G. Mucchi, E. Peressutti, M. Pucci e A. Putelli. G. Romano, M. Zanuso e G.L. Banfi partecipano al solo preliminare. Dal 1945 si uniscono al gruppo anche E. Ceruti, L. Belgiojoso e E. Rogers. Il progetto sarà dedicato alla memoria di G.L. Banfi.

(4) Il primo studio che interessa l’area è del 1934-35 per opera di P. Bottoni, G. Pagano e M. Pucci a cui farà seguito dieci anni dopo a fine ostilità, la prima proposta di carattere attuativo di P. Bottoni, E.Cerutti, V. Gandolfi, M. Morini, G. Pollini, M. Pucci, A. Putelli.


Vinicio Bonometto è Dottore di ricerca in Composizione architettonica presso l'Università IUAV di Venezia. Attualmente Professore a contratto di Disegno e Assegnista di ricerca presso la Facoltà di Architettura di Alghero dell'Università degli Studi di Sassari.

Ludwig Hilberseimer, schema insediativo residenziale con alloggi ad un piano, 1932

Ludwig Hilberseimer, schema insediativo residenziale con alloggi ad un piano, 1932