Tematica generale affrontata:
“TRADIZIONI DELL’ABITARE COMUNITARIO”
Evoluzione delle esperienze progettuali
Le risposte progettuali sono state molteplici non solo dal punto di vista tipologico - case operarie, villini per impiegati, case popolari - ma anche “urbanistico”, passando dalla semplice aggregazione degli edifici in microcosmi sovente recintati durante lo stato liberale, alla prefigurazione di un impianto urbano ordinato secondo assi ortogonali durante il regime fascista, nonché alla progettazione di quartieri compiuti nell’attuazione del piano INA-Casa, fino ad arrivare all’inserimento di singoli edifici all’interno dei PEEP.
In diversi casi - in particolare durante i primi decenni - l’intervento dello IACP non si inseriva all’interno dello spazio urbano, ma ne costituiva un frammento distaccato: l’intervento privato avrebbe poi provveduto a saldarlo con la città consolidata. Successivamente, con il dispiegarsi della prassi urbanistica, lo IACP opera negli spazi della città pianificata, portando ad un progressivo mutamento delle esperienze progettuali, che non dovevano più farsi carico di una prefigurazione urbana e comunitaria, demandata all’attuazione del Piano Regolatore.
case popolari, aggruppamento in via Montegrappa (inizio realizzazione 1933)
case popolari, aggruppamento in Villa S. Caterina (inizio realizzazione 1907)
Villaggio INA Sacca, planimetria di progetto (realizzazione 1957-65)
edificio in linea realizzato dallo IACP (1977)
Per l’Ordine degli Architetti di Reggio Emilia:
Relatore: Arch. Gloria Negri
Un’architettura è il riflesso di una comunità quando chi vi abita avverte il senso di radicamento al luogo, si identifica col contesto, ne condivide le regole e contribuisce spontaneamente alla sua conservazione.
L’intervento presenta e discute, alla luce di queste problematiche, le esperienze di edilizia sociale realizzate a Reggio Emilia dai primi decenni del ‘900 ai giorni nostri.
Dalle prime “Case per operai”, ai quartieri INA CASA e GESCAL degli anni 50/60 firmati da Albini e Manfredini, alle esperienze di Piacentini e della Cooperativa Architetti negli anni 60/70, agli strumenti dei P.E.E.P. e dei piani di recupero degli anni 90 e 2000, si illustrerà l’evoluzione del concetto di comunità e dei modelli urbani di riferimento.
1949-1963: il cantiere Ina-CASA. La comunità al centro del progetto
A cura di Michela Michelotti
All’interno delle città esistono ancora luoghi dalle potenzialità inespresse in quanto testimonianze di presenze storiche poco indagate . I quartieri e l’edilizia residenziale Ina- Casa – legge Fanfani n°43 /1949 finalizzata alla costruzione di case per lavoratori- oltre che costituire documento e memoria dell’architettura italiana del secondo dopoguerra , hanno assunto nel tempo un ruolo strutturante e aggregante di interi comparti urbani , successivamente sviluppatisi nello spazio circostante.
Inizialmente l’edilizia economico-popolare era alimentata da uno spirito paternalistico , attento ai bisogni dell’individuo e della famiglia , basandosi su modelli e sperimentazioni nordeuropee ; con il piano Ina-Casa la comunità diviene il tema fondamentale del progetto, elaborato secondo dettami, prescrizioni e modelli tipologici suggeriti dalla legge stessa , con risultati significativi per l’architettura italiana che finalmente si riscatta con modalità proprie.
Il tema della “comunità” può essere colto nella relazione tecnica del 1957 di Vittorio Gandolfi , architetto del quartiere Ina-Casa di “ Borgo Montanara” a Parma:
-“Borgo Montanara”occupa un’area di circa 13,5 ha. e forma un vero e proprio quartiere autonomo. Le quattro unità residenziali formano ampi ambienti interni isolati dal traffico, creati per la vita domestica delle famiglie e per la ricreazione e il gioco dei bimbi. Le attrezzature sociali–assistenziali sono dimensionate secondo la logica di vita del complesso delle 4 unità e secondo le caratteristiche dei borghi locali. Si è pensato quindi ad un unico centro del quartiere che, se anche snodato in diversi ambienti, forma la tipica piazza di borgo emiliano, nel quale si svolge la vita completa di una comunità-
Questi insediamenti comunitari composti , inseriti in spazi verdi attrezzati, dove si dispiegano le diverse varietà tipologiche degli edifici ,sono ancor oggi riconoscibili nei diversi contesti urbani sia per le inconfondibili composizioni planimetriche che per le modalità costruttive sostanzialmente omogenee dove i sistemi tradizionali e la cura del dettaglio si esprimono attraverso i suggerimenti ridolfiani contenuti nel Manuale dell’Architetto del 1946. Una rilettura , a distanza di decenni, degli esempi più significativi dei quartieri Ina-Casa a Parma può determinare la scoperta di alcuni insediamenti all’interno della città , espressione di una qualità architettonica che attualmente può rappresentare una potenziale risorsa per la riqualificazione urbana.
La stanza del laboratorio di ricerca rimane aperta alle critiche, ai contributi e alle domande dei visitatori. Interloquendo con i curatori entri a far parte di una ricerca intesa come processo partecipato di conoscenza ed interpretazione.