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Brevi note dal Primo Congresso di Rete Vitruvio

Il progetto architettonico fra didattica e ricerca

Anna Del Monaco

Locandine

Dal 2 al 6 Maggio 2011 si è svolto a Bari il Primo Congresso Internazionale di Rete Vitruvio, presso la nuova sede della facoltà di Architettura del Politecnico. Rete Vitruvio (RV) – rete interuniversitaria italiana di architettura dei settori disciplinari ICAR 14-15-16 – conferma l’appuntamento annuale ad un anno dal Congresso di Fondazione, tenutosi a Riccione nel maggio 2010, durante il quale erano stati approvati lo Statuto, il Regolamento dell’associazione, l’elezione gli Organi dirigenti e le Commissioni di lavoro. Il Primo Congresso ha raccolto la partecipazione di 100 docenti italiani strutturati (33 ordinari su 58 iscritti a RV, 20 associati su 48 iscritti a RV, 47 ricercatori su 57 iscritti a RV), 42 dottori di ricerca rispetto ai 33 iscritti a RV, 47 dottorandi rispetto ai 23 iscritti a RV, 11 architetti professori a contratto, 70 docenti stranieri. Gli atti del Primo Congresso, già stampati in 6 volumi da 500 pagine, edite da Poliba Press, sono stati distribuiti all’apertura del Congresso (www.retevitruvio.it).

Le giornate congressuali, organizzate in 63 sessioni tematiche e animate da incisivi dibattiti che hanno fatto emergere le differenze fra scuole e metodi di lavoro, hanno certamente restituito un ritratto delle Facoltà di Architettura Italiane, tutte rappresentate dai partecipanti.

Le giornate, inoltre, sono state scandite da quattro lezioni magistrali. La prima, del prof. Franco Purini, presidente di RV, ha messo in evidenza i nodi attuali di maggiore contraddizione e debolezza della disciplina. Fra questi: l’affermazione della necessità degli studi teorici per la progettazione, il recupero del concetto di Tipo in rapporto a quello analogo e importato di Diagramma, l’inevitabile revisione critica dell’opera di alcuni Maestri italiani dell’architettura del dopoguerra, l’eccessivo spazio lasciato dai docenti di composizione a quelli di rappresentazione nei territori dell’architettura digitale e ai docenti di tecnologia sulle pratiche del progetto sostenibile. Purini ha inoltre ribadito l’irrinunciabile legame in architettura fra progetto e costruzione finalizzato alla realizzazione della venustas nel nome della triade vitruviana.

La seconda lezione, tenuta dal prof. Lucio Valerio Barbera, ha spostato il ragionamento sul piano dei modelli e dei miti nella Scuola italiana di architettura. Barbera ha ragionato attorno all’opera di Pier Luigi Nervi, indiscusso alfiere dell’eccellenza italiana nel design strutturale e nella costruzione e lo ha posto nel mezzo di un denso e appassionante affresco di personaggi, allievi e docenti della Facoltà di Architettura di Roma degli anni ’50-’60, rilanciando sulla qualità intrinseca che si riconosce agli architetti-progettisti italiani: “coniugare arditezza tecnologica e la continua sorpresa del grande respiro della classicità”.

La terza lezione è stata tenuta dal prof. Paolo Tombesi, Chair in Construction all’Università di Melbourne, che in se stesso rappresenta un esempio della qualità italiana accademica “esportata all’estero”. Tombesi ha proposto studi quasi-inediti, almeno per il pubblico italiano, ricostruendo l’intera vicenda storica del progetto dell’Opera House di Sydney, esemplare non solo come opera architettonica in se stessa, ma anche come modello sperimentale dialettico fra filosofia del progetto e sua costruzione.

La quarta lezione, tenuta dal prof. Luciano Semerani, ha riaffermato l’importanza della “composizione” al di là e al di sopra dei linguaggi e delle ideologie. Semerani ha presentato una sequenza strutturata di opere in musica e nelle arti figurative e ha descritto la trasformazione-evoluzione dei sistemi compositivi ad esse relativi. Emblematica l’immagine di un’opera di Lina Bo Bardi con cui ha concluso la lezione: il maiale senza testa ma “bifronte” di cartapesta rosa, metafora della oggettiva e obbligata compartecipazione di estremi opposti alla formazione della cultura della composizione. Lo spirito di inclusività è stato affermato nelle battute di chiusura dal Prof. Claudio D’amato, direttore di Rete Vitruvio, il quale, citando un passaggio dell’Arte poética di Jorge Luis Borges, ha descritto la comunità scientifica ICAR 14-15-16 come il fiume che scorre senza fine e sta fermo, specchio di uno stesso Eraclito incostante. Fra i partecipanti si riscontrava: entusiasmo per essere parte di un organismo associativo del SSD mai costituito prima di Rete Vitruvio; la giusta tensione per il confronto da sostenere durante il dibattito, incertezza e perplessità per il proprio futuro nel mondo accademico e professionale (soprattutto da parte dei giovani); curiosità e interesse per il prodotto didattico e di ricerca delle diverse facoltà italiane e per i curricula dei colleghi coetanei o pari nel ruolo accademico; dialettico scambio tra generazioni.

Durante le pause caffè, le visite alle opere di architettura storica pugliese e specialmente nell’ambiente straordinario in cui si è svolta la cena congressuale, non è mancato il serpeggiare di un leitmotiv che preoccupa tutti, cioè, gli interrogativi sul futuro prossimo dell’università italiana e sulle strategie di collaborazione competitiva con gli altri settori disciplinari “sotto i cieli delle circolari ministeriali”. A questo proposito l’intervento al Congresso del prof. Enzo Siviero, vice presidente del CUN, ha messo in chiaro alcune questioni: la futura e inevitabile riduzione del numero delle facoltà di architettura e del numero degli studenti, che gioverà alla qualità della ricerca e alla professione, risanando nel tempo la disfunzione che ha portato al distacco fra professione e accademia.

Il Primo Congresso di Rete Vitruvio, condotto con inappellabile rigore scientifico e organizzativo da parte del Comitato Organizzatore della Facoltà Architettura del Politecnico di Bari e dal Comitato Scientifico di Rete Vitruvio, ha visto il suo successo anche per la generosa ospitalità dell’istituzione barese e la disponibilità – difficilmente replicabile - dei laureandi, dottorandi, dottori di ricerca e docenti della Facoltà di Architettura del Politecnico di Bari.


Irene Del Monaco, ricercatore in Composizione architettonica presso la Facoltà di Architettura "Ludovico Quaroni" della Sapienza Università di Roma