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Ludovico Quaroni e l'architettura nella città

Paola Scala

Ludovico Quaroni, Progetto per il  nuovo palazzo degli uffici della Camera dei Deputati, Roma 1967. - ZOOM

Ludovico Quaroni, Progetto per il nuovo palazzo degli uffici della Camera dei Deputati, Roma 1967.

Non credo che io possa essere tacciato di eccessivo ottimismo dicendo che la città antica era bella

Ludovico Quaroni


La bellezza di cui parla Quaroni ne La Torre di Babele è l’esito formale di un’idea di città intesa come opera d’arte collettiva dove l’azione di molti si componeva in una struttura unitaria, esito di un processo compositivo globale. All’interno di questa opera la singola architettura non «[…] pretendeva di essere ognuna, e per se stessa una struttura, ma ciascuna dipendeva dalle altre e non pretendeva di essere quello che era se non in virtù della sua relazione, e nella sua relazione, colle altre» (Quaroni, 1966, 64). Queste considerazioni sono forse una delle possibili chiavi di lettura per tutta l’opera dell’architetto romano, non soltanto per quella localizzata nei centri storici dove l’idea di città è già “data”, ma anche in quella della città nuova, dove l’urbanista (da non confondere con il pianificatore), «[…] senza indulgere nel mito di una città tutta controllata dal disegno-progetto di un solo architetto, insegue un’idea figurativa generale della struttura formale della parte di città nella quale si troverà ad operare» (Quaroni, 1966, 138). Ma soprattutto questo punto di vista consente di cogliere la continuità possibile di una ricerca incessante, che si declina in progetti molto diversi tra loro.

Nel 1967, al concorso per il nuovo palazzo degli uffici della Camera dei Deputati, Quaroni presenta il progetto di un edificio caratterizzato da una facciata continua in corten solcata da profonde “fresature” che intercettano gli assi “desunti” dal contesto, proiettandoli all’interno dell’edificio come vicoli ciechi. La pianta dell’edificio è disegnata da questi quattro assi sottolineati da forme circolari che raccordano, come cerniere, le diverse giaciture. L’intero edificio ripropone nella sua spazialità interna e nella sua relazione formale con la città, organizzata in viste prospettiche, l’immagine di una «sottile macchina barocca al servizio del genius loci» (Ciorra, 1989, 52).

Circa sedici anni dopo, nel 1983, Quaroni progetta sempre a Roma l’ampliamento del teatro dell’Opera, un progetto completamente differente da quello della Camera dei Deputati. Il nuovo edificio è una sala ipostila di 82 colonne poggiata su un basamento che ospita l’ingresso al pubblico e, contemporaneamente, l’accesso ai parcheggi. Un sistema di archi ribassati scandisce il basamento e accentua lo slancio delle colonne in granito rosa scuro che proseguono idealmente nelle parti piene, esaltando la verticalità della facciata che avrebbe potuto essere compromessa dal poco spazio tra l’edificio e la strada. Il progetto, che occupa quasi per intero il lotto dell’ampliamento, crea una nuova “piazza” per la città. Le colonne del nuovo edificio sono disposte a ‘quinconce’ il che rende lo spazio dinamico non solo al suo interno ma anche, e soprattutto, all’esterno. Anche in questo caso dunque «[…] contenente e contenuto di un edificio sono quindi due fatti spaziali diversi, ma prodotti con un'unica operazione progettuale e costruttiva e intimamente connessi: l’edificio stesso definisce i due sistemi spaziali e li pone in stretta relazione sociale e formale, di coerenza e di congruenza» (Quaroni, 1977, 73).

I due progetti rappresentano due momenti molto diversi della produzione architettonica di Quaroni; dal punto di vista figurativo il primo appare più vicino alle Barene di San Giuliano mentre il secondo rappresenta, per molti, il momento di riconciliazione con i suoi “esordi”: il progetto della piazza imperiale dell’E42 dove, per anni, non era più voluto tornare. Quello che però sembra tenere insieme i due progetti è il loro declinare un tema che va oltre la semplice relazione contesto-opera: «[…] l’Immagine di Roma, il titolo di un libro memorabile su [quella] città che Quaroni aveva sempre cercato di comprendere e modificare con i suoi progetti» (Purini, 2012, 60).


Riferimenti bibliografici
Quaroni, L. (1966). La Torre di Babele. Padova: Marsilio
Quaroni, L. (1977). Progettare un edificio. Milano: Mazzotta
Ciorra, P. (1989). Ludovico Quaroni 1911-1987. Milano: Electa
Purini, F. (2012). Lectio. Ludovico Quaroni e la Scuola di Roma. In Capozzi, R., Orfeo, C., Visconti, F. (a cura di), Maestri e Scuole di Architettura in Italia Clean: Napoli, 49-62

Paola Scala (1972), è dottore di ricerca in Progettazione Architettonica e Urbana e assegnista di ricerca presso il Dipartimento di Progettazione Urbana e di Urbanistica della Università degli Studi di Napoli “Federico II”.


Ludovico Quaroni, Progetto per l’ampliamento del Teatro dell’Opera, Roma 1983. - ZOOM

Ludovico Quaroni, Progetto per l’ampliamento del Teatro dell’Opera, Roma 1983.