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Festival dell'architettura

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Roberta Amirante

Due collane di teorie dell'architettura

TECA e Verso l'architettura

 

le copertine

 

Due dei (pochi) tentativi collettivi di parlare di teoria in architettura (e anche di teorie dell’architettura), di ragionare sul senso della composizione architettonica (e urbana), di scrivere dei libri che servano anche (e forse soprattutto) ad insegnare, transitano per Napoli. Anzi: uno nasce a Napoli, l’uno e l’altro trovano a Napoli la loro casa (editrice). Due collane che nascono nello stesso anno (il 2008): TECA, un acronimo che significa Teorie della composizione architettonica, per i tipi della Clean; Verso l’architettura, parole e immagini da insegnare, per quelli della Cuen.
TECA conta 5 volumi, (Luciano Semerani, L’esperienza del simbolo; Domenico Chizzoniti, Ideologia e iconologia; Lamberto Amistadi, Paesaggio come rappresentazione; Armando Dal Fabbro, Astrazione e memoria e non ultimo Guido Canella, Un ruolo per l'architettura) di docenti di generazioni diverse, che lavorano in Scuole del nord (Venezia, Parma, Cesena). E si rivolge agli studenti delle Facoltà di architettura muovendo dalla “consapevolezza di una lenta ed inesorabile dispersione di conoscenze, strumenti e pratiche nella costruzione del progetto, comune a diverse scuole”, si riferisce in particolare a una tradizione di studi che “tra Milano e Venezia, ma anche tra Napoli e Torino, ha puntato sul progetto di architettura come conoscenza e come pratica dell’arte” e “tende a radunare, laddove certe salutari resistenze (contro i facili entusiasmi dell’emancipazione tecnica) ancora operano, le esperienze di ricerca che indagano teoria e progetto, critica e pratica dell’architettura riservando alla composizione un ruolo privilegiato nell’indagine e nella sperimentazione operativa”.
Verso l’architettura conta due volumi di giovani docenti (Carmine Piscopo, Architettura, il gioco della figura; Paola Scala, Elogio della mediocritas) che lavorano in una scuola del sud (Napoli). E si rivolge agli studenti delle Facoltà di Architettura mettendo al centro la necessità di continuare a insegnarla, l’architettura; e di continuare a farlo anche attraverso dei libri: Verso l’architettura non è solo un omaggio a Le Corbusier: certo, vuole riprendere tutti i sensi possibili di quel verso, che significa saper riconoscere tracce, disegnare percorsi, avere chiara la direzione, e anche sapersi avventurare lungo l’oδός; ma, a dirla tutta, la sostituzione dell’articolo determinativo a quello indeterminativo dell’espressione originaria, misura tutta la distanza dalla modernista ipotesi corbusiana. Tra le ambizioni della collana c’è quella di raccontare uno dei caratteri della scuola napoletana - la ricerca sui materiali e sulle tecniche della composizione urbana - e, a partire da questo esplicito riconoscimento di centralità, quella di rintracciare e ricostruire le connessioni e gli intrecci con altri luoghi della cultura architettonica e altri soggetti che praticano l’architettura con la ricerca e l’insegnamento.
Convergenze parallele, si potrebbe concludere, rispolverando la vecchia espressione dorotea. Ma, come quelle, non casuali. Non è difficile scoprire un punto d’origine comune a tutti gli interpreti di questa azione binaria: quel dottorato veneziano in Composizione architettonica, il primo in Italia nel campo dell’architettura, che vide insieme Venezia, Milano e Napoli; punto d’origine – e riferimento – di altri (molti) dottorati e in particolare di quello napoletano in Progettazione urbana.
Un punto d’origine che è anche, sempre di nuovo, un punto d’incontro: coincidente, questo, con un luogo – ampio ma non indefinito – che è unione (in termini matematici) di tutti i luoghi in cui le parole architettura e città (con tutti i loro sinonimi e perfino con le loro più lontane assonanze) tendono ancora a essere riconosciute e composte. Un luogo assai composito, dunque, che può essere attraversato - lungo mille sentieri diversi - anche da chi, curioso o insofferente, vuole spingersi alla ricerca dell’anti-città. Un luogo che chiama ancora la cultura architettonica italiana (e la ricerca, soprattutto quella dei dottorati…) ad assumersi qualche responsabilità verso il proprio passato e verso il proprio futuro.

 

Roberta Amirante è Professore Ordinario in Composizione Architettonica e Urbana presso la Facoltà di Architettura dell'Università degli Studi di Napoli «Federico II»