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La programmazione possibile

Giordano Gasparini

Reggio Emilia. Esplorazioni progettuali dell'Area Nord

Reggio Emilia. Esplorazioni progettuali dell'Area Nord

Le numerose esperienze, analisi e ricerche scaturite dall’edizione 2009 del Festivalarchitettura sul tema "Comunità ed architettura", ed in particolare la recente pubblicazione di "Luoghi comunitari", dedicata al Forum CittàEmilia, mi sollecitano alcune riflessioni.
Vorrei partire parlando di programmazione, termine che mai come oggi è di grande attualità.
In un quadro di forti cambiamenti economici, sociali, tecnologici, di stili di vita che certamente determinano insicurezza e scarsa fiducia nelle istituzioni, molti messaggi invitano a sbrigative scorciatoie, ad inesistenti soluzioni del giorno dopo, al non rispetto di alcune regole.
Anche le poche risorse di questi anni possono diventare un pretesto per interventi improvvisati e di bassa qualità, quando non per inutili e protratti passaggi, che finiscono per favorire, più o meno consapevolmente, un sostanziale immobilismo.
Torna alla mente Pasolini, con la sua sempre sconcertante attualità, quando affermava - si era allora nel ’55 - “viviamo in uno strano periodo, in cui l’urgenza dell’agire non esclude, anzi, richiede assolutamente l’urgenza del capire: mai un fare è stato in così immediata dipendenza da un conoscere”.

Tra le istituzioni, le associazioni di categoria e chi detiene competenze e conoscenze specifiche si deve rinnovare un vero e proprio “patto” per tenere la programmazione, il pensiero, il confronto al centro delle politiche pubbliche, introducendo nuovi stimoli e visioni, soprattutto laddove, con facilità, potrebbero attecchire stanchezza e generico senso di sopravvivenza.
Se analizziamo con attenzione alcune delle più conosciute e fortunate esperienze europee di trasformazione e sviluppo urbano, vediamo un lavoro che colpisce per continuità nel tempo, numero di attori coinvolti, individuazione chiara degli obiettivi e delle tappe con cui perseguirli. Sono certamente elementi sostanziali, forse anche apparentemente scontati, ma non sempre invece riscontrabili nelle nostre esperienze.
La condivisione di responsabilità non potrà che comportare una nuova consapevolezza anche da parte dell’architetto che, senza pensare di poter progettare i gusti e la vita delle persone, potrà dare un contributo rilevante per leggere tensioni e bisogni, e contribuire alla costruzione di una società capace di far convivere culture, realtà ed esigenze individuali e collettive diverse.

Le istituzioni pubbliche debbono avere consapevolezza del valore della comunità, del locale, senza tuttavia dimenticare che la città è inserita in altre reti e flussi concettuali e relazionali, che portano inevitabilmente a ripensare il rapporto spazio/società, perchè oggi non apparteniamo a una sola città, ma a sistemi di città. Sistemi che, come nel caso di Parma/Reggio/Modena, possono rappresentare una risorsa di grande valore competitivo.

I progetti presentati al Forum CittàEmilia dimostrano come le nostre città, nei processi di pianificazione, abbiano rivolto molta attenzione al rapporto con il cittadino, con l’opinione pubblica, tema tra l’altro ben indagato, attraverso alcuni casi di lavoro, anche da Cristina Bianchetti (2008), che evidenzia l’importanza della capacità di farsi ascoltare “per trasformare un pubblico disorientato in opinione consapevole e attiva”.
Il tema è dunque quello degli intrecci tra una geografia complessa e globale e le esigenze, le opportunità, le azioni degli individui.

In sostanza come può vivere e svilupparsi la società, la comunità nell’epoca delle reti?
Nuove forme organizzative legate al nucleo familiare si stanno affermando, utilizzando le reti come modello di uno stile di vita sostenibile, equo e solidale, attraverso movimenti “dal basso”, che ci aiutano a capire come il locale non è solo passivamente succube del globale ma, a suo modo, riesce a filtrarlo e persino ad influenzarlo di rimando.
Non tutto dunque si gioca nelle città globali di Saskia Sassen o con la creatività di Richard Florida

Il tema è proprio quello di come “reinventare” il tradizionale concetto di locale, perché sempre più frequentemente si afferma anche secondo meccanismi spontanei, ben consapevoli che occorra riattivare i valori e le relazioni dei sistemi locali in questo ampio e complesso sistema di reti e connessioni.
La città allarga i propri confini non più fisicamente, ma inserendosi all’interno di reti e flussi, partecipando a politiche e progetti con altri partner, mettendo in campo le proprie eccellenze e capacità organizzative.
Tutto questo deve influenzare le politiche pubbliche, per dare alle nostre comunità l’opportunità di aprirsi al mondo invece di rinchiudersi in mura fisiche, sociali e culturali.
Tra le riflessioni che ruotano intorno ai programmi del Festivalarchitettura questi temi sono presenti e dovranno esserlo sempre più, interrogandoci su quale ruolo, io credo assai rilevante, le nostre città possono avere in questo contesto, che le vede inserite in un forte e competitivo sistema regionale, all’interno di una politica europea che si misura con il mondo.

Dobbiamo avere più consapevolezza delle potenzialità dei nostri territori, poiché l’innovazione sta anche nella capacità di riuscire a far funzionare, attraverso nuovi modelli organizzativi/amministrativi, una coalizione di territori, eccellenze, buone e diffuse competenze e soggetti capaci di riuscire a superare una assai difficile fase economica e sociale e di contrastare concretamente la forte incertezza che segna il nostro futuro.
Certamente le risposte ai problemi delle città non sono mai uguali e non si possono automaticamente riprodurre, tuttavia proprio nei territori e nelle comunità queste risposte trovano per lo più la loro base. Quindi cornice globale e attenzione locale, ben sapendo che come è stato scritto, “…la vita quotidiana resta sempre la principale invenzione della città”.

 

Giordano Gasparini è direttore dell'Area Servizi alla persona del Comune di Reggio Emilia

Agricoltura e paesaggio

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