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Facciate berlinesi

Antje Freiesleben

Facciata sulla Chausseestrasse

Facciata sulla Chausseestrasse

“Costruire nel costruito” è un compito di cui noi architetti siamo particolarmente grati: il luogo già  esiste, l'identità è radicata nel contesto. Essi vanno solo ritrovati, o meglio, compresi. Esistono differenti approcci verso tale compito, in sostanza l'approccio del costruire in contrasto con l'esistente e quello del costruire in continuità, come inserimento.
La nostra generazione li conosce entrambi e si può porre con consapevolezza.

Noi vediamo una casa nella città come parte di uno spazio interno e continuo. 
La struttura della città si basa sugli isolati urbani prodotti dagli edifici secondo una logica additiva. La formazione degli isolati corrisponde nella maggioranza delle città europee al principio certo  della costruzione compatta. Tanto scarni sono i concetti elementari dell'urbanistica è sterile, quanto numerose le varianti, che essi permettono, si pensi solamente a Venezia, Berna, Londra, Vienna, Berlino, Budapest, ecc. Queste varianti derivano dal taglio differente delle particelle edificiali secondo topografia, storia, programma e luogo. Sulle particelle si costruivano le case, una di fianco  all'altra, che configurano l'elemento essenziale dello spazio della città: il fronte stradale.
Le vicissitudini del tempo hanno lasciato e prodotto piccoli e grandi vuoti nella struttura composta  da isolato, particella, casa e fronte stradale, in talune città meno, in altre di più. In una città come Berlino, così fortemente condizionata dalla storia, esistono molti “buchi” nel quadro della città ed  esiste quindi un alto potenziale di densificazione. Interi isolati vengono ricostruiti, i vuoti edificati   e le zone industriali abbandonate riconvertite. 

Questo è il costruito nel quale costruiamo. I due edifici residenziale che presentiamo, riempiono dei vuoti nei fronti stradali berlinesi, un'ampia particella in un isolato relativamente piccolo ed una particella lunga e sottile in un blocco particolarmente profondo. Ognuna delle situazioni richiede una risposta individuale. L'obiettivo comune ad entrambi gli interventi è che essi vengano  percepiti come parte di un'unità più ampia. Essi non intendono il costruito come palcoscenico per una recita, ma lo completano e lo arricchiscono.

La Choriner Strasse sale dalla Torstrasse lungo il pendio del Berliner Urstromtal. E' una via residenziale silenziosa, formatasi nella seconda metà del 19° sec. con grande uniformità. Le facciate neorinascimenali degli edifici residenziali a cinque piani non hanno ancora bow-window o terrazzini, per cui le pareti della Choriner Strasse sono piatte e severe.
La particella con il numero civico 79 non è mai stata edificata e costituisce con la sua larghezza di 32 mt. un caso particolare nel tessuto di Berlino Mitte, le cui particelle sono normalmente di 15 – 18 mt. Il problema a cui abbiamo cercato di rispondere con questo progetto era il pericolo che la nuova costruzione assumesse un peso sproporzionato al costruito omogeneo del contesto. 
L'edificio residenziale con la sua facciata intonacata color sabbia si mostra con una nobile semplicità, dentro la quale emergono i due bow-window che articolano il lungo fronte. I marcapiani spigolosi di pietra naturale costituiscono un elegante collegamento tra le finestre alte sui lati, le piccole bucature dei vani scala e le ampie aperture al centro della facciata.

La Chausseestrasse è, al contrario della Chorinerstrasse, un'asse viabilistico molto trafficato che porta dall'Oranienburgertor verso Wedding. Qui, fin circa al 1880, era localizzata l'industria pesante berlinese prima di spostarsi verso zone periferiche. Rimasero grandi isolati, edificati con la mescolanza tipica berlinese composta da abitazioni lungo le strade e cortili per il lavoro e  le attività commerciali all'interno. Oggi la Chausseestrasse mostra un'immagine disperata ed eterogenea: case d'affitto del periodo guglielmino si alternano ad edifici commerciali, costruzioni dell'epoca DDR a  nuove costruzioni post unificazione smaniose di mettersi in mostra e ad una speculazione edilizia a basso costo.
La particella nr. 18, racchiusa da alte pareti tagliafuoco, è larga solamente dodici metri e si estende per sessanta metri verso l'interno dell'isolato. Nonostante questo taglio estremo la nuova costruzione riprende la tipologia delle case d'affitto berlinesi con casa lato strada e casa lato giardino ed un'ala interposta ad un piano. Nel basamento ad un piano si trovano gli spazi commerciali e professionali, sopra, fino alla gronda a 22 metri, una doppia fila di abitazioni ed un piano rialzato. Un bow-window occupa quasi l'intera larghezza della facciata e si alza fino al parapetto del piano rialzato, come se la casa, forzata nella ristrettezza dell'isolato, reclama un suo spazio. 
Come parte dei cortili della Edison, nei quali si stabilisce nel 1896 Emil Rathenau con la successiva AEG, l'edificio residenziale doveva avere una facciata in mattoni faccia a vista, una ulteriore eccezione nella già eccessiva eterogeneità delle facciate della Chausseestrasse. Ma il tono cromatico giallochiaro dei mattoni si inserisce sorprendentemente omogenea tra le facciate intonacate e di arenaria del vicinato.  
La facciata come involucro, come vestito, viene tematizzata con un rivestimento in mattonelle  do klinker che, apparecchiate alla maniera “Pruessverband”, si adagiano come un abito al corpo dell'edificio.
Entrambi gli edifici, quello nella Choriner- e quello nella Chausseestrasse, sono parte del fronte  stradale, entrambi trovano un posto preciso e lo riempiono, fanno parte di Berlino. Sono ordinari perché devono essere parte del tutto e non intendono mettersi troppo in primo piano. Nello stesso tempo sono precisi ed autentici, reagiscono al contesto e lo completano con la propria storia. 


Antje Freiesleben, architetto dello studio Modersohn & Freiesleben di Berlino, ha realizzato numerosi edifici pubblici e privati. Ha collaborato con diversi istituti tra cui le Università di Berlino, Amburgo e Weimar.
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