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Marta Caldeira

Manuel Solà-Morales e la Pedagogia Urbana all'ETSAB

L'educazione di un "Architetto-Urbanista"

Manuel Solà-Morales, Las Formas de Crecimiento Urbano, manuale di Urbanística I (edizione del 1997)

Manuel Solà-Morales, Las Formas de Crecimiento Urbano, manuale di Urbanística I (edizione del 1997)

Abstract
In qualità di docente, fondatore e direttore del Laboratori d’Urbanisme de Barcelona presso la ETSAB dal 1969 al 2012, l’architetto e urbanista spagnolo Manuel Solà-Morales ha curato la riforma chiave della pedagogia urbana della scuola di Barcellona. Deciso a superare la tendenza tecnocratica che aveva contraddistinto l’architettura e la pianificazione spagnola durante l’ultimo decennio del regime di Franco, l’obiettivo di Solà-Morales fu la formazione di quello che definì l’‘architetto-urbanista’ attraverso un programma propedeutico che accorpava architettura e urbanistica in un’unica disciplina. Sotto l’egida della morfologia urbana, il nuovo corso di Urbanística impartito dal corpo docente del LUB diede il via allo studio della città e della sua storia come base principale di ogni progetto architettonico e urbano.1

Nel 1971 l’architetto e urbanista spagnolo Manuel Solà-Morales inaugurò il corso di Urbanística I, il nuovo insegnamento dedicato allo studio della forma urbana presso la Escuela Técnica Superior de Arquitectura de Barcelona (ETSAB). Dopo aver ottenuto la catedra e aver fondato l’unità di ricerca Laboratori d’Urbanisme de Barcelona (LUB) nel 1969, Solà-Morales iniziò a collaborare con Manuel Ribas Piera, l’unico altro docente nel dipartimento di Urbanistica della scuola. Solà-Morales arrivò al dipartimento di Urbanistica in un momento di imminente transizione: la ETSAB era divenuta famosa alla fine degli anni Cinquanta per quello che Oriol Bohigas aveva definito “nou realisme”, ma ora si attendeva da tempo una riforma della pedagogia urbana. Insieme, Solà-Morales e Ribas Piera decisero che il vecchio corso di studi di Urbanistica, che offriva all’ultimo anno pianificazione urbana come possibile area di specializzazione, doveva essere sostituito da un nuovo approccio pedagogico. I due docenti pensarono quindi di riformare interamente l’insegnamento di urbanistica e di riorganizzare il curriculum del corso di laurea in architettura: a loro avviso era necessario che urbanistica diventasse un corso propedeutico, obbligatorio per tutti gli studenti di architettura che iniziavano i loro studi presso la ETSAB2.
Le direttive del dipartimento stabilivano che il nuovo programma doveva concentrare l’attenzione sugli aspetti di urbanistica più direttamente inerenti alla pratica architettonica, ispirando il famoso motto della ETSAB “urbanistica per architetti”3. Solà-Morales, però, propose una svolta significativa: anziché adattare il corso di studi in urbanistica in modo da soddisfare i bisogni degli architetti, il nuovo corso mirava a formare lo studente quale nuovo tipo di professionista, l’“architetto-urbanista”. Il corso messo a punto da Solà-Morales e dal corpo docente del LUB4 avrebbe d’ora in poi introdotto ogni nuovo studente allo studio della forma architettonica e urbana come bagaglio di conoscenze unico e accorpato. Con l’introduzione della sua interpretazione critica della morfologia urbana, il corso di Urbanística I del 1971 presso la ETSAB segnò pertanto l’istituzionalizzazione del discorso sull’architettura e la città nella pedagogia urbana iberica.

La profonda trasformazione pedagogica operata da Solà-Morales presso la ETSAB dopo un periodo di studio formativo all’estero consisteva nella sua personale risposta critica allo stato della pianificazione urbana spagnola. Le tappe del suo tirocinio e dei suoi studi universitari – l’ufficio romano di Ludovico Quaroni e il corso di progettazione urbana ad Harvard con Josep Lluis Sert – l’avevano messo a contatto con il centro dei dibattiti sulla pianificazione urbana nei primi anni Sessanta. Sia le idee di Urbanistica in Italia sia quelle di Urban Design di Harvard rappresentavano una disciplina in cui architettura, pianificazione e urbanistica convergevano in un’unica pratica, intrisa di valori sociali e saldamente fondato nella realtà. Subito dopo il suo ritorno in Spagna, Solà-Morales fu invece testimone della problematica distribuzione dei compiti nella pianificazione spagnola. Durante la lezione magistrale tenuta per l’ottenimento della docenza nel 1968, Solà-Morales attaccò la figura del “pianificatore-tecnico” come “colui che conosce i mezzi più adatti per ogni obiettivo” ma non ha voce in capitolo in merito ai “fini”5. Incluso nella lezione di Solà-Morales, tale attacco rappresentava una critica tagliente rivolta alla divisione tecnocratica tra i poteri ideologici e quelli esecutivi esercitata a quel tempo nella pianificazione spagnola. Sin dalla fine degli anni Cinquanta, le strategie adottate dall’amministrazione di Franco per lo sviluppo economico conosciute come “desarrollismo” avevano trasformato drasticamente il paesaggio demografico del paese. Nel quadro di queste politiche, lo stato franchista fu responsabile sia di una politica urbanistica aggressiva volta allo sviluppo economico, sia della gestione delle infrastrutture pubbliche6. “Ciò che accadde come conseguenza - osservò lo storico Javier Tusell - fu che la popolazione spagnola divenne urbanizzata”7.
Tuttavia, verso la fine degli anni Sessanta la realtà della maggior parte dei centri urbani spagnoli rispecchiava ben poco gli iniziali e ambiziosi obiettivi delle pianificazioni. Nonostante la crescente pressione demografica nelle aree urbane, nessuno dei nuovi piani territoriali e metropolitani venne attuato. Secondo il sociologo spagnolo Jordi Borja, il fallimento del “desarrollismo” fu una conseguenza del modello tecnocratico adottato dall’amministrazione: la ben intenzionata seppur difettosa pianificazione metropolitana - che, secondo Solà-Morales, mancava completamente di metodologia8 - alla fine favorì interventi parziali che trasformarono il territorio urbano in un insieme di interessi privati in conflitto tra di loro9. Dunque il “pianificatore-tecnico” di Solà-Morales, nella sua eccellenza tecnica e astensione dal giudizio, era la rappresentazione professionale di quell’apatia politica che contraddistingueva la tecnocrazia del “desarrollismo”. Secondo Solà-Morales, tale situazione richiedeva una riorganizzazione ideologica di fondo delle pratiche urbane: la nuova formazione dell’architetto e del pianificatore spagnolo come “architetto-urbanista” basata sul programma di morfologia urbana impartito presso la ETSAB.

L’iniziale modello pedagogico e di ricerca messo in pratica da Solà-Morales nel corso di Urbanística può essere fatto risalire alla trasposizione critica del modello di insegnamento di urbanistica adottato presso l’Istituto Universitario di Architettura di Venezia (IUAV) negli anni Sessanta. Nel metodo didattico centrato sul rapporto tipologia-morfologia proposto inizialmente da Saverio Muratori e sviluppato successivamente da Carlo Aymonino e Aldo Rossi, Solà-Morales trovò la desiderata combinazione tra metodo scientifico analitico e una chiara visione dell’architettura e della città: la morfologia urbana divenne presto la piattaforma concettuale del LUB su cui unire pedagogia, ricerca e pratica urbana. Nella sua interpretazione della morfologia urbana, Solà-Morales si mostrò particolarmente in linea con l’opera di Aymonino di cui aveva una buona conoscenza10. Nei suoi studi sui “fenomeni urbani”11 e sulla città moderna, Aymonino presentò i primi come “… processi costitutivi della realtà urbana” che “producono determinate forme”12, sostenendo che tali processi potevano essere compresi dal punto di vista storico attraverso studi sul rapporto tra tipologia edilizia e morfologia urbana - tra forme riconoscibili del tessuto urbano esistente (lottizzazione) e tipologie edilizie a cui davano luogo. Tale rapporto, per Aymonino, non era fisso: egli infatti affermava che “il rapporto quindi è mutevole e la storia di tali mutamenti è la storia urbana della città”13.
Con Aymonino, Solà-Morales condivideva l’idea della forma urbana in cui l’organizzazione spaziale della produzione coincideva con la struttura formale della città. Come indice di ordine economico e sociale, poi, la struttura formale della città nel suo complesso registrava rapporti di produzione e cicli di distribuzione e consumo, così come le gerarchie sociali della società urbana in un dato contesto storico. Tuttavia, entrambi credevano che anche la città stessa partecipasse attivamente in questi processi: per loro l’idea della struttura urbana rispecchiava e allo stesso tempo conferiva ordine ai rapporti urbani. Aymonino e Solà-Morales credevano entrambi che attraverso l’urbanistica non solo avrebbero potuto mostrare le forze strutturali tracciate nelle forme urbane, ma sarebbero anche stati in grado di manipolare la stessa struttura urbana - almeno in una certa misura. In conclusione, ne erano sicuri, l’urbanista poteva alterare intenzionalmente la “natura” della città conferitale dalla storia: la morfologia urbana in questo modo poteva fornire all’architetto-urbanista lo strumento professionale che gli avrebbe permesso un approccio totale alla città e alla sua struttura urbana.

Mentre Solà-Morales si basava sull’approccio alla teoria urbana dello IUAV, ben presto si accorse anche dei suoi limiti. The Forms of Urban Growth, il manuale per il nuovo corso di Urbanística che ufficializzava il suo approccio pedagogico, aveva già chiaramente caratterizzato la diversa visione della morfologia urbana di Solà-Morales basata sulla sua critica alla metodologia italiana. Steso inizialmente nel 1971, il manuale del corso presentava una teoria urbana fondata sullo “studio della crescita urbana, da intendersi come processo sociale e da analizzarsi all’interno della sfera di interventi specifica per l’architetto”14. L’enfasi del titolo sulla “crescita” rese evidente l’intento di Solà-Morales di concentrare lo studio della forma urbana sui processi dinamici della produzione della città. Il risultato fu un programma che oscillava tra l’analisi delle forme di crescita e lo studio delle cause sociali e strutturali dietro tale crescita, coprendo un ampio ventaglio di scale urbane: la “realtà urbana” per Solà-Morales era tanto la strada quanto la città nel suo complesso, o perfino il territorio metropolitano circostante. 
Ma, ancora più importante, Solà-Morales sosteneva che il metodo tipo-morfologico non era sufficiente per “una più completa spiegazione strutturale della forma urbana - nelle sue parti e nella sua interezza, nei progetti e nella storia, nei suoi momenti brillanti e nelle sue fasi ordinarie, nei suoi risultati ma anche nei suoi processi…”15. Solà-Morales aggiunse pertanto un terzo termine - infrastruttura - creando quella che sarebbe divenuta la formula degli studi urbani al LUB e del corso di urbanistica: “Il rapporto tra morfologia-infrastruttura-tipologia come effetto dei processi di parcellizzazione-urbanizzazione-edificazione del suolo [P-U-E]”16. Se la morfologia urbana chiariva i processi di lottizzazione e la tipologia edilizia giustificava l’edificazione, allora l’infrastruttura spiegava le reti indispensabili per la circolazione e i servizi come elemento di unificazione urbana a sostegno dell’organizzazione spaziale della produzione e del corpo sociale. 
Fu proprio questo nuovo concetto chiave che Solà-Morales cercò di proporre con la sua formula, che denominò “scomposizione concettuale della forma”: la chiave per permettere il movimento senza discontinuità tra analisi urbana e progetto, tra storia e  presente, pur conservando la specificità storica di ogni esempio. Secondo Solà-Morales, ciascuno dei tre processi [L-U-E] conteneva l’intersezione di una serie di variabili inerenti la città, compresa la logica disciplinare interna, il contesto storico e socio-economico, nonché la forma estetica. Una volta insieme, la combinazione di questi tre processi generava un’ampia serie di condizioni urbane che garantivano la specificità storica di ogni forma di città, mentre il metodo stesso assicurava la possibilità di confronto tra di esse. Per dimostrare chiaramente questo punto, Solà-Morales formulò la sua classificazione iconica delle forme di crescita urbana del LUB mediante una serie di casi esemplari, che includevono il polígono [distretto industriale], l’ensanche [ampliamento], la città-giardino, la crescita suburbana, l’urbanizzazione informale, le baraccopoli, e in cui ognuno era classificato secondo la specifica combinazione dei tre processi urbani17.
Solà-Morales definì tale metodo di classificazione “tipologie strutturali di crescita urbana”: tali tipologie strutturali, affermava, stavano in contrasto con altre forme di tipizzazione urbana, che in generale definiva come “tipologie descrittive di crescita urbana”. Nel tentativo di stabilire chiaramente la distinzione tra la propria interpretazione della morfologia urbana e quelle presentate dalle fonti italiane, Solà-Morales faceva dunque affidamento sulla distinzione categorica tra tipologie “descrittive” e “strutturali” della forma urbana. La scelta stessa del termine “descrittive” denotava passività, e cioè uno scollegamento dalla pratica che lui era deciso a superare. Anziché cogliere semplicemente i processi dietro le forme della città del passato, lo studio delle tipologie “strutturali” ora poteva fornire la giusta chiave per individuare la complessa intersezione di forze nei problemi urbani attuali ed eventualmente indicare le direzioni per la pianificazione di interventi. La classificazione strutturale di Solà-Morales mirava pertanto a rinforzare il ruolo dell’architetto-urbanista come attore attivo nella produzione della città. 
Gli esercizi sviluppati per il corso di Urbanística I divennero il test per l’obiettivo del programma di integrare analisi e pratica. Subito dopo esercizi introduttivi basati sull’analisi storica della costruzione di una strada esistente e dello sviluppo della crescita residenziale urbana, l’esame finale presentava agli studenti un sito urbano reale e la sua storia - una storia che poneva l’accento sull’originale “conflitto tra diverse forme di crescita”18, oltre a successive contraddizioni introdotte da piani parziali di riassetto che, secondo Solà-Morales, avevano inevitabilmente portato il tessuto urbano esistente all’“invecchiamento e al degrado”. Agli studenti veniva poi chiesto di elaborare una proposta di lottizzazione del suolo re-immaginando la crescita urbana del sito come area prevalentemente residenziale. La presentazione da parte di Solà-Morales del sito attraverso la sua storia rispecchiava nuovamente il suo intento di introdurre, nella cultura della scuola, un approccio per lui irrinunciabile in ogni progetto basato sull’analisi storica: la sua insistenza su una visione della storia fatta di conflitti e sulle contraddizioni tra diverse forme di crescita urbana, a sua volta, rimarcava una storia che non doveva essere considerata come potenziale fonte di soluzioni, quanto piuttosto mezzo per comprendere i processi strutturali dietro i problemi urbani esistenti. Grazie a questo approccio materialista alla storia del sito, Solà-Morales garantiva che gli studenti avrebbero sviluppato i loro progetti urbani basandoli non sulla semplice continuità o trasformazione del tessuto urbano, ma sull’interpretazione critica e sulla risposta ai processi storici e strutturali che modellano la forma urbana. 
Come metodo pedagogico, la teoria delle “tipologie strutturali” mostra l’intenzione di Solà-Morales di infondere un significato sociale e strutturale nelle operazioni urbanistiche di tipo tecnico, quale forma possibile di coscienza storica: una volta formati in modo da concepire la produzione della forma urbana come un intricato raccordo di “cause strutturali” e strategie di pianificazione, un raccordo che è specifico per ogni momento storico, i futuri architetti-urbanisti del suo corso sarebbero divenuti, nell’esercizio della professione, consapevoli della loro condizione storica. Proprio la consapevolezza del cambiamento storico, pietra angolare del pensiero di Solà-Morales e inscritta nel corso di Urbanística, è stata precisamente - e paradossalmente - la garanzia della continuità del suo programma: il suo testo pedagogico è rimasto in vigore per circa tre decenni, integrando nel frattempo ricerche, nuovi progetti e testi del LUB, evolvendosi infine nella pianificazione urbana strategica che ha modellato il pensiero urbano iberico e ha contraddistinto in modo particolare lo sviluppo di Barcellona mentre la Spagna transitava, e si consolidava, verso un sistema politico democratico.  
Note
1 Il presente articolo è parte della mia tesi di Dottorato, che ha ottenuto il sostegno del Buell Center Oral History Prize della Columbia University e una borsa di studio da parte della Fundação para a Ciência e Tecnologia (Portogallo). Vorrei qui esprimere la mia gratitudine ai membri del LUB, Maria Rubert, Josep Parcerisa e Carles Crosas, per la loro assistenza presso gli archivi del LUB e le profonde conversazioni sulla sua storia. Sono inoltre estremamente grata a Manuel de Solà-Morales, con cui ho avuto l’opportunità di intervistare e discutere all’inizio della mia ricerca sul suo approccio alla teoria, pratica e pedagogia urbana.
2 Alla riunione per la riforma degli studi di urbanistica presso la ETSAB parteciparono anche due studenti, Eduardo Leira e Antonio Font. Sia Leira sia Font si unirono presto a Solà-Morales presso il LUB, e divennero essi stessi docenti del dipartimento di urbanistica della scuola. Per ulteriori dettagli sulla riforma generale del corso di studi in urbanistica presso la ETSAB, si veda Manuel Ribas y Piera, El viraje al paisajismo. Historia de una docencia, in Ciudades (Valladolid, 1995); si veda anche Manuel Ribas Piera, in Homenatge a Manuel de Solà-Morales (Barcelona: Dur, 2012).
3 È importante menzionare qui l’ampio resoconto della trasformazione generale della teoria, pratica e pedagogia urbana in Spagna di Victoriano Sainz Gutiérrez in El Proyecto Urbano en España. Génesis y Desarrollo de un Urbanismo de los Arquitectos (Seville: Universidad de Sevilla, 2006).
4 A quel tempo, il corpo docente di Solà-Morales presso il LUB includeva Joan Busquets, Antonio Font, Miquel Domingo e José Luís Gómez Ordóñez, che sarebbero diventati tutti professori di urbanistica presso la ETSAB, ricercatori e professionisti di urbanistica rinomati a tutti gli effetti. 
5 “I politici propongono i fini...; il pianificatore è il tecnico degli strumenti, colui che conosce i mezzi più adatti per ogni proposito”. Manuel de Solà-Morales, Algunas Consideraciones sobre Metodología Urbanística (Barcelona: Departamento de Urbanística/ETSAB, 1969). Tradotto dall’originale in spagnolo.
6 Jordi Borja, “Elementos teóricos para el análisis de los movimientos reivindicativos urbanos”, Cuadernos de Arquitectura (Barcelona, 1973).
7 Javier Tusell, The Modernization of Spanish Society, Spain: From Dictatorship to Democracy, 1939 to the present (Malden, MA, and Oxford: Blackwell Publishers, 2007).
8 Manuel Solà-Morales, La metodología del Plan Director, Cuadernos de arquitectura y urbanismo, n. 87 (Barcelona, 1972).
9 Jordi Borja valutò la pianificazione metropolitana spagnola nella lezione “I movimenti urbani in Spagna” tenuta in Italia, Francia e Toronto nel 1974. La lezione fu poi pubblicata con il titolo “I movimenti urbani in Spagna”, Le contraddizioni dello sviluppo urbano (Napoli, Italia: Liguori Editore, 1975).
10 L’opera di Aymonino costituì un importante punto di riferimento metodologico per gli studi di urbanistica del LUB e Solà-Morales fu responsabile della traduzione in castigliano e della pubblicazione di diversi suoi testi negli anni 1969-71. Ad esempio, il saggio di Aymonino “Il significato delle città”, pubblicato inizialmente negli annuari dello IUAV nel 1965, fu dapprima tradotto in castigliano attraverso le pubblicazioni del L.U.B. in El significado de las ciudades (Barcelona: ETSAB – LUB, 1969-70). Nel 1971, nel suo nuovo ruolo di direttore della collana di urbanistica dell’editore Gustavo Gili, Solà-Morales pubblicò la traduzione in castigliano del libro di Aymonino Origini e sviluppo della città moderna (Padova: Marsilio, 1965) con il titolo Orígenes e desarrollo de la ciudad moderna (Barcelona: Gustavo Gili, 1971).
11 Carlo Aymonino, Lo studio dei fenomeni urbani, La città di Padova (Rome: Officina Edizioni, 1970); successivamente pubblicato come pubblicazione individuale, Lo studio dei fenomeni urbani (Rome: Officina Edizioni, 1977).
12 “Nello studio dei fenomeni urbani l’analisi è tesa non tanto a prefigurare un futuro da organizzare secondo le premesse fornite dalle tendenze in atto, quanto a capire una serie di processi costitutivi della realtà urbana, intendendo questa come un insieme di fatti edilizi di volta in volta permanenti o mutevoli. E a capire perché tali processi, anche parziali, hanno prodotto determinate forme (di rappresentazione o di combinazione), constatabili e rilevabili nei loro significati generali o particolari”. Aymonino, ibid, 18 -19.
13 Aymonino, ibid, 60.
14 M. Solà-Morales, “Orientación del Curso” (1971), ristampato in Las Formas de Crecimiento Urbano (Barcelona: Edicions UPC, 1997), 11. Tradotto dall’originale in spagnolo.
15 “Nonostante nelle opere di Rossi e di Aymonino […] queste due categorie sembrino sufficienti per analizzare l’architettura delle città, mi sembra, anche oggi, che una spiegazione strutturale più completa della forma urbana – nelle sue parti e nella sua interezza, nei progetti e nella storia, nei suoi momenti brillanti e nelle sue fasi ordinarie, nei suoi risultati ma anche nei suoi processi – abbia bisogno di riconoscere l’importanza delle forme infrastrutturali...”. Manuel Solà-Morales, “Introducción” (1991), ibid, 15. Tradotto dall’originale in spagnolo.
16 M. Solà-Morales, ibid, 76. Tradotto dall’originale in spagnolo.
17 Per la classificazione originale integrata nel manuale del corso, si veda “Las tipologías estructurales del crecimiento urbano”, M. Solà-Morales, ibid, 78; la classificazione fu successivamente rielaborata dal punto di vista grafico, con aggiunta di immagini e pubblicata all’interno dell’articolo di Solà-Morales “Spazio, tempo e città” in Lotus International, 51 (Milano: 1986).
18 “La zona indicata nel piano […] presentava intorno al 1945 un chiaro conflitto tra diverse forme di crescita”. M. Solà-Morales, ibid, 82. Tradotto dall’originale in spagnolo.

Marta Caldeira è un architetto, storico e docente presso la Yale School of Architecture. La sua ricerca accademica indaga questioni legate all'architettura moderna e alla città, con particolare attenzione ai contesti storici di transizione politica. Prima di insegnare a Yale, ha lavorato per Peter Eisenman a New York, per Gonçalo Byrne di Lisbona e ha insegnato alla Columbia University. I suoi scritti sono apparsi in EAHN Newsletter, Log, Jornal dos Arquitectos, Il Progetto e Metamorfosi, così come in recenti antologie sull'architettura moderna e contemporanea. Ha ricevuto un diploma professionale in architettura alla Lisbona Technical University e un M.S.A.A.D. alla Columbia University, dove attualmente svolge un dottorato di ricerca in architettura.
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