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ARCHITETTI NEL PAESAGGIO
Nella pur breve tradizione del Festival la trattazione degli autori ha sempre privilegiato la chiave della comprensione del mestiere, del contesto culturale, del processo di ricerca che ogni architetto di valore esprime non solo nelle opere ma anche nel disegno, negli scritti, nell’insegnamento, nei diversi modi di espressione del sapere e dei valori in cui crede. Da li deriva l’idea di un filone di ricerca dal titolo Storie di Architetti, che rappresenta un modo diverso, rispetto a quello di mostre ed eventi sempre più spesso agiografiche o promozionali, di stabilire con l’autore un rapporto conoscitivo più approfondito e retrospettivo. Superando la convenzione tardo-romantica di un architetto paesaggista ancora identificabile nella progettazione di parchi, giardini e verde in genere, il tema del paesaggio vorrebbe invece evocare alcune storie di architetti “non paesaggisti” ma che nel paesaggio hanno potuto svolgere un’affermazione peculiare della propria esperienza artistica. Come nella trattazione di un paesaggio della memoria, quello celebrato da EDVARD RAVNIKAR e BOGDAN BOGDANOVIC, autori di vaste e complesse opere monumentali e commemorative coinvolgenti la dimensione paesaggistica di numerosi luoghi dell’ex Jugoslavia. Dal paesaggio del Country Club alle Scuole Nazionali d’Arte dell’Avana ci riporta invece a un’altra storia, nel clima di una rivoluzione dove un gruppo di architetti, GARATTI, GOTTARDI, PORRO sperimentano tipi, forme e figure di un’espressione che ha cercato di interpretare le energie migliori del processo di cambiamento, quelle della funzione politica del valore critico e creativo dell’arte. Tutt’altra storia ancora si ricava dalla figura di JOHN HEJDUK, dove la ricerca sembra voler verificare se il più giocosamente “introverso” tra i Five Architects possa darci una straordinaria lezione di come l’idea di paesaggio attraversi e alimenti le diverse dimensioni del rivelarsi dell’architettura, da quella domestica a quella urbana. |
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