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Sei tesi di dottorato in progettazione architettonica e urbana

DOI:10.12838/issn.20390491/n30.2014/edit

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Editoriale
Dove sta andando la ricerca nei dottorati di progettazione architettonica in Italia?


Tra ottobre e novembre del 2014 si sono svolti in Italia, a Parma e Venezia, due importanti incontri sui dottorati di ricerca della progettazione architettonica. Uno, il primo, – svoltosi nell’ambito delle manifestazioni del decennale del Festival dell’Architettura 2004-2014 e più circoscritto alla Composizione architettonica e urbana e al suo insegnamento d’eccellenza[1] –, ha visto alternare alle presentazioni delle ricerche (che compongono il numero 30 di FAmagazine) momenti di dibattito sui corsi di dottorato in progettazione/composizione architettonica. L’altro, il secondo, più sistematico nel voler affrontare il problema generale della massima formazione accademica nei diversi settori dell’architettura, della pianificazione urbanistica e del design[2], si è svolto all’IUAV di Venezia in un convegno di due giorni denso di spunti operativi.

Entrambi i momenti hanno offerto la formula consolidata dell’esposizione delle ricerche e dei momenti di dibattito focalizzati sia sulle ricerche stesse che sulle problematiche specifiche dei dottorati di ricerca che, in Italia, sono stati investiti, insieme all’intero sistema universitario, da una razionalizzazione finalizzata sostanzialmente alla riduzione dei costi.

La rivista FAmagazine, in virtù dell’importanza che ricoprono i dottorati (e i dottorandi) nell’alimentare le riflessioni tematiche sulla progettazione, dedica due numeri monografici alla formazione dottorale nella disciplina del progetto, ed in particolare della Composizione architettonica urbana. Un primo numero (questo) espone alcuni temi estrapolati dalle ricerche che gli autori stanno conducendo (o hanno condotto) all’interno dei rispettivi corsi, mentre un secondo affronterà i problemi del dottorato di ricerca nel panorama dei mutamenti, storici, culturali e sociali, non ultimi quelli imposti dalle normative sopracitate.

Due numeri che cercheranno di restituire al panorama internazionale la specificità della ricerca italiana nella composizione/progettazione architettonica.

Gli articoli che seguono consentono di valutare, seppur parzialmente, lo stato dell’arte della ricerca d’eccellenza nel campo della disciplina compositiva in Italia.

Da quando sono stati istituiti i corsi di dottorato in Italia nel 1980[3] – il cui compito è principalmente formare ricercatori capaci ancor prima che docenti universitari –, la ricerca sviluppata all’interno di tali corsi ha consentito di aprire ambiti di riflessione molto importanti per il sapere disciplinare, come ad esempio il rapporto architettura/città e architettura/territorio l’analisi degli strumenti e delle tecniche del comporre alle diverse scale, ai principi della costruzione.

Il Dottorato di ricerca ha molteplici utilità: per il dottorando stesso che, oltre alla preparazione disciplinare, utilizzerà i prodotti della ricerca negli anni successivi (nella maggioranza dei casi, infatti, la tesi di dottorato è la prima pubblicazione completa ed approfondita del ricercatore e futuro docente); per le Università che vedono incrementato un “bacino di pescaggio” di risorse umane altamente preparate (salvo poi non offrirgli reali opportunità di reclutamento); per la ricerca disciplinare che vede arricchita e sondata la moltitudine di tematiche secondo metodologie specifiche.

Tali ricerche, che costituisco per il ricercatore il banco di prova di un attitudine alla ricerca e all’insegnamento, sono una finestra sul futuro della ricerca universitaria stessa e come tali in grado di offrire un’idea della direzione futura in un preciso campo disciplinare. Inoltre, possiamo valutarne le caratteristiche specifiche e trarne valutazioni in termini di identità o riconoscibilità a livello di singole Scuole oppure dell’intero sistema Paese.

Se ciò è vero, seppur in un panorama limitato a 5 sedi dottorali, dal presente numero di FAmagazine possiamo desumere alcune considerazioni. È bene premettere, però, che se la responsabilità della selezione delle sedi è solo nostra, quella della scelta delle tesi è del coordinatore del dottorato a cui abbiamo chiesto di indicarci una ricerca (terminata o in corso di ultimazione) che fosse particolarmente dimostrativa di un interesse tematico e di uno svolgimento metodologico che contraddistingue il corso di dottorato.

Sei ricerche

La prima tesi pone il tema della trasmissibilità disciplinare all’interno dei contesti diversi delle Scuole di architettura come momento autoriflessivo in cui chi sta imparando a trasmettere riflette su come poter trasmettere. Nell’insegnamento del progetto di architettura quest’ultimo si afferma come momento centrale dell’apprendimento con l’importante funzione di sintesi dei saperi compositi, teorici e pratici, che compongono la formazione dell’architetto. L’insegnamento avviene secondo metodologie (strumenti e tecniche) caratteristiche delle Scuole (il Bauhaus, piuttosto che Valparaiso) ma ancor più caratteristiche di un tempo denotativo della Scuola legata ad una specifica figura di docente mentore (l’Architectural Association di Alvin Boyarsky o la Cooper Union di John Hejduk) come dimostra la tesi di Tommaso Brighenti.

L’importanza del rapporto tra manifesti teorici e architetture realizzate oppure tra critica (o autocritica) e progetto viene invece ribadita nell’articolo di Emanuela Giudice, la quale ricava un abaco di procedimenti compositivi seguendo il filo di un dibattito particolarmente felice della storia dell’architettura americana (con importanti influenze anche sull’Italia) circoscritto nella contrapposizione solo apparente tra Whites (Eisenmann, Hejduk, Meier, Graves e Gwathmey) e Grays (Moore, Venturi e Scott Brown).

Gli studi di morfologia urbana, alla base di una tradizione di ricerca condotta nel Secondo Dopoguerra in Italia, sono al centro dell’articolo di Anna Rita Amato, la quale individua una identica matrice tipo-morfologica nello sviluppo della città sudamericana sia essa frutto di pianificazione programmata, (definibile come città formale o formalmente prestabilita) sia essa frutto di processi spontanei di autocostruzione (definibile come città informale). Ciò rientra nella definizione data da Guido Canella di “tipologia come invariante della morfologia”: in altre parole la stessa tipologia a corte, che caratterizza i tessuti urbani e che è identificabile come invariante, sarebbe responsabile della forma urbana anche di quella città che si costruisce spontaneamente pezzo per pezzo, come nel caso della città informale delle favelas latino americane.

Vi sono poi due articoli, derivati da altrettante tesi sviluppate in due diverse scuole di dottorato, che hanno come oggetto di indagine il progetto di Auguste Perret per Le Havre, ma portato ad esemplificazione di due sguardi opposti: dalla città, quello di Andrea Calgarotto e dal territorio, quello di Antonio Nitti. L’articolo di Calgarotto verifica attraverso il progetto di Perret il concetto di misura nella progettazione dell’architettura della città. In particolare individuandone una derivata, la giusta misura, come valore qualitativo più che quantitativo in grado di relazionare le differenti parti del progetto sia tra di loro sia dell’intero progetto nei confronti della città. Concetto, quello di giusta misura, che ricorda la nozione di distanza interessante coniata da Solà Morales.

L’articolo di Nitti, al contrario, considera il progetto di Perret a partire dalle relazioni che esso instaura con l’ambiente naturale circostante. Ovviamente ciò è possibile mediante un’inversione tra pieno e vuoto del progetto di Perret che in un’operazione alla Colin Rowe viene analizzato dal non costruito del progetto. Gli spazi aperti come piazze, strade, corti, ecc., sono riferibili ad una geografia naturale del luogo circostante introiettata nell’urbanità del progetto.

Al di la dell’approccio diverso scaturito dalle differenti metodologie della ricerca è da sottolineare l’interesse ancora vivo nel rapporto tra architettura e città, ma soprattutto nel disegno urbano inteso come progetto di architettura di un’ampia parte di città.

Infine una tesi, condotta da Paolo Strina, che nasce da una specifica contingenza; il finanziamento, da parte della Comunità Europea mediante i fondi strutturali di sviluppo regionale, di una borsa di ricerca sulle politiche di rigenerazione nel contesto delle città dell’Emilia Romagna dal titolo “Progettare il costruito: nuovi modelli a qualità integrata per la città compatta”.

La rigenerazione delle città proposta nella tesi avviene utilizzando tecniche di densificazione dello spazio costruito attuate mediante la costruzione di nuove centralità urbane; ossia di organismi architettonici, costruiti o non costruiti, in grado di catalizzare il processo di rigenerazione del tessuto e, per osmosi, dell’intera città.

Sei tesi, concludendo, che sono la dimostrazione pratica della continuità (in opposizione alla crisi) nei confronti delle teorie fondative che i maestri riformatori del pensiero architettonico italiano del Novecento (da Ernesto Rogers a Giuseppe Samonà, a Ludovico Quaroni) hanno consegnato alla storia – non solo scritta e non solo italiana – dell’architettura moderna.



Enrico Prandi


[1] La Composizione architettonica nei dottorati di ricerca, a cura di Enrico Prandi e Marco Maretto, Palazzo del Governatore, 5 novembre 2014. Hanno partecipato i dottori/dottorandi Paolo Strina, Progettare il costruito: nuovi modelli a qualità integrata per la città compatta, Dottorato in Ingegneria Civile e Architettura, Curriculum in Architettura e Città, Università di Parma – Antonio Nitti, La geografia come monumento. Il progetto di Auguste Perret per Le Havre, Dottorato in Architettura, Università di Bologna – Annarita Amato, Architettura di recinti e città contemporanea, Dottorato DRACO, La Sapienza Università di Roma – Tommaso Brighenti, L’insegnamento della composizione architettonica, Dottorato in Composizione Architettonica, Politecnico di Milano – Emanuela Giudice, Lectures. Strumenti, metodi e applicazioni compositive nell’architettura tra Whites e Grays, Dottorato in Architettura Storia e Progetto, Politecnico di Torino – Andrea Calgarotto, Piano architettura composizione: corrispondenze possibili. Auguste Perret e la ricostruzione di Le Havre, Dottorato in Architettura, Città, Design - Curricula in Composizione architettonica, Università IUAV di Venezia e i docenti Giovanni Marras, IUAV, Venezia, Enrico Prandi, Parma, Carlo Manzo, Napoli, Marco Trisciuoglio, Torino, Francesco Saverio Fera, Cesena.

[2] La ricerca che cambia, convegno nazionale dei dottorati italiani dell'architettura, della pianificazione e del design, a cura di L. Fabian e M. Marzo, Venezia 19-20 novembre 2014 (vedi link http://www.iuav.it/SCUOLA-DI-/SCUOLA/attivit--c/---anno-20/La-ricerca/index.htm)

[3] Decreto Presidente Repubblica 11 luglio 1980, n. 382. Riordinamento della docenza universitaria, relativa fascia di formazione nonché sperimentazione organizzativa e didattica.


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