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Antonio Nitti

La geografia come monumento

Il progetto di Auguste Perret per Le Havre

Senna Marittima, cartografia (disegno dell’autore) - ZOOM

Senna Marittima, cartografia (disegno dell’autore)

Abstract

Nel progetto di Auguste Perret per Le Havre una forma chiaramente compatta ed evocativa dell’urbanità della città storica si definisce a partire dalle relazioni stabilite con quegli elementi della geografia fisica che costituiscono l’identità del luogo nel quale questa si colloca, e costruisce una significativa relazione con gli spazi aperti e vasti della natura, acquisendo in questo modo quella ‘dimensione’ e quei caratteri propri della città contemporanea. Nei suoi spazi collettivi, che rimandano a una cultura dell’abitare che affonda le proprie radici nella più generale storia della città francese, Le Havre rappresenta sé stessa e traduce nella Place de l’Hôtel de Ville le ripide pendici della falesia, nella Porte Océane l’orizzonte lontano dell’Oceano, nel Front-de-mer Sud l’altra riva della foce della Senna, e fa di questi i veri ‘monumenti’ della città.


Questo studio vuole collocarsi all’interno di quella più ampia ricerca che affronta alcune delle questioni relative alla costruzione della città contemporanea, guardando alle sue forme e al loro significato, e che trae ancora la propria necessità a fronte di quella condizione, diffusa nella maggioranza delle espansioni urbane del nostro tempo, che, nella dispersione illimitata della città negli spazi aperti del territorio periurbano, manifesta con chiarezza la mancata definizione di una compiuta idea di forma, lasciando ancora aperte ed irrisolte le questioni fondative del progetto della città.

Oggetto del presente studio è dunque il progetto di ricostruzione, o meglio, di «vera e propria creazione ex novo»[1] del centro urbano di Le Havre ad opera di Auguste Perret. Nello specifico, suo obiettivo è il riconoscimento di quell’idea di città posta a fondamento del progetto, per il quale ci si propone di indagare il senso e le grammatiche costitutive della sua forma.

Sembra possibile affermare che la tabula rasa con la quale Perret si dovette confrontare all’indomani dei bombardamenti che tra il 4 e il 5 settembre del 1944 rasero al suolo il centro urbano della città atlantica rese drammaticamente evidente il valore formale di quegli elementi della geografia fisica, tanto quelli originari dell’orografia, quanto quelli determinati dalle trasformazioni antropiche di quelle insenature naturali che avevano reso possibile la nascita di un havre, e in un certo senso ha determinato la rifondazione di una città che, come una «seconda natura»[2], ha definito i propri principii insediativi in relazione a quelli morfologici del territorio. In misura ancora più profonda, in questi elementi e nelle loro relazioni reciproche sembra essere riconoscibile l’identità stessa del luogo, una sorta di genius loci che ha costituito lo «spirito stesso della città»[3], tradotto nelle forme della sua architettura, e più nello specifico in quella che si potrebbe definire come «una città analoga, vale a dire una città dotata di spazi che aspirano ad essere già familiari e comunemente intelleggibili»[4]. Sembra essere chiaro, infatti, che a far da sfondo e a determinare l’«immagine nobile e monumentale»[5] di Le Havre vi sia una cultura dell’abitare che affonda le proprie radici nella più generale esperienza della costruzione della città francese, i cui spazi e le cui architetture vengono costantemente trasfigurati in relazione alle istanze del proprio tempo e al luogo nel quale queste si ricollocano.

Già attraverso la propria «situazione geografica»[6], Le Havre descrive quel punto cospicuo individuato, lungo la costa atlantica della Normandia, dall’estuario della Senna. La scelta da parte di Perret di definire la forma urbana sul rapporto tra due maglie ortogonali ruotate tra loro rende dunque innanzitutto ragione della collocazione della città, posta su piano dal carattere anisotropo: uno stretto lembo di pianura fortemente caratterizzato al proprio interno dalla presenza dei bacini portuali, il cui limite è definito a settentrione dal repentino salto di quota della falesia del Bec-de-Caux, a mezzogiorno dall’estuario della Senna e a occidente dall’Oceano Atlantico. La prima maglia si costruisce sull’ordine cardo-decumanico definito dal Bassin du Commerce e dalla Rue de Paris; la seconda si adegua invece alla linea di costa, e costruisce l’affaccio della città sul fiume e il suo limite sull’esternità dell’Oceano.

Le due maglie che costituiscono la forma urbana si ordinano su una molteplicità di luoghi monumentali, dislocati nei punti significativi della città, alcuni dei quali già presenti nella Le Havre pre-bellica, ma rifondati all’interno del progetto di Perret, altri assenti nelle sue precedenti fasi di sviluppo, e fondati ex nihilo in virtù di un principio di coerenza e compiutezza della forma. Questi luoghi sembrano chiaramente rimandare ed evocare, attraverso le loro forme e il loro carattere, a quella più vasta memoria urbana all’interno della quale si compongono reciprocamente frammenti dello straordinario paradigma di quella Parigi costruita e immaginata attraverso le esperienze e le riflessioni sedimentate delle Places Royales di Mansart, Gabriel e Patte, dei giardini e dei parchi di Le Nôtre, delle strade e dei boulevard di Percier, Fontaine e Haussmann e da ultimo delle prefigurazioni di una turrita città dell’avvenire di Hénard.

Quel che sembra essere maggiormente significativo in questa esperienza, è che la scelta di ordinare la forma urbana attraverso il rapporto tra più luoghi monumentali sembri essere in qualche modo sintomatica del riconoscimento della complessità connaturata alla città contemporanea, conseguita non solo e non semplicemente in virtù delle proprie accresciute dimensioni, ma piuttosto attraverso la definizione di nuovi rapporti tra gli spazi finiti e interni della città e quelli infiniti ed esterni della Natura. L’ordine che soggiace alla forma di Le Havre si definisce dunque non tanto nella necessità di controllare il dato fisico della sua effettiva dimensione, quanto con la volontà di rappresentare una molteplicità di relazioni. Nei suoi luoghi collettivi e monumentali, la città riconosce infatti un valore formale e sceglie di rappresentare sé stessa dinanzi a quei grandi elementi della geografia fisica che costituiscono l’identità del luogo nel quale questa si colloca. Luoghi, quelli monumentali di Le Havre, che dunque non si definiscono più come esclusivamente interni alla forma urbana, ma che sono posti, come già in parte l’esperienza tardobarocca francese aveva espresso, «là dove città e Natura si incontrano»[7], dove il mondo civico della prima si definisce non più come opposto alla seconda, ma «aperto, sintetico, composto di elementi diversi e interagenti»[8]. Sembra infatti possibile affermare che gli spazi pubblici della città atlantica, che non si costruiscono attorno a un centro collocato al proprio interno, come nell’esperienza in parte analoga delle Places Royales, riconoscano e traducano nella forma della Place de l’Hôtel de Ville le ripide pendici della falesia del Bec-de-Caux, in quella della Porte Océane l’orizzonte lontano dell’Oceano, e nel Front-de-mer Sud l’altra riva dell’estuario della Senna, e facciano di questi i propri «punti focali»[9], i veri ‘monumenti’ della città.

Questa relazione fondativa sembra ad ogni modo essere conseguita anche e soprattutto attraverso la definizione di un’appropriata grammatica della forma urbana, la cui significatività è nel fondarsi sul riconoscimento di due caratteri differenti e possibili dello spazio collettivo: sull’assunzione, allo stesso tempo, del valore dello spazio circoscritto e del valore dello spazio aperto.

Da un lato infatti questa grammatica, nel chiaro riferimento alle forme paradigmatiche della strada e della piazza, ancora definite attraverso la costruzione di un limite che le qualifica come interne, sembra perseguire il carattere di urbanità ed evocare la densità spaziale della città storica, come riconoscendo ancora nell’‘internità’ dei suoi spazi pubblici il loro valore civico e identitario.

Dall’altro questi luoghi acquisicono un carattere del tutto nuovo rispetto all’esperienza della storia. La loro straordinaria dilatazione spaziale, la definizione di grammatiche disgiuntive per la costruzione di un margine che li circoscrive pur aprendosi, e il ricorso alla variazione tipologica, edifici in linea per individuare strade, piazze e corti residenziali, ed edifici alti per dichiarare l’eccezionalità del luogo e costruire rapporti a scala urbana e territoriale, sembrano infatti manifestare la volontà di stabilire una significativa relazione tra gli spazi interni della città e quelli aperti e vasti della Natura.

La Place de l’Hôtel de Ville, individuata da un lato dalla stoà del municipio col suo beffroi, e dall’altro da un sistema di isolati a corte e sei torri residenziali, analogo a quello di un ‘castello’, costituisce dunque quel luogo in cui la città, grazie alla dimensione dello spazio aperto della piazza, così vasta da permettere di traguardarla visivamente, si relaziona alla falesia, che in questo modo risuona all’interno dello spazio urbano.

La Porte Océane è individuata da una cortina edilizia che conclude lo spazio interno della città e si apre con un varco verso l’orizzonte atlantico, e da due torri residenziali poste in tensione tra loro a definire la ‘porta urbana’ sullo spazio infinito dell’Oceano.

Il Front-de-mer Sud stabilisce invece, attraverso lo sviluppo di un redent e la successione dei suoi loggiati, il rapporto tra la città e l’estuario della Senna. Due edifici a torre ne articolano lo sviluppo e costruiscono una relazione con le altane che ne individuano i punti cospicui, a costruire, come i bastioni e le torri di una ‘cinta muraria’, il margine della città lungo il fiume.

L’esperienza condotta da Perret nella città atlantica sembra dunque possedere dei principi validi e trasmissibili e costituire un paradigma possibile per la costruzione della città del nostro tempo, evidente nella definizione di relazioni conformative con la storia da un lato e la natura dall’altro; un’idea di città il cui valore civile sembra essere conseguito attraverso una ricerca volta a determinare l’identità dei suoi luoghi collettivi, e a perseguire la qualità dell’abitare nel rapporto tra questi e la residenza. Quella di Le Havre costituisce infatti una dimostrazione di come una forma urbana ancora compatta e chiaramente evocativa della città storica possa definirsi a partire dalle relazioni stabilite con gli elementi della geografia fisica, riconoscendo in questo rapporto una possibilità rifondativa, che costituisce una questione ancora aperta, della città ottocentesca; una città la cui forma appare come depositaria di un secolare valore civile e al contempo come il riflesso delle forme della Terra.



[1] Polesello, Gianugo, Rossi, Aldo, e Tentori, Francesco, “Il problema della periferia nella città moderna”, in Casabella-Continuità, n. 241, 1960, p. 45.

[2] Perret, Auguste, “Enquête sur la Reconstruction auprès des architectes”, Utudjian, Édouard, in La Maison de demain, 1945 (ora in Abram, Joseph, Lambert, Guy e Laurent, Christophe, Auguste Perret: Anthologie des écrits, conférences et entretiens, Le Moniteur, Paris, 2006, p. 421).

[3] Polesello, Gianugo et al., Op. cit., p. 45.

[4] Lucan, Jacques, “Le paysage intérieur de l’architecture ou Fernand Pouillon comme problème théorique”, in Lucan, Jacques (a cura di), Pantin, Montrouge, Boulogne-Billancourt, Meudon-la-forêt. Fernand Pouillon Architecte, Picard, Paris, 2003, p. 42.

[5] Perret, Auguste, “Le Havre sera reconstruit par Auguste Perret sur une plate-forme”, Waldemar, George, in La Voix de Paris, 22 ottobre 1945.

[6] Beaujeu-Garnier, Jacqueline, e Chabot, Georges, Traité de Géographie urbaine, Librairie Armand Colin, Paris 1963, p. 111.

[7] Norberg-Schulz, Christian, Architettura Tardobarocca, Electa, Milano 1970, p. 39.

[8] Norberg-Schulz, Christian, Op. cit., p. 39.

[9] Norberg-Schulz, Christian, Op. cit., p. 39.


Antonio Nitti frequenta il Dottorato di ricerca in Architettura presso il Dipartimento di Architettura dell'Alma Mater Studiorum Università di Bologna, sede di Cesena.



Le Havre, planivolumetrico del progetto Perret (disegno dell’autore) - ZOOM

Le Havre, planivolumetrico del progetto Perret (disegno dell’autore)