Scegli la Lingua

Festival dell'architettura

Ti trovi in: Home page > Archivio Magazine > Future memorie. L'ex ospedale psichiatrico di Palermo

Luciana Macaluso

Future memorie. L'ex ospedale psichiatrico di Palermo

Francesco Paolo Palazzotto, Nuovo manicomio di Palermo, Prospettiva a volo d’uccello, 1884 (Archivio Palazzotto) 
da: http://www.spazidellafollia.eu/it/disegni_architettonici/pa423 sito redatto dal gruppo di ricerca PRIN 2008 Seconda Università degli Studi di Napoli Cettina Lenza (Coordinatore Scientifico) - Università degli Studi di Palermo, Cesare Airoldi (Responsabile dell’Unità di Ricerca) - ZOOM

Francesco Paolo Palazzotto, Nuovo manicomio di Palermo, Prospettiva a volo d’uccello, 1884 (Archivio Palazzotto) da: http://www.spazidellafollia.eu/it/disegni_architettonici/pa423 sito redatto dal gruppo di ricerca PRIN 2008 Seconda Università degli Studi di Napoli Cettina Lenza (Coordinatore Scientifico) - Università degli Studi di Palermo, Cesare Airoldi (Responsabile dell’Unità di Ricerca)

Abstract

La memoria dell’ex manicomio di Palermo ha un futuro. Il riuso del complesso può svelare alla comunità urbana vicende quotidiane di chi fu chiamato “pazzo”, monumenti, paradisi ipogei, altre tracce storiche e una nuova permeabilità dei percorsi cittadini. Il progetto per il Palazzo della Vignicella, elaborato, fra altri, in una ricerca PRIN, più che una risposta è un’esplorazione delle potenzialità dell’opera e un contributo alla conoscenza dei principi architettonici a questa sottesi.


La città nella città

A Palermo, la prima “Real Casa dei Matti” fu fondata nel 1824 da Pietro Pisani, fuori le mura urbane occidentali, poco distante dal Palazzo Reale e da Porta Nuova, presso l’ex Noviziato dei Teresiani scalzi, nel piano dei Porrazzi[1]. Nel corso del XIX secolo, la psichiatria è progredita, i ricoveri sono aumentati. Di conseguenza, nel 1885, Francesco Paolo Palazzotto fu incaricato di progettare un “Nuovo Manicomio” in un’area di 25 ettari a circa un chilometro dalla sede precedente e a debita distanza dal nucleo storico, secondo il principio d’isolamento tipico di tali strutture[2].

Come una città, il manicomio di Palermo: è cinto da mura[3]; ha una forma urbis autonoma e riconoscibile[4]; è organizzato lungo un asse principale alberato che media il rapporto fra i padiglioni; sorge su un terreno con preesistenze storiche e agricole: il palazzo della Vignicella (XVI secolo), una chiesa barocca, i qanat (acquedotto del X secolo), i giardini, il parco dello Scibene e l’omonimo palazzo medievale; è connotato, almeno inizialmente, da una dialettica fra città e campagna; accoglie una vegetazione eterogenea[5]; si presenta come nucleo chiuso attorno al quale un altro tessuto urbano si è sviluppato, soprattutto dagli anni Cinquanta.

La sovrapposizione di una città sull’altra ha generato una dualità irrisolta, ricca di contraddizioni da condurre verso un’esperienza unitaria.

Stato di fatto, fra memoria e previsioni

In seguito all’approvazione della legge del 13 maggio 1978 n.180 che impose la chiusura dei manicomi e disciplinò il trattamento sanitario obbligatorio istituendo i servizi d’igiene mentale pubblici, i padiglioni furono progressivamente abbandonati. Alcuni, soprattutto siti in prossimità delle vie La loggia e Pindemonte, restano ancora oggi usati come presidio sanitario. Il Palazzo de La Vignicella è stato sgombrato e parzialmente restaurato divenendo, dal maggio 2007, visitabile su prenotazione. La memoria del suo ultimo uso resta viva nel forno in cui i malati panificavano, nella strumentazione medica storica esposta e in diverse fotografie e materiale ivi raccolto e ordinato. La parte basamentale dell’edificio e la piazza antistante sono abitate occasionalmente da speleologi e visitatori dei qanat. Più intenso è l’uso dei campi sportivi realizzati accanto alla Vignicella. Attigua all’ex convento, la chiesa a croce greca, dedicata a Santa Maria dell’Uscibene e intitolata più tardi a Santa Rosalia, è stata restaurata negli anni 90 del Novecento. Adiacente al complesso ecclesiastico, si estendeva la cosiddetta “colonia agricola” del manicomio, recentemente concessa in comodato d’uso dall’Azienda Sanitaria Provinciale di Palermo alla Cooperativa Sociale Solidarietà. È stato realizzato un vivaio ricco di piante grasse che costituisce, al contempo, un centro d’incontro a dimostrazione che il complesso urge di una sistemazione e che la città vuole appropriarsene.

La segregazione dell’ex-manicomio si acuisce soprattutto nella parte centrale del complesso e in quella lungo la via Altarello, dove cioè l’influsso urbano diviene più labile. Il margine nord, in particolare, confina con il quartiere di edilizia residenziale pubblica “Pitrè” progettato da Luigi Epifanio, costruito tra il 1949 e il 1951 fra le vie Pitrè e Altarello[6]. Insieme ad altri nuclei abitativi, questo era parte di una prima fase di espansione urbana che raggiunse l’apice durante gli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso. Il piano urbanistico per Palermo del 1962 accoglieva, inoltre, l’ipotesi, pianificata poco prima, della circonvallazione che confermò, rafforzandolo, il limite ovest del manicomio. Tale arteria esercitò un doppio ruolo. Da un lato, essendo parallela alla costa, interruppe i tracciati storici in direzione mare-monte che collegavano Palermo alle borgate extramoenia: l’area agricola attorno alla Vignicella, che si estendeva quasi in continuità con il parco dello Scibene, fino a Boccadifalco fu divisa dalla circonvallazione; i campi rurali furono saturati dall’edilizia e da strutture per lo sport; la via Altarello (tracciato storico di collegamento fra Palermo, Altarello e Baida) perse il suo ruolo nel territorio. Dall’altro lato, la circonvallazione divenne l’elemento generatore di una città nuova che in pochi anni fagocitò la strada stessa trasformandola da asse a scorrimento veloce a “viale urbano”, “terzo asse di fondazione”[7]. Il complesso ospedaliero fu quindi circondato da un tessuto urbano “estraneo” che, come le residenze pubbliche “Pitré”, gli volgeva i retro prospetti.

Il piano regolatore vigente prevede nell’area “spazi e attrezzature pubbliche di interesse generale”, in particolare ospedali e luoghi di cura e attrezzatura museale, culturale ed espositiva in qualche modo connessa con un parco urbano che si estende a ovest della circonvallazione e diviene “verde pubblico” in prossimità dello Scibene.

Oltre il binomio forma-funzione

L’organizzazione enciclopedica del sapere ottocentesco, lo sviluppo della manualistica, l’industrializzazione, i progressi della tecnica, l’igienismo e la costruzione della città borghese sono alcune delle ragioni che hanno condotto a binomi specifici, apparentemente univoci, di forme e funzioni. Il cimitero, il carcere, il macello, il teatro, il manicomio sono edifici realizzati per funzioni precise. Tuttavia, persino i cimiteri, in certi casi, divengono giardini o luoghi d’arte, quelli monumentali, o addirittura, in condizioni estreme come a Navotas, nelle Filippine, a causa della povertà e della mancanza di spazio, sono abitati[8]. «In tutte le città» scrive Aldo Rossi «esistono dei grandi palazzi, o dei complessi edilizi, o degli aggregati che costituiscono dei veri pezzi di città e la cui funzione è difficilmente quella originaria. Io ho presente ora il Palazzo della Ragione di Padova […] si resta colpiti dalla pluralità di funzioni che un palazzo di questo tipo può contenere e come queste funzioni siano per così dire del tutto indipendenti dalla sua forma e che però è proprio questa forma che ci resta impressa, che viviamo e percorriamo e che a sua volta struttura la città»[9]. La forma permane, come materia fisica e come memoria di precedenti esperienze vissute, usi, ruoli che ha avuto l’edificio nell’immaginario di ogni cittadino. “Si’ cosa di Vignicedda!”, “Vatinni’ a Vignicedda!” oppure l’allusione alla via Pindemonte, a Palermo, sono esortazioni rivolte a chi dia segni di follia o di stravaganza. È evidente che il manicomio abbia una particolare posizione nella mappa topografica e semantica delle rappresentazioni sociali[10] di cui la conversione in attrezzature pubbliche dovrebbe tener conto. Il rilievo dello stato di fatto includerà le quantità metriche espresse in centimetri o metri e, al tempo stesso, le loro “alterazioni qualitative” impresse nel tempo dalla memoria e dai pregiudizi.

Due ricerche in progettazione architettonica svolte presso l’Università di Palermo

L’eterogeneità delle questioni aperte (come la trasformazione delle borgate storiche e il nuovo viale urbano della circonvallazione[11]) ha fatto convergere sull’ex ospedale psichiatrico di Palermo l’attenzione di più gruppi di studio della Facoltà di Architettura di Palermo, poi Dipartimento di Architettura[12]. In particolare, Pasquale Culotta e Cesare Ajroldi sono stati rispettivamente responsabili scientifici per le unità dell’Università di Palermo nell’ambito di due Programmi di Ricerca di Interesse Nazionale (PRIN), il primo finanziato nel 2002, il secondo nel 2008[13].

Pasquale Culotta ha invitato trentaquattro gruppi italiani e stranieri a elaborare “progetti-sonda”[14], secondo un metodo in cui il progetto è un processo di acquisizioni, errori e sintesi capaci di offrire una chiave interpretativa.

Le proposte raccolte da Culotta per il “Centro di coordinamento e documentazione” fra la Vignicella e la circonvallazione sono future memorie per azioni possibili poiché indicano «atteggiamenti […] diversi da mantenere nei confronti della strada (unicità, frammentarietà, linearità, successione puntiforme, allineamenti, attraversamenti, scavalcamenti) e nella creazione delle connessioni con le “contiguità” urbane (molteplicità di spazi aperti, integrazione di spazi d’uso pubblico, continuità e discontinuità dei tracciati)»[15] .

In modo diverso, il workshop organizzato da Cesare Ajroldi s’innesta come sperimentazione progettuale nell’ambito di una catalogazione storica dedicata ai manicomi italiani, fra cui quello palermitano. Ajroldi coinvolge nella fase progettuale[16], gruppi provenienti da Milano, Napoli e Reggio Calabria e dottori del Dottorato in Progettazione architettonica di Palermo che avevano lavorato nell’ambito del Restauro del Moderno[17].

La Vignicella come cerniera urbana

Nell’ambito del tema del workshop “Monumento, progetto, geometria” proposto da Cesare Ajroldi, si è disegnato un nuovo ingresso alla Vignicella che nel 1560 era chiamata “La Villa”[18]. La variazione toponomastica suggerisce come nel tempo l’edificio abbia perso parte della propria monumentalità. Tuttavia, il prospetto orientale dell’opera è memore dell’antico rigore compositivo: le finestre si aprono secondo una simmetria assiale, la dimensione verticale del fronte prevale e il volume si erge isolato e compatto, privo di superfetazioni. Allargando lo sguardo, si riconosce il ruolo cardine di questo blocco quasi in asse con l’ospedale psichiatrico. Da una vista a volo d’uccello gli edifici appaiono immersi nella vegetazione che, in un’estensione apparentemente ininterrotta, prefigura una continuità di “parco” inesistente nello stato di fatto, anche a causa di alcuni salti di quota. Considerando un intorno vasto, dall’alto, l’unica cesura evidente sembra la circonvallazione. Il terreno piantumato, a tratti incolto, si estende fino alle falde di Monte Cuccio sulla piana di Boccadifalco.

Il palazzo della Vignicella può avere un ruolo decisivo nella trasformazione di quest’immagine satellitare virtuale, e di alcune indicazioni del Piano Regolatore Generale, in un’esperienza concreta, a misura umana. Per perseguire quest’obiettivo il primo passo è il potenziamento della monumentalità de “La Villa”. Si propone, quindi, di ripristinare il volume originario eliminando i corpi bassi aggiunti a nord e a ovest e i recinti. In questo modo l’architettura emerge in maniera netta e unitaria dal suolo e il prospetto ovest riacquista un rapporto dimensionale fra altezza e larghezza adeguato al suo ruolo urbano. Inoltre, si aggiunge una passerella che, scavalca la circonvallazione e collega il primo piano della Vignicella a un parcheggio[19]. A questo livello si situa la hall di ingresso al museo cui è destinato l’edificio e che si è tentato di allestire da anni per conservare la memoria del luogo. Scale e ascensori all’interno de “La Villa” connettono il parcheggio, la hall, il parco e i qanat[20]. L’ingresso est acquista un ruolo fondamentale nel raccordo delle diverse quote. Si sostituisce lo scalone di accesso esistente con un nuovo basamento compatto che esalta il prospetto e sovrasta un vestibolo scavato. Il materiale, pietra calcarea a vista, anticipa il carattere fisico dei sotterranei. Una scala collega la quota della piazza, dove si trova la chiesa, al patio sottostante. La discesa alla quota più bassa è accompagnata dal fruscio dell’acqua che scorre da una vasca sulla parete opposta alla scala. Lo specchio d’acqua, oltre a costruire l’atmosfera del patio, è indispensabile a rendere superfluo un parapetto che dalla piazza frammenterebbe l’immagine del basamento. Dal patio due varchi conducono alla biglietteria per la visita ai qanat, dove la luce si riduce.

Il progetto vuole potenziare la memoria di una parte dell’ex ospedale e tramandare la forma de “La Villa”; si sviluppa a scala architettonica, ma è l’avvio di un cambiamento ampio[21]. Il propagarsi di quest’azione, infatti, può risolvere la dualità della “città nella città” e condurre verso una rinnovata fiducia nel progetto, alle sue diverse scale dimensionali.



[1] Sulla Real Casa dei Matti e su Pietro Pisani, si rimanda a P. Pisani, Istruzioni per la novella Real casa dei matti, Palermo 1827; B. Serio, Biografia di Pietro Pisani, Palermo 1839; A. Barbato, G. Agnetti, La Real Casa dei Matti di Palermo: trattamento morale e politica istituzionale nei primi decenni dell’Ottocento, in A. De Bernardi (a cura di), Follia, psichiatria e società, Franco Angeli, Milano 1982, pp.211-246; A. Barbato, G. Agnetti, Il Barone Pisani e la Real Casa dei Matti, Sellerio, Palermo 1987.

[2] Per una descrizione dell’opera si rimanda alla relazione di progetto dello stesso Palazzotto, F.P. Palazzotto, Cenni sul progetto del nuovo manicomio di Palermo, in «Il Pisani, appendice», 1898, pp.2-3 e ai saggi di Maria Teresa Marsala, M.T. Marsala, Un percorso storico nella “Città dei matti” di Palermo: dalla Real Casa (1824) al Nuovo manicomio (1885), in Il Manicomio di Palermo. L’istituzione, il vissuto, la svolta, Medina, Palermo 1999, pp.17-69, M.T. Marsala, L’ospedale psichiatrico (1885-1937) di Palermo: “un’architettura dimenticata” da recuperare, in Pasquale Culotta, Andrea Sciascia, Archivi dell’architettura del XX secolo in Sicilia. Il centro di coordinamento e documentazione, L’Epos, Palermo 2006, p.29 e sgg., M.T. Marsala, Nuovo manicomio Pietro Pisani di Palermo, in Cesare Ajroldi, Maria Antonietta Crippa, Gerardo Doti, Laura Guardamagna, Cettina Lenza, Maria Luisa Neri (a cura di), I complessi manicomiali in Italia tra Otto e Novecento, Electa, Milano 2013, p.322 e sgg.

[3] La cinta muraria si estende lungo le vie Pindemonte, Gaetano La Loggia, Altarello e il viale Regione Siciliana (la circonvallazione di Palermo). Nel progetto originario del complesso «non era prevista la continuità della recinzione perimetrale poi sistemata seguendo gli allineamenti dell’impianto», M.T. Marsala, op. cit., Milano 2013, p.322. Le mura attualmente sono interrotte solo in corrispondenza del palazzo dell’amministrazione e della clinica neurologica che costituiscono un tramite spaziale e funzionale rispetto alla città, sono anche gli unici edifici con fronte urbano.

[4] Nella prima versione del progetto di Palazzotto, l’esedra era doppia e simmetrica sui lati ovest ed est.

[5] Cfr. Francesco Maria Raimondo, Il patrimonio vegetale del parco dell’ospedale psichiatrico “P. Pisani”, in op. cit., Medina, Palermo 1999, p.239 e sgg.

[6] Luigi Epifanio, I.A.C.P. Case popolari, in Gianni Pirrone, Palermo, Vitali e Ghianda, Genova 1971, pp.130-131.

[7] Pasquale Culotta, Vincenzo Melluso, Un viale urbano di 120 Km, Medina, Palermo 1998; AA.VV., Palermo. Il terzo asse di fondazione, L'Epos, Palermo 2005.

[8] Death in the city: what happens when all our cemeteries are full?, «theguardian», 21.01.2015.

[9] Aldo Rossi, L’architettura della città, Città Studi, Milano 1995, pp.21-22, (I ediz. Venezia, 1966).

[10] Vincenzo Sanfilippo, Rosangela Magazzù, La riconversione dell’ospedale psichiatrico di Palermo. Risorse e strumenti per una progettazione partecipata, in op. cit., Medina, Palermo 1999, p.147.

[11] Cesare Ajroldi (a cura di), Le borgate di Palermo, Sciascia editore, Caltanissetta-Roma 1984; AA.VV., op. cit., L'Epos, Palermo 2005.

[12] Si ricorda lo studio “Le città die Matti“: un percorso cognitivo per il riuso die manicomi (MURST 60%, 1997, Dipartimento di Città e territorio) cui ha partecipato Maria Teresa Marsala.

[13] PRIN 2002 “Gli archivi del progetto di urbanistica, architettura e design; spazi, organizzazione e gestione”, Coordinatore nazionale Antonio Piva, Politecnico di Milano, Responsabile scientifico dell’unità di Palermo Pasquale Culotta. In: Pasquale Culotta, Andrea Sciascia, op. cit., Palermo 2006.

PRIN 2008 “I complessi manicomiali in Italia fra Otto e Novecento. Atlante del patrimonio storico-architettonico ai fini della conoscenza e della volorizzazione”, Coordinatore nazionale Cettina Lenza, Seconda Università di Napoli, Responsabile scientifico dell’unità di Palermo Cesare Ajroldi. In: Cesare Ajroldi, Maria Antonietta Crippa, Gerardo Doti, Laura Guardamagna, Cettina Lenza, Maria Luisa Neri (a cura di), op. cit., Milano 2013.

[14] Pasquale Culotta, La sonda del progetto per un Centro di coordinamento e documentazione degli archivi dell’architettura del XX secolo in Sicilia, in Pasquale Culotta, Andrea Sciascia, op. cit., Palermo 2006, p.11-15.

[15] Ivi, p.14.

[16] Cesare Ajroldi, Progetto e restauro: workshop a Palermo, in Cesare Ajroldi, Maria Antonietta Crippa, Gerardo Doti, Laura Guardamagna, Cettina Lenza, Maria Luisa Neri (a cura di), op. cit., Milano 2013, p. 347.

[17] Cfr. i quaderni di dottorato curati da Emanuele Palazzotto (a cura di), Esperienze nel restauro del Moderno, Franco Angeli, Milano 2013; Il restauro del Moderno in Italia e in Europa, Franco Angeli, Milano 2011; Il progetto nel Restauro del Moderno, L’Epos, Palermo 2007.

[18] Il progetto di un Nuovo ingresso alla Vignicella è stato elaborato da Tomaso Garigliano e Luciana Macaluso.

[19] Sia l’attraversamento pedonale della circonvallazione che il parcheggio sono previsti dal P.R.G.

[20] In quest’ambito i qanat, canali arabi, sono visitabili e caratterizzati a tratti da una sezione che consente di camminare al loro interno. Il cunicolo, profondo circa 12 metri e con un’altezza media di 80 cm, segue le conformazioni del terreno, mostra i segni di lavorazione della roccia calcarea da parte dei muqanni e giunge a una camera circolare ampia e illuminata dall’alto da un occhio che corrisponde, all’esterno, a una delle aperture necessarie al funzionamento dell’acquedotto. I canali portavano l’acqua in superficie intercettando le falde naturali del terreno.

[21] Cesare Ajroldi, op. cit., Milano 2013, p.352.


Bibliografia

AA. VV., (1999), Il Manicomio di Palermo. L’istituzione, il vissuto, la svolta, Palermo.

AA. VV., (2005), Palermo. Il terzo asse di fondazione, Palermo.

Ajroldi C., Crippa M. A., Doti G., Guardamagna L., Lenza C., Neri M. L. (a cura di), (2013), I complessi manicomiali in Italia tra Otto e Novecento, Milano.

Catalano S., (2008), Le stanze ferite. Dalla Real Casa dei Matti al Manicomio di Palermo, Palermo.

Culotta P., Sciascia A., (2006), Archivi dell’architettura del XX secolo in Sicilia. Il centro di coordinamento e documentazione, Palermo.

Dotto G.,(1928), Discorso per il primo centenario dell’Ospedale psichiatrico di Palermo, in “Il Pisani. Giornale di patologia nervosa”, vol. XLVIII, fasc. I, gennaio-giugno.

Gambino G., (1928), Il Manicomio di Palermo, quale è stato e quale dovrebbe essere, Palermo.

Mazzè A., (1998), Tipologia ed arredo nella Real Casa dei Matti di Palermo nel progetto di Pietro Pisani, in Id, Edilizia sanitaria a Palermo dal XVI al XIX secolo, Palermo.

Misuraca G., (1900), Il nuovo manicomio di Palermo - arch. F. Palazzotto, in “L’Edilizia Moderna”, X, VI.

Palazzotto F. P., (1898), Cenni sul progetto del nuovo manicomio di Palermo, in «Il Pisani, appendice».

Pipitone G., (1892), Il Manicomio di Palermo all’Esposizione, in “Palermo all’Esposizione Nazionale 1891-92”, Palermo.


Biografia

Architetto, studia a Palermo (UniPa) e a Barcellona (ETSAB). Nel 2011 è Dottore di Ricerca in Progettazione architettonica presso l’Università di Palermo. Nel 2014 è vincitrice di una borsa di studio post-dottorato alla Leibniz University di Hannover. Ha insegnato alle Università di Palermo e di Parma; attualmente lavora presso il Dipartimento di Architettura di Palermo.

Tra le sue pubblicazioni: La Chiesa Madre di Gibellina (Officina, Roma 2013); Rural-urban Intersections (MUP, Parma 2016); Concilio Vaticano II e progetto urbano. Le chiese di San Raffaele Arcangelo e San Giovanni Evangelista a Palermo, (in Architettura cultuale nel Mediterraneo, Franco Angeli, Milano 2015).

Progetto per piazza della Vignicella e del basamento - ZOOM

Progetto per piazza della Vignicella e del basamento