Scegli la Lingua

Festival dell'architettura

Ti trovi in: Home page > Archivio Magazine > Architettura dell'insediamento e infrastrutture

Antonino Margagliotta

Architettura dell'insediamento e infrastrutture

Il paesaggio siciliano tra Palermo e Agrigento

Strada, paesaggio e città (Bolognetta).

Strada, paesaggio e città (Bolognetta).

Abstract
La piena consapevolezza della modernità impone oggi di interrogarsi sulla nuova natura morfologica e dimensionale dei luoghi, per comprenderne il senso delle relazioni spaziali e tentarne un’elaborazione estetica. 
Il tema è stato sviluppato nell’ambito del paesaggio siciliano, in particolare, nel sistema definito da un attraversamento interno della Sicilia: la strada che, congiungendo Palermo con Agrigento, collega il mar Tirreno al Mare Africano, definisce una fascia territoriale ben identificabile in cui si manifesta una molteplicità di condizioni. Si elabora, in tal modo, un quadro interpretativo e progettuale all’interno di un vasto territorio contrassegnato dalla presenza di piccoli centri urbani che interferiscono con la rete delle infrastrutture, da spazi di valore naturalistico, dalla campagna agricola e dagli insediamenti rurali, dalle aree industriali (attive e dimesse), dai luoghi ibridi della città diffusa. 

Il progetto di architettura viene assunto, quindi, per definire e indicare nuove strategie di sviluppo per questo territorio, oltre che per supportare e verificare il pensiero teorico sullo stato presente e sul destino dei luoghi.

Una delle tematiche più suggestive che si offrono alla ricerca architettonica contemporanea riguarda la riappropriazione dei luoghi del presente contrassegnati dalla disarticolazione della forma urbana, dalla presenza condizionante delle infrastrutture e da una immagine della campagna che non è più espressione del lavoro della terra ma che, abbandonata e trasformata, esprime spesso i caratteri della città dispersa. Tali luoghi necessitano di un rinnovato approccio disciplinare in vista di una rivalutazione dell’ambiente rurale per cui è importante ripensare il rapporto tra architettura e contesto, capire, cioè, fino a che punto l'architettura possa estendere il sistema delle sue relazioni nel territorio e quale sia la misura della sua intrinseca capacità di modificazione.
La piena consapevolezza della modernità impone, inoltre, di interrogarsi sulla nuova natura morfologica e dimensionale dei luoghi, per comprenderne il senso delle relazioni spaziali e tentarne una innovativa elaborazione estetica. Si tratta, allora, di applicare (in modo inedito e stimolante) tutte le categorie di conoscenza e di interpretazione proprie del progetto, a scale di lettura di tipo territoriale (o quanto meno intermedio rispetto alla scala architettonica convenzionale), coinvolgendo ambiti solo apparentemente troppo vasti; ovvero di far interagire la grande scala con le scale più specifiche dell'architettura, per definire nuovi equilibri formali.
Nello specifico, si è inteso elaborare un quadro interpretativo e progettuale nel territorio siciliano, contrassegnato dai centri urbani minori, dalla rete delle infrastrutture, dalla campagna agricola e dalle aree naturali, dai luoghi ibridi della città diffusa.

Il sistema è definito dall’infrastruttura stradale che, congiungendo Palermo e Agrigento, rappresenta un importante attraversamento interno dell’Isola, collega due mari (il Tirreno e il Canale di Sicilia) e costituisce una fascia territoriale geograficamente e storicamente ben identificabile: un “corridoio” tra due polarità, due attrazioni, due direzionalità e continenti verso cui protendersi (l’Europa e l’Africa).
La strada (che insieme al paesaggio connette quanto insiste sul territorio) ha un tracciato antico, mantenutosi quasi inalterato nel tempo. Sino all’Ottocento è uguale a tutte strade dell’Isola «vaghe tracce irte di buche e zeppe di polvere» descritte da Tomasi di Lampedusa nel “Gattopardo”; viene “strutturata” in età borbonica, con lavori eseguiti in diversi tronchi tra il 1824 ed il 1855, riconfigurata in “carrozzabile” nella prima metà del Novecento con il rango di “strada nazionale”; le variazioni di tracciato (per evitare l’attraversamento dei centri abitati) e la trasformazione in “strada a scorrimento veloce” risalgono agli anni ’70; l’attuale fase di “ammodernamento” ha offerto la possibilità di far interagire la ricerca con l’Amministrazione regionale e l’ANAS.

La presenza della strada rimane fondamentale per le dinamiche di trasformazione della campagna e delle città insediate lungo il percorso; tra strada e città sussiste un rapporto che, quasi come in un mito antico, è un “corteggiamento”.
Fino ad una certa epoca la strada insegue i centri urbani, inerpicandosi sulle montagne, attraversandoli e direzionandone la crescita; in tempi successivi, quando la strada si sposta a fondovalle, tocca alle città rincorrerla, trasferendo in prossimità di essa attività e nuovi servizi.
Il paesaggio definito lungo la strada non si presenta con i caratteri arcaici dell’equilibrio tra artificio e natura, né è univocamente classificabile nei modi in cui è stato cristallizzato nell’immagine statica e convenzionale della Sicilia; nelle aree collinari di estremità, non appare più né contrassegnato dalla ricca vegetazione degli agrumeti della Conca d’Oro in prossimità di Palermo né dalle terre arse del bacino solfifero nelle vicinanze di Agrigento; l’interno non è nemmeno il latifondo estensivo di vocazione cerealico-pastorale che Goethe descrive nel suo viaggio del 1787 («non vaste pianure, ma un dolce susseguirsi di dossi montani e collinosi, tutti coltivati a frumento e ad orzo. E’ una massa di fecondità ininterrotta quella che si presenta all’occhio. Il terreno adatto a queste coltivazioni è sfruttato così intensamente e così accuratamente che non si vede neppure un albero; perfino i paeselli e le case sorgono sulle creste dei colli, dove un filone di roccia calcarea rende il suolo inutilizzabile»; né tanto meno è l’assolato e desolato paesaggio raccontato nel “Gattopardo” («un’aridità ondulante all’infinito di groppe sopra groppe… Mai un albero, mai una goccia d’acqua: sole e polverone»); non è, infine, il paesaggio incantato che Salvatore Quasimodo trasfigura nella “valle del Platani”, nel “nodo” di Acquaviva in cui si intersecano la strada, la ferrovia ed il fiume, dove il poeta ha vissuto una «infanzia omerica».
La crisi dell’agricoltura e l’abbandono della campagna, la dispersione delle città e l’assunzione dei caratteri della periferia da parte dei territori extra-urbani, l’eccessiva antropizzazione e l’insediamento di attività e linguaggi incoerenti hanno reso questo paesaggio complesso e frammentato, divenendo spesso luogo della disgregazione e della perdita di forma. In tale scenario si inserisce l'interesse per differenti fenomeni che la ricerca ha messo in risalto:
i centri urbani considerati minori, sia in ordine alle strategie gerarchiche legate all'uso e al consumo del territorio, sia per le ridotte capacità attrattive legate alle condizioni economiche, alla progressiva diminuzione della popolazione, all'indebolimento delle relazioni spaziali interne ed esterne;
le infrastrutture esistenti che costituiscono importanti organismi capaci di coinvolgere e dare struttura ad un vasto contesto territoriale e rappresentano segni autonomi che si estendono in paesaggi potenzialmente a prevalente connotazione agricola e/o naturalistica.
Attraverso il progetto di architettura, si è cercato di elaborare un nuovo paradigma “urbano” che, tramite un ripensamento sulla campagna, possa dare senso agli insediamenti minori, sempre più sul punto di perdere la propria capacità organizzativa sul territorio; a loro volta, gli elementi del sistema infrastrutturale, intesi come catalizzatori del territorio, hanno la possibilità di determinare strumenti di intersezione contestuale e nuovi dispositivi di composizione da elaborare.
La nuova progettualità, infatti, intende opporsi alle gestioni autoreferenziali (cui peraltro induce l'attuale congiuntura economica) per avviare, a partire proprio dall’architettura, nuove politiche per le città e il territorio. Il progetto, inteso come strumento per comprendere ed interpretare l’ambiente fisico, si offre per una visione strategica che immagini ed organizzi un’ipotesi di sviluppo, esplicitando le vocazioni culturali, economiche, ambientali del territorio stesso; in questo senso le trasformazioni non muovono più da questioni meramente economiche e sociali ma da una logica nuova che si avvia dalla interpretazione e ricomposizione dei paesaggi; i progetti diventano, in tal modo, occasioni per definire brani di città, dare senso alla nuova urbanità diffusa, relazionare le infrastrutture presenti e di nuova previsione, organizzare “presidii” che si dispongano non solo come consapevolezza della “presenza rurale” ma anche come servizi collettivi per il sostegno sociale del territorio (luoghi per la cultura e il tempo libero, spazi per un turismo alternativo).

La dimensione geografica dell’ambito d’indagine rende possibile l’esplorazione e la descrizione di una varietà di situazioni spaziali che consentono di registrare in modo capillare la geografia ambientale e urbana della Sicilia: lungo 120 chilometri si individuano, infatti, differenti densità urbane e intensità di urbanizzazione; circa 30 centri abitati (dissimili per storia, tradizioni dell’abitare e dimensione) sono connessi tra loro e al territorio più esteso. E se la Sicilia è metafora del mondo (come suggerisce Leonardo Sciascia, nato in questi luoghi) i centri urbani, con le rispettive campagne, costituiscono una credibile e affascinante campionatura delle “città del mondo”, in grado, quindi, di esplicitare problematiche da affrontare i cui risultati poi possono offrirsi per definire procedure da generalizzare.
La ricerca ha esplorato criticamente casi concreti individuati per l’intera estensione del sistema (attraverso l’attività didattica condotta quest’anno nelle scuole di Architettura e di Ingegneria): alla grande scala si è definita una visione generale in cui i progetti si sono avviati a partire delle relazioni tra campagna e infrastrutture, dai rapporti tra le città e i loro margini, sperimentando soluzioni per una innovativa riorganizzazione spaziale. Collateralmente, per alcuni “nodi” emblematici, sono stati coinvolti docenti di Università italiane e straniere, al fine di mettere a confronto sensibilità, approcci, metodologie differenti: attraverso il progetto è emersa la volontà di esplicitare le esigenze di completamento delle realtà urbane che interferiscono con l’infrastruttura, cercando di connettere gli “elementi in gioco”, di far emergere le questioni identitarie, di attribuire soprattutto valore alla campagna, punto di vista privilegiato per ogni possibile trasformazione del paesaggio.

Bibliografia
Augé, M. (2007). Tra i confini, Città, luoghi, integrazioni, Bruno Mondadori Editore, Milano.
Goethe, J. W. (1816). Viaggio in Italia, ed. it. Arnoldo Mondadori Editore, Milano (1983).
Tomasi di Lampedusa, G. (1958). Il Gattopardo, Feltrinelli, Milano.
Margagliotta, A., Tuzzolino, G.F. (2007). Spazi di città. Spazi di natura, Edizioni Abadir, Palermo.
Provenzano, I. (1998). Città e campagna in Sicilia: le trasformazioni del paesaggio, Pubblisicula, Palermo.


Antonino Margagliotta è professore associato di Composizione Architettonica e Urbana. Insegna presso il Corso di laurea in Ingegneria edile - Architettura di Palermo e il Corso di laurea in Architettura di Agrigento. Partecipa a numerose ricerche finanziate in qualità di responsabile e coordinando gruppi di lavoro.

.