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Susan Dunne

Città in cambiamento

Insediamenti dispersi nel contesto irlandese

fig. 1 - La strategia territoriale per il progetto del fiume Shannon, comprende la trasformazione dei territori-spazzatura lungo la riva del fiume, in zone umide. - ZOOM

fig. 1 - La strategia territoriale per il progetto del fiume Shannon, comprende la trasformazione dei territori-spazzatura lungo la riva del fiume, in zone umide.

Abstract:

Questo saggio si interroga sull’efficacia dei metodi di progettazione urbana tradizionali nel contesto della città dispersa e cerca di esplorare nuove strategie di sovrapposizione da utilizzare al fine della rigenerazione o della riqualificazione dell’ambiente urbano a bassa densità. L'articolo illustra i progetti degli studenti elaborati durante il workshop di progettazione urbana intitolato "Città in cambiamento" svoltosi presso la Nantes School of Architecture (coordinato da Susan Dunne), in cui gli studenti hanno esplorato tre città Irlandesi (Belfast, Limerick e Tallaght). Le tre città sono accomunate da condizioni di bassa densità edilizia e di dispersione urbana con conseguenti problematiche socio-economiche. Un approccio progettuale flessibile e interdisciplinare costituisce la base per le proposte di progetto di seguito descritte creando nuove situazioni in grado di contrastare l’attuale tendenza di progettare lo sviluppo urbano attraverso risposte formaliste.


L’urbanistica della dispersione presuppone che l’urbanistica stessa sia stata smantellata e abbandonata, quindi distrutta, lasciando qualcosa di non urbano. Nelle parole di Bruce Robbins1 la denominazione "Urbanistica della dispersione" possiede "un’ambiguità calcolata": egli si chiede se paradossalmente "persiste una tipologia di urbanistica, come forma urbana dispersa?" (Robbins, 2008).

Ciò solleva la questione di cos'è o cosa non è un’ area urbana e, se essa è dispersa, come noi, architetti, designer, pianificatori, possiamo classificare e analizzare il tessuto che rimane?

Le aree urbane sono tradizionalmente caratterizzate da nuclei con popolazione ad alta densità e da campagne a bassa densità, seguendo un tessuto riconoscibile. Le aree urbane possono essere città, paesi o conurbazioni; si sviluppano seguendo un processo di urbanizzazione e sono comunemente monitorate misurando l’andamento della densità della popolazione. Secondo la tradizione, la progettazione urbana nei nuclei storici urbani, si occupa di forme convenzionali (dense formazioni urbane interne, piazze urbane, paesaggi stradali, ecc..) e comporta l'individuazione, la valorizzazione e l'intensificazione di questi elementi, che a sua volta porta spesso a ripristinare e rafforzare il tessuto urbano esistente.

L’urbanistica della dispersione non segue uno schema preciso, può assumere una moltitudine di organizzazioni spaziali e sociali, formali o informali, tra cui l'espansione urbana, lo sviluppo suburbano, l'abbandono di nuclei abitativi cittadini, improvvisate baraccopoli ecc.. Gli insediamenti urbani dispersi, non basandosi su forme convenzionali, non 'suggeriscono' nessun particolare approccio progettuale (formale o programmatico). Nuove e variabili strategie progettuali devono essere sviluppate in accordo con la dissolutezza e divergenza della città dispersa. Secondo le parole di Ells Verbakel2 potremmo chiederci: "Può, il concetto di città, essere stabilito attraverso gradi congiunti di interazione, di accesso e di comunicazione che non richiedono necessariamente alta densità?" (Verbakel, 2008).

La questione è, come noi progettisti ci approcciamo alla bassa densità della città dispersa, a quali competenze o parametri possiamo attingere per rivitalizzare un ambiente che a primo impatto sembra essere un'ambiente non coeso "melì - melò" di un non precisato sviluppo? Come possiamo gestire il vuoto, l’imprevedibile e il tessuto a volte danneggiato (sia esso sociale o edilizio) all'interno di questi contesti urbani?

La natura informale delle strutture spaziali e sociali della città dispersa non sono solo da ricercarsi nella periferia a bassa densità o negli sviluppi marginali, ma sono visibili in molti centri urbani, dove l’emigrazione dal centro della città ha creato una città disomogenea di giorno e fantasma di notte (in particolare quando gli abitanti hanno abbandonato il centro a favore di abitazioni suburbane e/o quando negozi, uffici o interi edifici sono inutilizzati in seguito a una crisi economica).

Le reti, sia digitali che fisiche (infrastrutture di trasporto ad alta velocità), hanno anche modificato radicalmente la morfologia e la sociologia dello spazio pubblico e l'ambiente urbano. Non si considera più la città solo in termini di centro e periferia, ma misuriamo la vitalità dei suoi collegamenti. Paul Virilio3 afferma chiaramente che "l'architettura dei sistemi connettivi ha definitivamente sostituito l'architettura e l'urbanistica sistematica": egli ritiene che i nodi dei trasporti urbani stanno sostituendo l’esperienza urbana radicata e allo stesso modo la velocità e le connessioni stanno diventando l’elemento predominante nella società sempre più mobile in cui viviamo. (Virilio, 1984).

Possiamo concordare sul fatto che i sistemi di trasporto, digitali o ad alta velocità, hanno preso piede sulla scena pubblica: ma possiamo essere d'accordo anche sul fatto che le strutture nebulose e multiformi hanno largamente sostituito le tradizionali forme urbane o i modelli su cui erano basate. Per affrontare la dispersione urbana abbiamo bisogno di capire le nozioni di spazio pubblico contemporaneo, la scala, la diversità e la flessibilità. Queste sono le caratteristiche peculiari che possono servire per generare nuovi programmi innovativi, polarità o nuove situazioni, ma tendiamo ancora a disegnare secondo tradizionali ideologie urbane progettuali, come la densità, strade principali commerciali, piazze o gli obbligati percorsi pedonali, anche quando queste nozioni non sono necessariamente applicabili nell’ambiente contemporaneo.

Workshop Changing Cities Studio in un contesto irlandese – Progetti degli studenti.

I progetti degli studenti illustrati qui di seguito sono stati eseguiti nell'ambito del workshop di progettazione architettonica e urbana "Changing Cities", (un laboratorio bilingue inglese/francese svoltosi nella Scuola di Architettura di Nantes) e tentano di affrontare attraverso approcci interdisciplinari (architettura/urbanistica, sociologia, geografia) alcune delle questioni sollevate nella prima parte di questo articolo.

Lo studio indaga i parametri o le condizioni sovrapposte socioeconomiche e geografiche, che concorrono a plasmare gli ambienti urbani. Il workshop si interroga anche sul ruolo che gli architetti hanno avuto tradizionalmente nell'ambiente del costruito, dove sono tutti troppo spesso relegati al ruolo di "progettista dell’edificio" senza possibilità di partecipare al processo decisionale su scala urbana o territoriale e contribuire a stabilire il programma in maniera partecipata.

Durante tre anni, gli studenti del workshop hanno esplorato diversi ambienti urbani in Irlanda, confrontandosi con Belfast (in Irlanda del Nord), Tallaght (una città satellite nei pressi di Dublino) e Limerick (una città nell'area sud-ovest). Nonostante la geografia e la storia di ciascuna di queste città siano molto diverse, esse hanno in comune condizioni urbane di bassa densità associate ad una forte concentrazione di problemi socio-economici, disoccupazione di massa, povertà diffusa, quota di social housing vicino al 40%, carenza di infrastrutture per la comunità, terreni edificabili estremamente isolati e segregazione sociale diffusa.

Belfast è la più marginale delle tre città studiate e questo a causa della sua storia travagliata. La città visse (come molti luoghi in Irlanda del Nord) un lungo periodo di instabilità politica e di conflitto aperto da cui derivarono drastiche politiche urbane: durante e dopo i problemi politici (1968-1998), la città fu progettata e si diffuse la paura, controllo del potere e i divari politici. Le forze di sicurezza costruirono "linee di pace" per mantenere le popolazioni cattoliche e protestanti protette; sorvegliarono e svilupparono "zone di interfaccia" (fasce di rispetto), aree pedonali delimitate, incentivarono l'utilizzo degli autoveicoli e delle infrastrutture stradali e recintarono con il filo spinato molti servizi per la comunità (scuole, asili nido, centri giovanili, biblioteche, stazioni di polizia, negozi ecc.). Come risultato, molti abitanti della città abbandonarono il centro a favore degli inurbamenti periferici, lasciando dietro di sé una città lacerata da conflitti, da una cattiva politica urbana e dalla crisi economica. Oltre la metà del centro urbano è costituito ora da terreni ed edifici vuoti e lo sviluppo suburbano si estende indifferentemente verso il mare e le montagne. La città di Belfast porta ancora fin troppo evidentemente i segni della sua traumatica storia.

"Il trauma urbano descrive una condizione in cui il conflitto ha sconvolto e danneggiato non solo l'ambiente fisico e le infrastrutture di una città, ma anche le reti sociali e culturali. Ma come, questo trauma, può essere compreso nelle suo periodo successivo, e in termini urbani?"4 (Lahoud, 2010).

Ciascuna delle città (Belfast, Tallaght e Limerick) è stata studiata dagli studenti sia a distanza che attraverso sopralluoghi: visitata, mappata, fotografata, disegnata, argomentata nei testi, attraversata a piedi, in bicicletta e in autobus, discussa, letta, vissuta, entro un termine di tempo stabilito. Sono stati esplorati sia il tessuto sociale che fisico delle città oltre che delle zone circostanti, seguendo tematiche stabilite (l'alloggio, l'istruzione, i trasporti, l'industria, l'agricoltura, i servizi sociali, il paesaggio, i rifiuti e il riciclaggio, il turismo e il commercio). Dopo la ricerca, ogni gruppo di studenti ha scelto un sito su cui calare un progetto che scaturisse da una strategia architettonica, urbanistica/paesaggistica e sociale.

Anche se non fisicamente, i vari ambiti di progetto e i programmi funzionali appaiono collegati grazie alla sovrapposizione di reti5 e giustapposizione di diverse attività, creando così nuove intensità e generando una nuova condizione urbana, il tutto condensato attraverso diverse polarità. Paesaggio, agricoltura, turismo ecologico e programmi temporali vengono utilizzati per generare approcci progettuali flessibili. La mobilità e l'accesso diventa la strategia per la ricucitura di nuovo tessuto culturale e sociale.

Progetto 1

Limerick: Dai territori spazzatura alle paludi, i modi per affrontare il lungomare dimenticato (Progetto: F Hamon) (figg. 1-3)

Progetto 2

Belfast: Nuovi collegamenti per un città divisa (Progetto: D Courroye, C Mougel, C Pederencino.) (fig. 2)

A Belfast le proposte di progetto sono state sviluppate sovrapponendo programmi complementari; il progetto del quartiere culturale per i residenti, i turisti e studenti sul sito di Lagan si rapporta al progetto del "Docklands rigenerato" insieme al miglioramento dei servizi di trasporto via acqua, su strada e ferroviari. Nel progetto denominato "giro dall'altro lato", le reti ciclabili rimpiazzano le corsie per automobili (per il trasporto di persone, merci e rifiuti); le infrastrutture urbane sono rimodellate; è promossa l'interazione sociale; vengono ridotti i rischi ambientali e, allo stesso tempo, le diverse aree di progetto risultano tra loro collegate. Il progetto di "Alexander Park" ospita un nuovo evento per la maratona e vede la creazione di nuovi percorsi attraverso il parco, la città e la periferia, che collegano le montagne, la città e il mare.

Progetto 3

Tallaght: Utilizzo di infrastrutture stradali per generare nuovi programmi (Progetto: F Bruneau) (figg. 4-5)

Il programma innovativo e la morfologia del progetto per il centro di stoccaggio dati e collegamento pedonale al bivio Red-Cow sono stati fortemente influenzati dalle caratteristiche distintive del sito - situato nel mezzo di una infrastruttura stradale di dimensioni enormi, all’interno di condizioni ambientali particolarmente ostili (rumore, inquinamento, vento, isolamento, ecc.). Il sito è stato scelto dagli studenti per le sue dimensioni fuori scala e la natura drammatica; il programma tenta di tessere la diversità e l'umanità in ciò che è considerato una struttura stradale mono-funzionale o connettore non abitabile ad alta velocità.

Progetto 4

Limerick, Moyross: Rigenerazione attraverso la partecipazione attiva (Progetto: C Cassouret, J Touchais, A Pinault) (figg. 6-7)

"Moyross rigenerazione", è un progetto flessibile e graduale che prevede un nuovo sviluppo e una nuova forma di coinvolgimento della comunità. Moyross è un complesso residenziale sociale, ai margini della città di Limerick, che è stato smantellato per ragioni economiche e sociali da parte delle autorità locali, disperdendo molti degli abitanti (dopo aver demolito le loro case); lo smantellamento ha avuto effetti disastrosi sulle persone e sull'ambiente. Il progetto degli studenti è un approccio alternativo che coinvolge la formazione, la ristrutturazione partecipata e la rigenerazione graduale. Lo stesso è stato presentato agli abitanti ancora residenti a Moyross, i quali si sono impegnati con entusiasmo per il buon fine del processo proposto.

I progetti qui descritti hanno cercato di sviscerare i problemi a lungo termine, perseguendo l'interazione sociale e culturale oltre che la continuità geografica; così facendo essi propongono nuove possibilità urbane fondate sulla volontà di esplorare approcci diversi se pur con la consapevolezza, e allo stesso tempo preoccupazione, di aver a che fare con situazioni uniche e individuali all'interno di questi contesti urbani.


Note:

1 Bruce Robbins nel suo articolo "The Public and the V2" (AD magazine – Città della dispersione Gennaio/Febbraio 2008) cita il romanzo di Thomas Pynchon Gravity's Rainbow (L'arcobaleno della gravità) e la questione della distruzione e della dispersione della città di Londra dopo i bombardamenti avvenuti durante la Seconda Guerra Mondiale con l'uso dei razzi-bomba V2.

2 Els Verbakel and Rafi Segal editorialisti a "AD magazine – Città della dispersione" (Genn/Feb 2008), nella loro introduzione "Urbanistica senza densità" si interrogano e rivedono forme diverse per la città dispersa.

3 Paul Virilio (architetto e urbanista francese) pubblicò nel 1984 un fitto testo filosofico sull’architettura,"Lo spazio critico (trad. it. 1988) - in relazione alla dimensione persa dello spazio e trasformazioni tecnologiche del tempo". La traduzione inglese del 1991 "La dimensione persa", è attualmente fuori stampa.

4 Adrian Lahoud, editorialista a "AD magazine – Urbanistica post-traumatica" (Sett/Ott 2010), nella sua introduzione fornisce un quadro critico per guardare il trauma e la città.

5 Il significato di impiegare strategie sovrapposte e reti non è stato sviluppato in questo articolo, ma la seguente citazione riassume molto bene come nel disegno urbano sia auspicabile costruire attraverso forme di tolleranza e ridondanza come opposto di privilegiare l’efficienza centralizzata.

''Una città resiliente è una città che si è evoluta in un ambiente instabile e ha sviluppato adattamenti per affrontare l'incertezza. Tipicamente questi adattamenti assumono la forma della tolleranza e ridondanza nelle sue reti. Diversità e distribuzione, siano essi spaziali, economiche, sociali o infrastrutturali, saranno valutati in modo maggiore rispetto all’efficienza centralizzata".

6 Le ragioni addotte dalle autorità locali per lo smantellamento di Moyross erano sia economiche che sociali; il sito è stato visto come un luogo ideale per un nuovo sviluppo suburbano moderno (mescolando strutture e abitazioni di classe differenti). Le storie di microcriminalità (sparatorie, scippi, abuso di droghe ecc) nella zona è stata considerata sufficientemente allarmante per disperdere i membri della comunità e smantellare i due terzi delle case. Il fatto che lo smantellamento di Moyross fosse opportuno o meno, non può essere trattato in questo articolo, ma era una delle considerazioni guida prese in esame da parte degli studenti che hanno proposto il progetto di rigenerazione Moyross


Riferimenti bibliografici

Choay F., (2006), Pour une anthropologie de l’espace, Editions du Seuil

Davis M., (2006), Planet of Slums, Verso

Friedman Y., (2011), Architecture with people, by the people, for the people, Actar

Lahoud A., (2010), Post traumatic Urbanism, AD September/October

Low S. M., (2011), Claiming Space for an Engaged Anthropology: Spatial Inequality and Social Exclusion, Article first published online: 24 aug 2011

Mongin O., (2005), La condition urbaine. La ville à l’heure de la mondialisation, Editions du Seuil

Robbins B., (2008), The Public and the V2, AD January/February

Sassen S., (2001), The global city: New York London Tokyo, Princeton University press

Segel R., and Verbakel E., (2008), Cities of Dispersal, AD January/February

Virilio P., (1984), L’espace Critique, Christian Bourgois Editeur


Susan Dunne, architetto praticante e docente di progettazione di Dublino. Dopo essersi laureata al Trinity College di Dublino, si è stabilita a Parigi dove tutt’ora vive e lavora. Si è specializzata in ”progetti di trasporto e di infrastrutture”, ha progettato le stazioni della metropolitana leggera nell'aeroporto Charles de Gaulle e l'estensione del Terminal 1 dell’aeroporto di Dublino. Attualmente si sta occupando della progettazione di tre stazioni della metropolitana di Rennes (linea B), della riqualificazione dell’aeroporto di Rennes e di due stazioni della metropolitana parigina. Dirige e coordina un master bilingue in progettazione urbana e architettonica presso la Nantes School of Architecture; ha insegnato a Parigi, Rennes, Dublino e Belfast.




fig. 2 - Il progetto 'giro dall'altro lato' per Belfast, propone nuove reti ciclabili per la città e collega le altre aree di progetto affrontate dagli studenti del workshop. - ZOOM

fig. 2 - Il progetto "giro dall'altro lato" per Belfast, propone nuove reti ciclabili per la città e collega le altre aree di progetto affrontate dagli studenti del workshop.