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Identità europea dell'architettura

Enrico Prandi

Le Corbusier, Disegno del concorso per il Palazzo dei Soviet di Mosca, 1934

Le Corbusier, Disegno del concorso per il Palazzo dei Soviet di Mosca, 1934

Interrogarsi sull'esistenza di una identità europea dell'architettura [1] significa riflettere sulla possibilità che l'architettura europea sia riconoscibile e individuabile come tale all'interno del variegato panorama internazionale. In altre parole, se esistono, secondo una logica di prevalenza, dei caratteri che denotano a diversi livelli l'architettura europea.

Alla base di una personale risposta affermativa vi è il concetto di riconoscibilità della città europea individuabile nella struttura formale urbana: dalla fondazione, molto spesso scaturita dalla griglia ortogonale, alle successive espansioni, prevalentemente attuate secondo una logica di aggregazione per parti.

Fare architettura in un contesto così strutturalmente definito come quello europeo, attraverso un’idea progettuale che tiene in considerazione come fondamentale il rapporto architettura-città, significa operare deduttivamente sul concetto di riconoscibilità e quindi di identità, intesa nel suo carattere collettivo.

Ma cos’è l’Europa? La metafora dell'arcipelago [2] individuata da Massimo Cacciari rende egregiamente l'idea della frammentazione delle parti che costituiscono nel suo insieme un intero che non è nemmeno una patria. Arcipelago per Cacciari è l'irriducibile pluralità dove i singoli elementi convivono in quanto inevitabilmente separati.

Questa “cultura delle differenze” sarebbe anche secondo Jacques Derridà [3]l'essenza stessa dell'Europa. Un'Europa che Paul Valéry vede come una gigantesca città con i suoi musei, i suoi giardini, i suoi ateliers, i suoi laboratori, i suoi salotti. [4]

La precisione della Regina Europa immaginata e rappresentata come figura umana femminile della Cosmographie di Sebastian Münster, si pone a contrappunto dell’Europa reale, entità a geometria variabile in progressivo allargamento nei confini orientali.

Nel 2001 alla finitezza della bandiera convenzionale europea (per inteso quella con le tredici stelle sullo sfondo blu) Rem Koolhaas contrappose l’idea del bar code come sistema flessibile potenzialmente infinito da utilizzare come principio di accostamento di barre colorate secondo le singole bandiere nazionali.

Alla base della consultazione da parte della commissione europea di un gruppo di lavoro composto da intellettuali di differente estrazione disciplinare e culturale vi era l’obiettivo di discutere sulla necessità e sulla funzione di una capitale dell’Europa e sulla verifica di come la città di Bruxelles, naturalmente candidata, potesse esprimere tale ruolo. [5]

All’idea di una capitale “soft” proposta da Umberto Eco in cui la città diviene server di gestione per il network Unione Europea secondo la metafora informatica,si contrappone l’idea di Rem Koolhaas di una capitale “hard” che deve mostrare il suo essere capitale attraverso nuove architetture simboliche.

Viene spontaneo chiedersi quali architetture Rem Koolhaas immaginerebbe per costruire la capitale delle capitali dell’Europa: se un grattacielo inclinato e ritorto come a Pechino o un prisma sfaccettato come a Seattle? Architetture che non sanno raccontare della cultura della città da cui nascono ma solamente della spinta compulsiva alla spettacolarizzazione del suo autore.

Credo allora possa essere significativo il pensiero che Vittorio Gregotti ha riservato al tema dell’identità europea dell’architettura:

L'architettura europea è comunque architettura della distinzione: distinzione delle figure come fondamento della loro relazione necessaria e distinzione analitica delle parti che costituiscono le figure.” [6]

Ma ancora più significativa è il progetto che Gregotti riporta ad esemplificazione di questo concetto; il disegno di Le Corbusier per il concorso del palazzo del Soviet a Mosca del 1934.

Nello schizzo di Le Corbusier è richiamato, attraverso il paragone con il campo di Pisa, uno dei principi compositivi urbani che attraversa la cultura architettonica europea dall'Acropoli sino alla modernità: l'accostamento di volumi differenziati secondo una strategia di posizioni che inducono una speciale relazione tra le parti distinte.” [7]


Enrico Prandi, ricercatore in Composizione architettonica alla Facoltà di Architettura di Parma



[1] Questo scritto riprende la traccia dell’intervento fatto all’omonima tavola rotonda svoltasi il 6 maggio 2011 alla Camera di Commercio di Parma nell’ambito della mostra organizzata dal Festival dell’Architettura in occasione della Festa dell’Europa di Parma.

[2] Il riferimento è al libro di Massimo Cacciari, L’arcipelago, (Adelphi, Milano 1997) secondo libro sul tema dell’Europa dopo Geo-filosofia dell’Europa (Adelphi, Milano 1994).

[3] Jacques Derrida,L’altro capo, in Jacques Derrida,Oggi l’Europa, Milano, Garzanti, 1991, p. 14.

[4] Paul Valéry, conferenza tenuta il 15 novembre 1922 all’Università di Zurigo. Ora in Paul Valéry, La crisi del pensiero e altri saggi quasi politici, Il Mulino Bologna 1994.

[5] In May and September 2001 the President of the Commission, Romano Prodi, and the Belgian Prime Minister, Guy Verhofstadt invited a group of intellectuals to discuss the needs and functions of a European capital and how Brussels could best express them. The Final report si trova all’indirizzo http://ec.europa.eu/dgs/policy_advisers/archives/publications/docs/brussels_capital.pdf

[6] Vittorio Gregotti, L’identità europea dell’architettura e la sua crisi, Einaudi, Torino 1999, p. 105.

[7] Ibidem, p. 105.

Sebastian Münster, Regina Europa, Cosmographia, 1588

Sebastian Münster, Regina Europa, Cosmographia, 1588