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Ugo Rossi

Bernard Rudofsky. Imparare dagli "altri"

“bambini etiopici innocenti di giocattoli meccanici e di divertimento meccanico, con immaginazione non tócca dalla pedagogia si divertono a costruire modelli di capanne e recinti. Fonte: Bernard Rudofsky, The Prodigious Builders, New York-London: Harcourt Brace Jovanovich, 1977,  figura 306.

“bambini etiopici innocenti di giocattoli meccanici e di divertimento meccanico, con immaginazione non tócca dalla pedagogia si divertono a costruire modelli di capanne e recinti. Fonte: Bernard Rudofsky, The Prodigious Builders, New York-London: Harcourt Brace Jovanovich, 1977, figura 306.

Abstract
L’attività di Bernard Rudofsky delinea la figura di un architetto che costruisce una visione complessa e ricca dell’Abitare nel mondo moderno, attraverso l’esperienza del viaggio, della curiosità e del gioco. Un architetto che si accosta criticamente a culture diverse per strutturare un’esperienza progettuale e didattica centrata sul confronto e la scoperta. Professore, designer, architetto, curatore di mostre, in ogni differente occasione ha saputo insegnare e imparare dagli altri.


L’opera, il pensiero, il lavoro dell’architetto Bernard Rudofsky (1905-1988) sono da considerare come una continua riflessione sulla funzione del viaggio, del gioco, della curiosità come strumenti di formazione, accrescimento e comprensione del ruolo che l’architettura ha nella vita di tutti i giorni; per lui infatti non esistono problemi tecnici nel costruire, esistono solo dissidi culturali1, per lui “Il volto di un paese, di una città, non è il risultato di una pianificazione; è il riflesso di un modo di vivere”2; “Ogni civiltà ha l’architettura che si merita”3, l’aspetto più rilevante è il ruolo che svolge la sua incessante ricerca per imparare dagli altri.
Bernard Rudofsky nasce in Moravia, da una famiglia di lingua tedesca originaria di una regione polacca che appartiene all’impero austro-ungarico, un impero multiculturale e multilingue, che come egli stesso dichiara: “era un ‘pastiche’ di una dozzina di nazioni, ognuna con un proprio linguaggio e con un’architettura locale altrettanto diversificata. È così che ho avuto la possibilità di imparare di persona che c’è più di un solo modo per vivere felicemente”4.
Fin dai primi anni dell’Ottocento gli architetti praticavano l’esperienza del viaggio come strumento di formazione culturale, il Gran Tour. Visitare le rovine, le città d’arte, le loro architetture, era la prassi consolidata per apprendere la lezione trasmessa dal patrimonio culturale e artistico costruito dagli antichi e dai maestri moderni. Sulle orme di questa esperienza si colloca criticamente la ricerca di Rudofsky, che farà del viaggio un modo di vivere: Life as a voyage, travel as a lifestyle5. Nella pratica del viaggio Rudofsky trova lo strumento per scoprire, indagare e comprendere l’architettura e i costumi di civiltà diverse. Il viaggio rappresenta l’unica possibilità di conoscenza diretta delle architetture, per lo più anonime, degli usi e costumi, dei modi di vivere, che contraddistinguono popoli e civiltà diversi per identità culturale e sociale e che all’epoca erano un campo di studi ancora inesplorato. Rudofsky era consapevole che le conoscenze apprese non potevano essere trovate in altro modo e soprattutto erano una possibilità di confronto: “L’incontro con lo straniero è un modo per conoscere noi stessi; conoscere l’architettura di altre nazioni, ci permette di vedere la nostra propria architettura in una nuova luce. Il confronto è sicuramente un modo per venire a patti con il mondo, con il nostro ambiente, i nostri compagni, noi stessi”6. Ma se da un punto di vista didattico, il viaggio e l’attitudine alla curiosità sono per Rudofsky strumenti fondamentali, altrettanto lo è il ruolo che svolge nell’apprendimento il gioco, tanto da essere per lui un riferimento continuo per la professione. Rudofsky approfondisce il tema dell’insegnamento, suggerendo una strada alternativa a quella istituzionale, che mette al centro la sperimentazione ludica e pratica, come auspica Johan Huizinga7. Rudofsky segnala come, in età contemporanea, il gioco abbia assunto un carattere futile, e afferma che la civiltà moderna, attraverso l’educazione, ha reso l’uomo incapace di cimentarsi in attività nuove, che non gli siano state insegnate, e giocare è tra queste. Da qui la deriva dell’insegnare al bambino a giocare. Rudofsky nota la spontaneità del gioco nei bambini nelle società primitive, in contrasto con la realtà occidentale delle scuole per l’infanzia dove i bambini sono sollecitati a giocare in modo organizzato, spesso con l’intervento degli educatori. Per incontrare bambini liberi dai giocattoli di produzione industriale e dal divertimento organizzato è necessario attraversare le frontiere della civiltà occidentale e penetrare il mondo selvaggio, dove la curiosità e la fantasia non sono affievolite da attività programmate e dove i bambini non hanno sul collo “il fiato dello psicologo infantile”8. E dal momento che i primi anni di vita del bambino sono di scoperta, l’immagine che essi hanno del mondo deriva dalle osservazioni personali, dalle esperienze e dalle sperimentazioni. “Il loro inesauribile negozio di giocattoli è la Natura, e perciò i bambini delle società primitive si fanno idee di gran lunga migliori su come divertirsi di quelle del più zelante maestro di asilo d’infanzia”9.
Così Rudofsky espone metaforicamente la sua critica alla condizione contemporanea dell’architetto, che ha perso la capacità di immaginare modi diversi di progettare e di vivere, unici riferimenti sono quelli imparati o imposti dalle correnti dominanti, dalle istituzioni riconosciute. L’architetto fatica ad assumere un proprio punto di vista, si rifugia nella professione dove le questioni a cui deve rispondere sono determinate dalle richieste del committente.
Rudofsky è chiamato in molte facoltà a tenere corsi, ma accetta questi inviti solo a condizione che siano per un-teach10. L’atteggiamento discente e docente in lui coincidono, insegnare e imparare sono processi inscindibili dell’educazione e della formazione dell’individuo. Nella didattica articola una riflessione volta allo stimolo della curiosità con uno sguardo verso l’inatteso. L’aspirazione è che la professione torni ad essere gioco, sia divertimento e non soltanto lavoro11: “Se qualcuno mi chiede come ampliare, o migliorare, la formazione dello studente di architettura, come offrirgli un’esperienza più diretta di quella che avviene a scuola, suggerirei di dotarlo di un cantiere sperimentale - un Bauhof - un posto al coperto, ma all’aperto, dove poter costruire modelli architettonici, non in scala 1:100, o 1:50, o 1:20, ma 1:1”12. Rudofsky sostiene l’utilità di un laboratorio dove sperimentare materiali diversi: “Questo workshop sperimentale deve essere dotato di tutti gli strumenti e utensili manuali e meccanici; dotato di materiali naturali e sintetici che sono in uso per le costruzioni, ma anche con campioni di materiali non disponibili sul mercato, come la canna di bambù, determinate fibre, ecc. Con questi materiali si potrebbe lavorare liberamente, inventare e re-inventare tecniche costruttive, e scoprire come usarle per l’applicazione pratica, o semplicemente sperimentare per il gusto di farlo, al fine di esplorare le proprie capacità e la fantasia”13. Egli infatti desidera stimolare le facoltà dei futuri architetti attraverso la pratica della progettazione, sperimentando, giocando, divertendosi, piuttosto che suggerendo indicazioni di metodo, e nelle sue lezioni cita come esempio l’esperienza di gioco compiuta con Nivola nel progetto del giardino della sua casa-atelier a Long Island. Come testimonia Ruth Nivola, quando Tino e Bernard lavorano insieme, senza disegni esecutivi e di progetto, e, con pochi mattoni, alcuni blocchi di cemento e dei pali, costruiscono una casa: “è stato come vedere dei bambini che giocano in giardino”14.
Ma è soprattutto nell’attività di curatore che Rudofsky stabilisce un dialogo attivo e con il pubblico. Rivolgendosi a una platea di non addetti ai lavori, cerca di svincolare i temi trattati dagli aspetti specialistici, inserendoli in un percorso di scoperta. Il suo interesse non è tanto quello di insegnare, trasmettendo nozioni precise, ma è piuttosto teso a incuriosire il pubblico, sottraendolo al controllo degli apparati critici mainstream. Il suo obiettivo è stimolare le facoltà critiche. Le sue sono “Exhibition with a point of view”15, “Shows with a Personal Vision”16, dove vuole mettere il visitatore nella condizione di trarre in autonomia conclusioni personali e non di essere indotto a una reazione pianificata dall’esterno.
Il suo porre degli interrogativi come obiettivi primari anziché istruire è probabilmente l’aspetto più rilevante e trova corrispondenza nella concezione degli allestimenti come una ricerca non compiuta, anzi questa pone all’attenzione temi aperti all’opinione e alle conoscenze individuali. Probabilmente è così che si induce, nei casi più riusciti, alla trasformazione del non addetto ai lavori in ricercatore. Questo scambio di ruoli è necessario nelle mostre e negli allestimenti di Rudofsky, che sono sostenuti da una tecnica e da una base teorica personalissima, che lo porterà a realizzare allestimenti e mostre sensazionali, provocatorie, addirittura sovversive come Architecture Without Architects17. Proposta al MoMA nel 1941, inaugurata nel 1964, il suo proposito era dimostrare come l’architettura indagata nei viaggi – da lui definita non pedigree, anonima, vernacolare, mediterranea - fosse più umana e meno soggetta alla moda di quanto non lo fosse quella moderna, e soprattutto che molte delle migliori architetture del nostro tempo - così come del passato – sono prodotte da persone “ignoranti”, senza alcuna istruzione e fondamento teorico18. Inoltre questa mostra per Rudofsky fu il modo per riscattare tutte quelle architetture che al tempo non erano considerate e studiate, che erano state completamente ignorate.
Se, come dice Goethe, si vede solo ciò che già si conosce19, Rudofsky, diversamente dice che per vedere oltre, bisogna conoscere altro, qualcosa che solitamente viene ignorato.

Note
1 Bernard Rudofsky, Panorama negativo, Domus, n. 124, aprile 1938, p. 2.
2 Bernard Rudofsky, Lectures Bennington (Rudofsky Papers, Getty), p. 4.
3 Bernard Rudofsky, Lectures Virginia (Rudofsky Papers, Getty), p. 4.
4 Bernard Rudofsky, Copenhagen Lecture, April 8, 1975, (Rudofsky Papers, Getty), pp. 2-3.
5 Bernard Rudofsky, Umriss-Gespräch mit Bernard Rudofsky, Umriss, 10, 1986, p. 21.
6 Bernard Rudofsky, Lecture #2, Lectures Copenhagen, March 3, 1975, (Rudofsky Papers, Getty), p. 2.
7 Johan Huizinga, Homo Ludens, Routledge, London 1945.
8 Vedi: Bernard Rudofsky, The prodigious builders, Hacourt Brace, NY - London 1977 p. 353.
9 Vedi: Bernard Rudofsky, The prodigious builders, Op. Cit, p. 353.
10 Bernard Rudofsky, Copenhagen Lecture, April 8, 1975, (Rudofsky Papers, Getty), p. 1.
11 Bernard Rudofsky, The prodigious builders, Op. Cit, pp. 84-127.
12 Bernard Rudofsky, Lectures Copenhagen (Back to kinderkarten), April 8 1975, (Rudofsky Papers, Getty), p. 5.
13 Bernard Rudofsky, Lectures Copenhagen, March 7, 1975, (Rudofsky Papers, Getty), p. 4.
14 Intervista di Gordon Alstair a Ruth Nivola, East Hampton, 17 September 1999, in Gordon Alastair, Weekend Utopia, Princeton University Press, NY 2001, p. 53.
15 James H. Carmel, Exhibition Techniques. Traveling and Temporary, Reinhold Publ. Corp., New York 1962, p.22.
16 Ada Louise Huxtable, Shows with a Personal Vision, The New York Times. 11 January 1981.
17 Reyner Banham, Nobly savage non-architects, New Society, 2 september 1965, p. 24; “MoMA Continue Attack on Architects,” Progressive Architecture, n. 45, (December 1964), p. 45.
18 Bernard Rudofsky, Lectures Copenhagen, #2 e #4 , 1975 (Rudofsky Papers, Getty).
19 Johan Wolfgang Goethe, Einleitung in die Propyläen, in Propyläen, I, 1798.


Ugo Rossi, Architetto, PhD in Composizione Architettonica con tesi su Bernard Rudofsky. Collabora alla didattica, è parte del gruppo di ricerca Housing dello Iuav e ha partecipato a progetti di interesse nazionale (PRIN). Ha curato la giornata di studio Tradizione e Modernità presso la Scuola di Dottorato Iuav (2014). Partecipa come relatore a convegni nazionali e internazionali. Suoi saggi, articoli e recensioni sono pubblicati in libri, riviste nazionali e internazionali e documentano l’interesse per le diverse accezioni del moderno, declinato nei suoi aspetti, dalle avanguardie all’Architettura Rurale. Attualmente è in conclusione un suo studio sull’opera di Rudofsky, in corso di pubblicazione.